Addio Miami? Sembra proprio di sì. Il maxi-torneo di marzo, il mitico “Lipton” di Key Biscayne, sembra ormai destinato a traslocare. La botta (forse) definitiva è arrivata dalla terza Corte Distrettuale d'Appello di Miami: Crandon Park non si tocca, addio ampliamenti ed espansioni. Eugene Stears, avvocato del torneo, ha detto che la recente sentenza costringerà al trasloco. Non si parlerebbe più di “se”, ma di “quando”. Non sarà facile, infatti, trovare in breve tempo una nuova sede per ospitare un Masters 1000, tenendo conto degli obblighi organizzativi e dei parametri imposti dall'ATP. “Dovremo andare via. L'unica domanda è 'quando?'” ha detto Stearns, che ha provato a sostenere il torneo nella causa legale, il cui oggetto erano i piani di ammodernamento di un impianto non più in grado di ospitare 300.000 persone in due settimane. Ma sarebbero molti di più se la capienza fosse adeguata. Gl organizzatori avevano messo sul piatto 50 milioni di dollari, ma i giudici hanno stabilito che Crandon Park non si tocca e resterà così com'è. In verità, la società International Players Championship Inc. ha un contratto di otto anni con la contea di Miami, ma secondo Stearns è carta straccia perché non c'è più la possibilità di migliorare e adeguare l'impianto. “Non posso prevedere cosa succederà nei prossimi otto anni – ha detto – si prenderanno in considerazione le varie opzioni. Date le circostanze, Miami è diventato un ambiente ostile per portare avanti gli affari”. E' bastata una sentenza di appena una pagina per confermare il pronunciamento di primo grado, risalente al settembre 2014. Pare che i giudici non fossero granché interessati ad approfondire la questione, tanto che durante l'udienza non hanno posto nessuna domanda agli avvocati.
DECISIONE INAPPELLABILE
Una decisione senza motivazioni rende impossibile un ulteriore appello. Per ricorrere alla Corte Suprema della Florida, i giudici avrebbero dovuto motivare il loro parere. Insomma, sta per scriversi la parola fine su un torneo che ha vissuto pagine gloriose e ha aperto la strada ai maxi-eventi ATP-WTA. Key Biscayne, infatti, è stato il primo ad avere il tabellone a 96 giocatori, un ibrido tra gli Slam e i grandi tornei del tour. Il responsabile dell'intera faccenda si chiama Bruce Matheson, discendente della famiglia che possedeva l'intera area dove sorge l'impianto. Nel 1940 l'hanno donata alla contea di Miami in cambio della costruzione di un ponte per collegare Key Biscayne alla terra ferma, ma continuano ad avere un forte potere decisionale. Crandon Park, 975 acri, avrebbe dovuto essere utilizzato solo come parco pubblico. I primi scontri risalgono al 1980, quando altri Matheson si opposero (senza successo) alla costruzione di uno stadio per il tennis. Dopo quell'episodio fu creato un comitato di quattro persone per stabilire qualsiasi cambiamento all'interno del parco. Due dei quattro membri sono un ente no-profit stabilito dai Matheson, il “National Parks Conservation Association”, e un Matheson in persona. In questo caso, il “famigerato” (per gli tennisofili) Bruce. Quest'ultimo è un nemico giurato del torneo, tanto che l'anno scorso avevano provato a estrometterlo, chiedendo che il comitato fosse ritenuto illegale. “Chiediamo alle Corte di restituire alla gente e ai suoi rappresentanti, regolarmente eletti, il controllo di Crandon Park”. Niente da fare. Dopo la batosta, gli organizzatori non hanno parlato, a partire dal direttore del torneo Adam Barrett, ma pare evidente che ci siano solo due strade: costruire un nuovo impianto a Miami oppure traslocare in un'altra città. O magari un un altro continente. Tempo fa aveva preso piede l'opzione Orlando, sempre in Florida, dove la USTA ha costruito un maxi-impianto con 100 campi, ma la pista si è raffreddata.
ADDIO STATI UNITI?
A novembre, Adam Barrett aveva detto che città come Dubai e Pechino avrebbero accolto volentieri un Masters 1000, ma si erano fatti anche i nomi di Doha, Singapore e Shanghai (dove peraltro si gioca già un Masters 1000). Un eventuale spostamento in Asia potrebbe obbligare l'ipotetico nuovo torneo a scambiarsi la data con Indian Wells per favorire la presenza dei migliori giocatori, reduci da Dubai o da un mese di febbraio non troppo impegnativo. Indian Wells rischierebbe di finire nella data attualmente assegnata a Miami. Sono tutte supposizioni, addirittura fantasie. Ne sapremo di più a marzo, durante la prossima edizione cui non prenderà parte Roger Federer. In teoria ci sarebbe la possibilità di restare a Key Biscayne, ma abbassando le pretese di espansione rispetto al progetto originale. Non prima di aver fatto i conti con Matheson, ovviamente. L'avvocato di quest'ultimo, Richard Overlmen, ha detto che l'attuale campo centrale è già a disposizione del torneo. “Lì possono proporre eventuali migliorie. Quello che non possono fare è costruire nuovi stadi o strutture permanenti”. Tale opzione, tuttavia, sembra improbabile perché gli organizzatori hanno rinunciato a eventuali modifiche al piano originario per sostenere la battaglia legale, definita “infondata e dispendiosa”. Nel 2012, la gente del posto aveva partecipato a un referendum per esprimersi sulla possibilità di costruire due nuovi stadi permanenti. Il referendum ebbe esito positivo, con un 70% abbondante di “sì”. Ma si è bloccato tutto a causa dell'ostruzionismo di Matheson. E alla fine l'ha avuta vinta lui. E i politici che dicono? Mayra Pena Lindsay, sindaco di Key Biscayne, ha detto che la scomparsa del torneo sarebbe una perdita e creerebbe un vuoto nell'isola, ma ha sottolineato che le battaglie dei Matheson, sin dagli anni 80, volevano tutelare i residenti e che certe restrizioni erano necessarie per rendere “sopportabile” la vitai nelle due settmane del torneo. Da parte sua, Matheson se la ride: a suo dire, il futuro della Contea e di Crandon Park non dipendono da un torneo di tennis di due settimane. Ha vinto lui: salvo miracoli, Miami resterà senza tennis. E il circuito ATP dovrà regolarsi di conseguenza.