Il padre è nigeriano ma ha anche la cittadinanza americana, sua madre è metà irlandese e metà australiana, lui è nato in Arabia e cresciuto a Washington, e gioca per gli Stati Uniti. È l’incredibile cocktail di origini e continenti che rende Michael Mmoh il tennista più internazionale del Tour. Sta vivendo una bella cavalcata a Brisbane: da qualificato è ai quarti.Il tennis è uno degli sport più globali del mondo: nella top-100 al maschile sono rappresentate ben trentotto nazioni, di tutti i cinque continenti. E presto potrebbe raggiungerla anche un giocatore che i continenti li può rappresentare tutti, da solo, grazie a una storia famigliare che spazia fra Africa, Oceania, Europa, Asia e America. Si tratta di Michael Mmoh, che da qualificato si è appena regalato a Brisbane il suo primo quarto di finale nel Tour, grazie alla vittoria per 6-2 5-7 6-4 contro Mischa Zverev. 21 anni da compiere il prossimo mercoledì, Mmoh gioca per gli Stati Uniti, ma volendo potrebbe difendere i colori di altri quattro paesi, grazie alle origini e ai trascorsi di mamma e papà. Suo padre Tony, che oggi lavora ad Atlanta nel mondo del marketing sportivo, è nato e cresciuto a Lagos, in Nigeria, ma è emigrato da ragazzo in North Carolina, dove ha giocato per il St. Augustine College, prendendo la nazionalità statunitense. Da professionista è stato numero 105 del mondo nel 1987, e ha rappresentato il paese africano ai Giochi Olimpici di Seul ‘88. È proprio grazie al tennis che ha conosciuto Geraldine O'Reilly, madre di Michael, irlandese dal doppio passaporto, grazie alle origini australiane dei genitori. Infermiera, negli Anni ’90 era a Riyadh per assistere la nazionale saudita di Coppa Davis, quando ha incontrato Tony. Dal loro matrimonio sono nati prima una figlia e poi Michael, entrambi in Arabia Saudita, prima che la famiglia si trasferisse a Washington. È lì che Mmoh ha iniziato a giocare a tennis, seguito inizialmente da papà, prima di trasferirsi a 13 anni alla IMG Academy di Bradenton, dove fa base tutt’ora sotto la guida di Glenn Weiner.I CAMBIAMENTI PAGANO IN FRETTA
Il mix di culture basta da solo per renderlo un personaggio interessante, ma il giovane sta dimostrando di avere anche i mezzi per diventare un giocatore vero. Qualche giorno fa il sito ATP lo citava fra i dieci nomi nuovi da tenere d’occhio nel 2018, e lui non ha perso tempo. Al Brisbane International ha superato le qualificazioni, martedì ha vinto contro Federico Delbonis il suo primo match in carriera nel Tour, e all’indomani si è ripetuto contro il più grande degli Zverev, conquistando un posto nei quarti di finale. “Il mio telefono è letteralmente esploso di messaggi – ha raccontato in un’intervista con l’ATP –, ed è una splendida sensazione. Sono davvero felice perché cercavo le prime vittorie nel Tour da tempo. Ho avuto una off-season molto buona, sia a Bradenton e sia al centro USTA di Orlando. Ho lavorato duramente e ho apportato alcuni cambiamenti al mio gioco: mi fa piacere che abbiano pagato così in fretta”. Magari avrebbe preferito farcela negli Stati Uniti, casa sua a tutti gli effetti, ma anche in Australia ha un pezzo di famiglia, visto che la madre si è trasferita lì da più di un anno. Lo statunitense ha avuto una buonissima carriera juniores, arrivando al numero 2 della classifica under 18, e ora è pronto per l’assalto alla top-100 ATP. Coi punti raccolti a Brisbane salirà (almeno) a un passo dai primi 150. “Uno degli obiettivi per questa stagione – ha continuato – è l’ingresso fra i primi 100, così come la qualificazione per le Next Gen ATP Finals di Milano. È un evento fantastico, e raggiungerle vorrebbe dire aver conquistato una classifica a due cifre”.UN PO’ FEDERER, UN PO’ RODDICK
Nel 2017 Mmoh ha giocato principalmente a livello Challenger, vincendo il suo secondo titolo in carriera a Lexington, ma si sente già pronto per il Tour, e le quattro partite vinte a Brisbane profumano di conferma, in attesa del quarto di finale con l’altro “Next Gen” Alex De Minaur, capace addirittura di far fuori Milos Raonic. “I Challenger – ha proseguito Mmoh – rappresentano un'ottima preparazione per il Tour: si tratta di tornei diversi perché ci sono meno spettatori e c’è meno pressione, ma il livello è ugualmente buono. Lo conferma il fatto che se un giocatore che compete regolarmente nel circuito maggiore va a disputare un Challenger, non è scontato che riesca a vincerlo”. Cresciuto ispirandosi ad Andy Roddick, Mmoh lo ricalca nelle caratteristiche tecniche: ottimo servizio, buon diritto e rovescio così così, ma il vero obiettivo è ricordarlo presto anche nei risultati. “Ho sempre adorato la sua personalità, così come il suo tennis. È stato uno dei miei idoli nel periodo di crescita, e i suoi successi mi hanno motivato. Purtroppo non l’ho mai incontrato e non ci ho mai nemmeno parlato: mi auguro possa succedere presto”. Secondo la sua scheda sul sito ATP l'americano ha la stessa identica struttura di Roger Federer, 1 metro e 85 di altezza per 85 chilogrammi, anche se il suo tennis è completamento diverso, e punta tantissimo sulla fisicità. È rapido ma anche potente, agile ed esplosivo. Ecco perché capita che lo paragonino a Gael Monfils: uno che ad atletismo guarda tutti dall’alto verso il basso, e un altro che ha raggiunto risultati da metterci la firma.
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