STAVOLTA IL TIE-BREAK NON AIUTA JELENA.@SloaneStephens claims the @MiamiOpen crown!
— WTA (@WTA) 31 marzo 2018
Downs Ostapenko, 7-6(5), 6-1! #MiamiOpen pic.twitter.com/TiiOM2BhNC
La Stephens aveva vinto tutte le sue prime cinque finali, e ha dato continuità al suo record, per mantenere negli States un titolo che in passato era stato ben otto volte di Serena Williams e tre di Venus, oltre che di Martina Navratilova e Chris Evert. I momenti chiave del match sono stati due, a partire dal tie-break, necessario per spezzare l’equilibrio di un set ricco di break. La Stephens è stata avanti ben quattro volte, e ha anche servito sul 5-4, ma era talmente concentrata a difendersi (benissimo) e non sbagliare che spesso si è dimenticata di attaccare, lasciando troppo spazio alla Ostapenko. La lettone si è presa il tie-break e sperava di poterlo sfruttare a suo favore, come successo nei cinque (su cinque) vinti nel corso del torneo, invece è subito finita sotto per 6-2 e non le è bastato nemmeno cancellare tre set-point. Sul quarto la Stephens ha giocato una risposta molto saggia, trovando un bell’angolo col rovescio incrociato, mentre lei non ha avuto la stessa pazienza, sparando il rovescio sul gancio della rete e consegnando il set. Il secondo momento decisivo, invece, è arrivato nel quarto game del secondo set, il secondo più lungo dell’intero incontro. Dopo aver già perso un break di vantaggio, la campionessa dell’ultimo Roland Garros ha mancato un paio di chance per il 2-2, ha perso di nuovo la battuta e il suo match è finito lì, malgrado il tentativo di coach David Taylor di catechizzarla sull’1-4. Tablet alla mano, l’allenatore le ha suggerito di servire di più sul diritto dell’avversaria e di non essere sempre aggressiva a tutti i costi alla prima palla utile, ma ormai non c’era più nulla da fare.PRIMA VOLTA NELLA TOP TEN
La Stephens ha vinto con merito, dimostrando la capacità di adattarsi al tennis dell’avversaria e scovarne i punti deboli, e può godersi un titolo per lei doppiamente importante, non solo perché si tratta del suo primo Mandatory, ma anche perché è nata e cresciuta proprio in Florida. “Non è il risultato che volevo – ha detto la Ostapenko durante la cerimonia di premiazione – ma la mia resta comunque una grande settimana. Ho trovato un’ottima atmosfera e ho ricevuto tanto supporto, anche se affrontavo una giocatrice americana. L’ho apprezzato e mi sono veramente divertita”. La lettone l’ha presa con filosofia, come se avesse già capito che contro una Stephens capace di farle giocare sempre una palla in più vincere sarebbe stato molto complicato. Salirà comunque al numero 5 del mondo, mentre grazie alla vittoria la Stephens si è assicurata per la prima volta l’ingresso fra le top-10, al numero 9. Era talmente felice che quando le hanno dato il microfono non si fermava più. Ha ringraziato il suo team, ricordando i momenti difficili post-Us Open, quando ha perso otto partite consecutive fra Asia, WTA Elite Trophy, finale di Fed Cup e trasferta australiana, e ha dedicato un ringraziamento particolare a James Blake, per la prima volta direttore del Miami Open. Il tutto con una capacità di reggere il palcoscenico tutt’altro che comune, in grado di renderla un bell’acquisto per il tennis di altissimo livello. Ha gettato al vento sei mesi in cui non aveva un singolo punto da difendere, ma finalmente si è ripresa e l’attesa Top-10 è arrivata. L’importante è che ora non vada di nuovo in letargo fino al ritorno del cemento americano.
WTA PREMIER MANDATORY MIAMI – Finale
Sloane Stephens (USA) b. Jelena Ostapenko (LAT) 7-6 6-1