“Se dovessero affrontarsi le nazionali di Germania e Polonia non avrei dubbi: farei il tifo per i polacchi”. L'ha detto qualche anno fa Angelique Kerber a un magazine polacco. Tempo dopo, la Polonia ha battuto per la prima volta i ricchi cugini, con cui c'è una rivalità storica e culturale che trascende lo sport. Ma come mai "Angie" dice queste cose? Pur essendo nata a Brema, vene da una famiglia di origini polacche. E non è un caso che abbia preso la residenza proprio in Polonia, in una di quelle città che per noi sono quasi impossibili da scrivere, figurarsi da pronunciare: Puszczykowo. Ma forse avrà cambiato idea dopo la grande impresa di Stoccarda, nel cuore del Baden-Württemberg, dove ha colto la più bella vittoria in carriera, almeno a livello numerico. Dando conferma a una forma improvvisamente ritrovata, ha battuto Maria Sharapova. Non è un'impresa qualsiasi. Al Porsche Grand Prix, la russa era imbattuta. 13 partite, 13 vittorie, tre Porsche portate a casa. E la sua superficie preferita, ormai, è la terra battuta. Lo ha mostrato nel primo set, quando ha martellato la tedesca da ogni parte del campo, soprattutto con un rovescio incrociato che è una fiammata impressionante. La Kerber, reduce da sette vittorie di fila, sembrava ridotta a comparsa. Eppure in tribuna c'erano tutti: coach Torben Beltz (ritrovato dopo due anni), la capitana di Fed Cup Barbara Rittner e i genitori Beata e Slawek. Fu lui, quando “Angie” aveva 3 anni, a metterle una racchetta in mano. Per anni ha temuto che non servisse a niente, giacchè la figlia amava anche il nuoto. Poi ha scelto il tennis perchè è uno sport più affascinante, come un puzzle pieno di pezzi da mettere insieme. Non devi solo sbracciare, ma devi pensare al tuo avversario, alla tecnica, alla tattica e alla condizione fisica. La Kerber non amava correre e/o soffrire sul campo da tennis. Poi, verso i 18-19 anni, ha capito che doveva lavorare duro. Altrimenti sarebbe rimasta un'eterna incompiuta. Ne è venuto fuori un fisico massiccio, impressionante per compattezza e fasce muscolari. Poco femminile, poco estetico. Ma sorprendente. Ti aspetteresti una martellatrice, in stile Lisicki. Invece Angie è un mostro in fase difensiva.
LA RINASCITA CON STEFFI
Nel tennis si abusa spesso del termine “solidità”, ma non c'è aggettivo migliore di “solida” per descrivere la Kerber. Non sbaglia MAI. Recupera le palle più impossibili e ha una concentrazione granitica. In questo ricorda un po' Nadal e un po' Djokovic, facendo le debite (enormi) proporzioni. Il servizio è scarsino, i fondamentali buoni ma non è eccezionali. Però è stata tre anni di fila tra le top-10 e adesso ha tutta l'intenzione di tornarci. Dopo un pessimo avvio di stagione, ha capito che bisognava correre ai ripari. Ha dato il benservito a Benjamin Ebrahimzadeh e ha scelto l'usato sicuro, quel Torben Beltz che nel frattempo si era riciclato con Carina Witthoeft. Prima di Indian Wells hanno fatto un po' di allenamenti a Las Vegas, insieme a Steffi Graf. Inutile dire che fosse il suo idolo d'infanzia. Qualche settimana di assestamento, ed ecco la miglior Kerber di sempre. Il modo in cui ha vinto il WTA di Charleston è stato esaltante. La finale contro Madison Keys resterà tra i match dell'anno. Ma per lei è solo l'inizio. Di tedesco ha il senso della puntualità e l'intolleranza per i ritardatari. “Per il resto io cerco di essere un po' diversa, non prendermi troppo sul serio”. In effetti, non ha certo paura a mostrare le emozioni. Dopo i punti più belli che hanno bucherellato la Sharapova, ha alzato il pugno al cielo come se avesse vinto uno Slam. A un certo punto, la russa non sapeva più cosa fare. E pensare che ha chiuso con un saldo positivo tra vincenti ed errori gratuiti (44 a 40), ma la Kerber sapeva che avrebbe avuto un calo. Masha ha ripreso ad allenarsi da poco, tanto da rinunciare alla Fed Cup perchè aveva la bua a un piede. Non poteva essere al 100%. Angie lo sapeva ed è rimasta nel match come un blocco di granito, aspettando che la Sharapova diventasse di sabbia.
UNICA DEBOLEZZA: TIFFANY
Ed è puntualmente avvenuto. “Abbiamo giocato entrambe molto bene – ha detto – alla fine ero un po' stanca, ma quando ho sentito il sostegno del pubblico ho combattuto fino alla fine. E' bello giocare davanti ad amici e parenti. Stoccarda è il mio torneo preferito”. Sarà polacca dentro, ma fuori è molto tedesca. In Fed Cup ha sempre dato il massimo, anche nello sfortunato weekend di Sochi, e in effetti ha chiesto l'aiuto del pubblico. D'altra parte, Stoccarda è forse l'unico torneo dove un'arena può essere schierata con lei e non con la Sharapova. La Kerber non è un mostro di simpatia: nel 2013 accettò senza grande sportività una wild card al torneo di Linz (poi vinto) per ottenere i punti necessari in vista del Masters, mentre lo scorso anno fece una brutta figura contro Daniela Hantuchova al Roland Garros. Ma è una combattente midiciale, affidabile come pochi. Come Nadal scrive e mangia con la destra, ma gioca con la sinistra. E come Nadal prova a restare quella di sempre. “I miei genitori non mi hanno mai messo pressione. Io stessa ho sempre detto loro di rimproverarmi se m vedessero cambiata”. L'unico cambiamento riguarda il conto in banca. E allora, ogni tanto, si concede lo sfizio di fare la spesa da Tiffany. La sua amica Andrea Petkovic (che ha dato forfait per un infortunio al bicipite femorale) è convinta che sia la favorita del torneo. Lei ringrazia, ma dice di non sentirsi tale. Intanto, a 27 anni, e dopo essere esplosa a 23, si è ripresa il ruolo di top-player. Dopo un difficile avvio di stagione, si pensava che l'avesse perso per sempre. Invece Angie è sempre lì, con le sue cosce enormi e un tennis robotico. Ma tremendamente efficace. Semifinale allo Us Open, semifinale a Wimbledon, oggi ha un solo obiettivo: fare un passo in più. E per quello che sta mostrando, l'ipotesi non è così assurda. Non succedeva da una vita che la Sharapova perdesse tre partite di fila, e il ranking di lunedì prossimo la farà scendere in terza posizione. Ma contro questo muro d'acciaio, credeteci, c'era poco da fare.