US OPEN – A sorpresa, il francese estromette Dimitrov e priva il torneo dell’attesa sfida con Federer. Senza coach, meno esuberante del solito, agguanta per la prima volta due quarti Slam in un anno.
Di Alessandro Mastroluca – 3 settembre 2014
Raramente Monfils ed efficienza si accordano. A New York, però, l'eccezione sta diventando la regola. Nonostante un game buttato via e una risposta da metà campo in protesta per una chiamata del giudice di linea sul 4-4 40-0 nel secondo set, la sfida contro Dimitrov l'ha vinta di testa. E forse questo basta a spiegare il fallimento del bulgaro e la strada che ancora gli manca prima di realizzare i suoi sogni di gloria. “E' stata durissima controllarmi – ha spiegato Monfils – ho cercato di non incoraggiarmi troppo, di mantenere la mia tattica. Io mi innervosisco facilmente in campo, anche se so che non porta a niente. D'altra parte facendo così mi libero un po'”. Così ha raggiunto per la seconda volta i quarti a Flushing Meadows, stavolta senza perdere un set, e ha vinto la sua prima partita sull'Arthur Ashe. Soprattutto, ha superato gli ottavi in due major stagionali, e non gli era mai successo prima. Eppure è ancora l'equivalente tennistico della scatola di cioccolatini di Forrest Gump: non sai mai quello che ci trovi dentro nel suo tennis. C'è lo show, c'è il tuffo acrobatico e il monologo di frustrazione, la paura e la voglia e una domanda inespressa che ne accompagna tutta la carriera: cosa ti manca, cosa non hai, cos'è che insegui se non lo sai.
E ORA SFIDA A ROGER
La sua corsa però non finisce qui. Anzi, prosegue con il più atteso degli show possibili dei quarti di finale. Dopo aver ridimensionato e non poco l'autostima di baby-Federer, ora lo aspetta il vero Roger, che l'ha battuto sette volte su nove. La Monf ha vinto solo a Bercy nel 2010 e a Shanghai l'anno scorso, e ha perso le tre precedenti sfide Slam, tutte nella cornice del Roland Garros. È un confronto di opposti estremismi, in campo e fuori. Da una parte lo svizzero accompagnato da Edberg e Luthi, famiglia a parte, dall'altra Monfils che continua nella sua scelta di girare senza coach. Dargli torto, in ogni caso, dopo il sesto quarto di finale Slam in carriera, e il 28esimo compleanno con l'Happy Birthday intonato da Vika Azarenka col pubblico dell'Arthur Ashe, sarebbe fuori luogo. “Penso di essere sempre lo stesso – ha commentato alla vigilia – anche se per voi sono cambiato. Sono senza coach. Sono felice. Bene così”. Ha mostrato ancora il difetto principale che secondo Mats Wilander gli ha impedito di lottare fino in fondo per vincere uno Slam. “Quando desidera troppo vincere, si limita a tirarla di là, e non è abbastanza. Se fossi il suo allenatore gli direi di smettere di pensare a vincere e concentrarsi di più sul fare la cosa giusta”. Tuttavia, dall'altra parte ha trovato un Dimitrov incapace di crearsi le opportunità, incapace perfino di sfruttare il lungo soliloquio del francese sul finale del secondo set, un momento che avrebbe potuto spostare forse definitivamente l'inerzia emotiva del match.
DIMITROV, BOCCIATURA SENZA APPELLO
La sintesi della partita del bulgaro è il doppio fallo sul match point, l'icona di una fragilità nei momenti decisivi troppo pervicace, troppo costante nel corso della partita per essere casuale. Il primo set segue i servizi fino al 5-5, poi Dimitrov inizia a steccare, Monfils si limita a palleggiare e completa il 7-5 con un parziale di 12 punti a 2. E per il bulgaro l'idea della rimonta si fa remota: con Goffin, dopo uno 0-6 che a posteriori suona come un allarme sottovalutato, ha ribaltato per la quarta volta il risultato in uno Slam dopo aver perso il primo set, Monfils dopo aver vinto il primo parziale ne ha portate a casa, con questa, 53 su 57. Il doppio fallo che consegna a Monfils il break del 3-2 nel secondo è quasi una resa, anche se il bulgaro trova l'orgoglio per riportare il set in linea con i turni di battuta sul 4-4 e allungare al tiebreak. Non si avvantaggia però né del nervosismo latente di Monfils né dei due set point che riesce a procurarsi. Dopo il bellissimo rovescio in back che vale il 6-4 infila una serie di quattro errori, o per meglio dire orrori, conclusi mettendo fuori un recupero elementare su un drop del francese. Certo in queste condizioni, sperare di diventare il terzo a rimontare due set a Monfils dopo Fognini e Robredo è quanto di più vicino alla fantascienza. A Grigor però non arrivano le vibrazioni della forza. Si riserva sì un posto nello Shot of the Day, ma il killer instinct continua a difettare. E l'ultimo game si trasforma nell'icona di una partita insensata, mai davvero giocata. “Mi congratulo con Gael, ha giocato un gran match ma io ho commesso troppi errori che alla fine si pagano” ha ammesso. Troppo tardi per attivare le sinapsi.
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