Ulteriore rinvio per i progetti d’ampliamento. Se non si concretizzeranno, IMG trasferirà il torneo altrove, forse in Asia “dove i soldi crescono sugli alberi. Non è una minaccia, è un dato di fatto”.
Di Riccardo Bisti – 17 giugno 2014
Prima dell’impetuosa crescita di Indian Wells, non c’erano dubbi su quale torneo fosse il “Quinto Slam”. Il mitico “Lipton” di Key Biscayne era l’unico con un tabellone a 96 giocatori, ibrido tra gli Slam e gli altri tornei del circuito. Poi le cose sono cambiate: l’economia asiatica è esplosa, alcuni maxi-eventi "fanno paura" (Shanghai, Pechino), Ion Tiriac ha messo su la Caja Magica e Larry Ellison, patron di Oracle, ha scelto di investire su Indian Wells, dove gli fanno fare più o meno quello che vuole. E Miami, con il suo centrale costruito una ventina d’anni fa che sembra già vecchio, ha dormito sugli allori fino a perdere prestigio, non tanto nel montepremi, quanto nella considerazione dei giocatori. Il punto più basso si è toccato l’anno scorso, quando sia Roger Federer che Rafael Nadal hanno dato forfait pur senza essere infortunati. Ma adesso l’allarme è rosso: Miami rischia di sparire e traslocare, forse addirittura in Medio Oriente. Motivo? I progetti di espansione dell’impianto rischiano il blocco. In quel caso, IMG (proprietaria dell’evento) sarebbe costretta a spostarlo in un’altra città, magari americana, ma magari no. Lo ha detto Adam Barrett, direttore del torneo nonchè vicepresidente esecutivo della sezione tennistica di IMG. “Non credo proprio che, senza questi cambiamenti, il torneo possa andare avanti a Miami” ha detto. Ma cosa è successo? Semplicemente, la commissione emendamenti di Crandon Park (3 favorevoli e 1 contrario) ha scelto di rimandare la decisione sui progetti di ampliamento. Hanno detto ai responsabili di lavorare su alcuni dettagli, senza impostare una scadenza. L’unico a votare contro è stato Bruce Matheson, i cui parenti donarono alla contea quel pezzo di terra che con il tempo è diventata Crandon Park e ha guidato l’opposizione alla crescita del Tennis Center, promuovendo anche una causa che però è stata respinta da un giudice locale.
CENTRO TENNIS O RAFFINERIA DI PETROLIO?
Il punto focale della questione, a parte il rinvio, è la decisione se approvare o meno un piano d’espansione stimato in 50 milioni di dollari. Tra l'altro, l'investimento sarebbe esclusivamente privato e mira a rendere permanenti alcune strutture provvisorie. Matheson si è sempre opposto, con un ostruzionismo piuttosto vigoroso. Riferendosi ad alcuni dettagli del progetto (un impianto di illuminazione più alto e più luminoso), ha detto che il Centro Tennis sarebbe simile a una “raffineria di petrolio”. Adam Barrett, piuttosto seccato, ha replicato che “Sarebbe simile a un centro di allenamento per professionisti. Adesso sembra una raffineria!”. Barrett, tra l’altro, ha ricordato che un regolare referendum tra i cittadini della contea, tenutosi nel novembre del 2012, aveva dato il là al progetto (il "si" prese il 72% dei voti). “Significa che il progetto è sul tavolo della commissione da circa un anno e mezzo. Se l’espansione dovesse essere ostacolata, finiremo con sei campi in terra rossa e nessun torneo. Divertitevi”. Dopo il meeting, parlando con i giornalisti, ha ribadito il concetto: senza l’espansione, il Sony Open abbandonerebbe Miami molto prima del 2023 (data di scadenza dell’attuale locazione con la contea), “semplicemente perchè l'impianto non è più adatto a un torneo di alto livello. Non è una minaccia, è un semplice dato di fatto”.
"DOVE I SOLDI CRESCONO SUGLI ALBERI"
L’ultima edizione del torneo, vinta da Novak Djokovic al termine dell’ennesima finale contro Rafael Nadal, è stata pesantemente criticata per la differenza con Indian Wells in termini di strutture e per la lentezza del campo. Inoltre non sono stati fortunati, visto che non si sono giocate le due semifinali maschili a causa dei ritiri di Kei Nishikori e Tomas Berdych. E poi il pubblico ha sempre qualche problema per raggiungere l’impianto a causa del traffico nel ponte che collega l’isolotto di Key Biscayne (dove si svolge il torneo) alla terraferma. Miami si rifà con la passione del pubblico e un clima pieno di entusiasmo, soprattutto grazie ai latinos. Tuttavia, i numeri sono tutti a favore di Indian Wells (431.527 spettatori contro i 306.842 di Miami). E l’ipotesi di una vendita non è così assurda. Durante il torneo, Barrett disse che avrebbero certamente trovato terreno fertile in Cina, India o Medio Oriente, “dove i soldi crescono sugli arbitri”. Una soluzione in estremo oriente potrebbe obbligare l’ATP a modificare il calendario, mentre un Masters 1000 in medio oriente potrebbe essere collocato tra febbraio e marzo, magari spostando in avanti Indian Wells. Ma siamo nel campo delle fantasie. Che però potrebbero concretizzarsi se ‘sto benedetto progetto (i lavori avrebbero dovuto iniziare subito dopo l’ultima edizione ed essere ultimati nel 2017) non sarà approvato.
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