Ma lasciatelo stare, su. Mercoledì 24 giugno è stato un giorno importante per Daniel Evans, il tennista della classe operaia britannica, talento imprigionato in una testa da dilettante. Quando gioca al top ricorda vagamente Tim Henman e a cavallo tra il 2013 e il 2014 sembrava aver messo la testa a posto. Aveva artigliato il terzo turno allo Us Open, battendo nientemeno che Kei Nishikori e Bernard Tomic. Qualche mese dopo, prima semifinale ATP a Zagabria e best ranking al numero 123. Poi era scomparso, per l'ennesima volta. Lo abbiamo rivisto a Roehampton, dove non gli avevano dato una wild card nemmeno per le qualificazioni: l'ha conquistata vincendo i play-off locali. Adesso è a un passo dal main draw grazie alla bella vittoria su Matthias Bachinger, numero 8 del tabellone. Ma stanotte non ha dormito bene perchè rischia una pesante multa. E che multa: 12.750 sterline, cifra enorme per uno che ha frequentato soprattutto i tornei minori. Motivo? Mancanza di impegno. Sarebbe un record mondiale: non è mai successo che un giocatore venisse multato per scarso impegno…in un match vinto! Evans avrebbe commesso i gesti incriminati sul finire del secondo set, in una partita vinta col punteggio di 6.4 0-6 7-5. In svantaggio 5-0, ha lasciato andare il secondo set con un atteggiamento discutibile, tirando una palla corta che non è arrivata nemmeno alla rete. Il giudice di sedia, il francese Emmanuel Joseph, gli ha comminato un warning. Una sanzione del genere non comporta una squalifica immediata, ma si può arrivare a una multa fino a 20.000 dollari, appunto l'equivalente di 12.750 sterline. Evans ha violato l'articolo 6 del regolamento ITF relativo ai tornei del Grande Slam: “Un giocatore deve sforzarsi al massimo per vincere una partita in un torneo del Grande Slam. Ogni violazione comporta una multa fino a 20.000 dollari”.
MEGLIO LA BIRRA DELLA RACCHETTA
Evans non è d'accordo con le valutazioni dell'arbitro. “Non è vero che non mi stavo impegnando. Semplicemente ho tirato una palla corta che mi è rimasta sulla racchetta. Questo è tutto”. Se anche gli dovesse andare male, non dovrebbe rimetterci molto. Il terzo turno di qualificazione gli garantisce 14.500 sterline (certo, ci sono le tasse…), che diventerebbero 29.000 se dovesse battere Yuichi Sugita e centrare un posto nel tabellone principale, dove peraltro ha già giocato per tre volte, perdendo sempre al primo turno. Evans è ormai abituato a sanzioni e richiami disciplinari. Ha fatto storia il taglio di finanziamenti della LTA, la sua federazione, quando fu beccato in giro per locali notturni prima di giocare un match di doppio a Wimbledon junior nel 2008. Soltanto tre mesi fa, mentre era impegnato a un torneo future a Wirral, era stato multato di 350 dollari proprio per lo stesso motivo. In sedici mesi, la sua classifica è franata dal best ranking all'attuale 752esima posizione, non il massimo per chi diceva: “Se gioco bene, entro tranquillamente tra i top-100”. Il problema è che non ha mai avuto voglia di allenarsi. La cosa divertente è che lo riconosce, senza problemi. Gli piace uscire con gli amici, frequentare i pub, riempirsi di birra. Uno sportivo non può e non deve comportarsi così. Ma quando è ben concentrato può fare ottime cose, come quando contribuì al “Miracolo di Coventry”, la vittoria in Davis contro la Russia rimontando da 0-2. Firmò il punto decisivo, una netta vittoria contro Evgeny Donskoy. Poi nel 2013 aveva iniziato a lavorare, ma è stato un fuoco di paglia. E' uscito dal giro della Davis, anche se sarà ben contento del diniego ad Aljaz Bedene: quando si seppe che lo sloveno voleva diventare britannico per giocare in Davis, fu l'unico a manifestare il suo disappunto.
LA COPPA DAVIS RESTA UN MIRAGGIO
Contro Bachinger ha mostrato una certa classe, cancellando un matchpoint quando ha servito sul 4-5 nel terzo set. Da allora, ha raccolto 11 degli ultimi 12 punti per la gioia di un pugno di spettatori, esaltati per la sua prestazione sul Campo 14 del club di Roehampton, tecnicamente noto come “Bank of England Sports Ground”. Wimbledon è il suo grande obiettivo da quando è tornato nel tour, a maggio, dopo tre mesi di assenza. Aveva già saltato gli ultimi mesi del 2014, poi ha giocato qualche torneo in avvio di stagione prima di ricomparire un paio di mesi fa. Tra l'altro ha vinto un torneo, un future a Sharm El Sheikh. Si giocava sulla terra, ma appena ha sentito il profumo dell'erba si è tuffato sulla sua superficie preferita. Poche gioie: ha perso nelle qualificazioni dei challenger di Manchester, Surbiton e Ilkley. Ma la forma è rapidamente migliorata e adesso è pronto a giocarsela contro Sugita, in un match al meglio dei cinque set. “Lo scorso anno ho avuto un brutto infortunio a Wimbledon, tutto qui – ha detto per spiegare la sua assenza – ci vuole un po' di tempo per recuperare, e quando ero fermo ho perso un po' di motivazione. E' abbastanza normale per uno con la mia personalità”. Sapeva che ci sarebbe stato un posticino per lui nei play-off “all british” che assegnavano un posto nelle qualificazioni. “A Manchester e Ilkley ho perso due partite con matchpoint a favore, ma il mio obiettivo era Wimbledon. E' sempre bello giocare in casa, c'è un bel pubblico e si va oltre la vicenda tennistica. Gioco a tennis per questo, mica per esibirmi davanti a nessuno”. Evans sa bene di aver avuto tante critiche per il suo atteggiamento. “Ormai sono andato oltre. Hanno scritto tante cose, ma sappiate che non ho giocato solo perchè ero infortunato”. Tra qualche settimana, la Gran Bretagna giocherà un delicato quarto di finale di Davis, sull'erba del Queen's, contro la Francia. Dovesse fare un figurone, potrebbe tornare tra i papabili anche se Murray, Ward e i doppisti sembrano favoriti per un posto in squadra. “Non so, dovete chiedere a Leon Smith. Io ho passato momenti migliori di questo e non sono stato convocato”. Non le manda a dire, il buon Daniel. Non merita la multa per scarso impegno: lui è fatto così e meriterebbe credito eterno solo per il candore con cui disse: “Io non sono un buon lavoratore. Non mi alleno con il giusto impegno. So cosa dovrei fare, ma non lo faccio”. Nel tennis dove tutti dicono di “lavorare duro” (ma sarà vero, poi?), uno che ammette di non avere voglia va tutelato. E se “scioglie” qualche game, in fondo, che importa?