Quel rovescio lì lo insegnano in tutte
le scuole tennis della Francia
Quel rovescio lì lo insegnano in tutte le scuole tennis della Francia.
Impugnatura, postura, impatto: ma come Arnaud Boetsch nessuno lo tirava.
Mai entrato nei top ten (fu numero 12 nel 1996), mai vincitore in tappe
importanti (tre titoli appena, due volte Tolosa e una a Rosmalen), Arnaud
si ritirò presto a Ginevra con la bella Gabrielle e i piccoli Lucas e Julian,
ad appena trent’anni, nel 1999.
La tecnica di Arnaud era leonardesca. Non un muscolo che muovesse inutilmente,
un marchingegno in carne e ossa che girava alla perfezione. Uno spettacolo,
per gli intenditori. La testa, quella, girava invece per conto suo: non
amava la lotta e pativa le personalità forti, raccontava spesso che durante
le partite si perdeva in pensieri tutti suoi e smarriva il filo.
Il suo anno, nel bene e nel male, fu il 1996. Nel male, gli succede una
brutta cosa: firma un contratto sostanzioso per giocare la Bundesliga per
il Rueppur Tennis Club, un circolo dell’estremo sud della Germania. Ma
che ti va combinare il presidente del Tc? Dall’oggi al domani convoca
i giornalisti e straccia il contratto di Arnaud. Motivo: Der Spiegel
aveva pubblicato un articolo in cui si faceva menzione
dell’appartenenza
di Boetsch a Scientology e lo sponsor principale del circolo, l’istituto
di credito South German Bank Landesbausparkasse Baden, aveva posto un aut
aut: o va fuori Boetsch o chiudiamo il portafoglio. Apertamente avversi
a Scientology, si scoprì che i banchieri della LBS avevano inserito una
clausola nel contratto di assunzione dei loro dipendenti: l’aspirante
impiegato doveva giurare di non appartenere a quella setta. Una banca poco
etica. Boetsch fu scaricato e la prese malissimo: scrisse a Brian Tobin,
allora presidente dell’International Tennis Federation, lamentando una
umiliante discriminazione religiosa. “Oltretutto – si
legge in
quell’accorato appello – non ho mai fatto proseliti in giro per
il
mondo, perché il tennis è una cosa, la religione un’altra”.
Niente
da fare: Tobin gli rispose che aveva ragione, ma che l’Itf non vantava
potere di ingerenza nei regolamenti della Bundesliga.
Nello stesso anno la sorte lo ripaga, con gli interessi, nel bene. Settembre:
a Nantes la sua Francia si guadagna la finale di Coppa Davis beffando
l’Italia.
In svantaggio di due incontri, pareggiati dal successo di Forget e Raoux
su Nargiso/Gaudenzi e dalla vittoria di Pioline su Furlan, è lui il salvatore
della patria. Dà tre set a zero a ‘Gaudio’, chiusi da quel
memorabile
tie-break in cui Panatta cercò di far cadere il pessimo Wayne McKewen dal
seggiolone.
Fine novembre: a Malmoe si gioca per l’insalatiera. Arnaud perde da un
Enqvist implacabile e, sul due pari, si gioca tutto contro Niklas Kulti
(Edberg, infortunato e pensionando, aveva dato forfait). Va sotto di due
set, vince il quarto al tie-break ma nel quinto pare spacciato: 6-7, 0-40
per lo svedese. Solo lui e Yannick Noah, il suo idolo di gioventù, ci credono
ancora. Arnaud salva tre palle match e trionfa, 9-7. Kulti è un uomo distrutto.
Boetsch, da quel giorno, un eroe.
Da quel giorno non gliene va più bene una, si fa male e quando torna si
accorge di aver perso lo smalto. Dopo una batosta al challenger di Biella
contro Allgauer decide saggiamente di fermarsi. Buon telecronista per France
Télévision, socio in affari di una banca (non la LBS), impegnato in varie
attività sociali, oggi è un uomo felice, così come lo erano gli esteti
nell’ammirare il suo magico revers. E allora merci beaucoup,
monsieur Boetsch. (Federico Ferrero)
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