ATP PECHINO – Per 90 minuti Fabio Fognini ha perfino dominato Rafael Nadal. Sprecate alcune chance a metà del secondo set e riammesso Nadal in partita…
Resta vivo l'obiettivo di Rafael Nadal di tornare n.1 del mondo già questa settimana: deve però arrivare in finale
di Lorenzo Cazzaniga – 4 ottobre 2013
Per un’ora e mezza, Fabio Fognini ha preso a pallate Rafael Nadal. Piedi dentro il campo, spingeva come il miglior Djokovic, capace con l’anticipo di rovescio di rendere inoffensive le uncinate mancine del maiorchino e con il diritto di trovare la solidità e l’intensità dei momenti più belli. Sul 6-2 3-0, mi è però tornata in mente una telefonata post-Roland Garros, dove Fognini aveva perfino giocato meglio di Nadal, ma era tornato nella sua Arma senza aver raggranellato un set: «Con lui ti pare di dominare gli scambi, di controllare il set, ma poi riesce sempre a trovare la chiave per venirne fuori». È accaduto anche nei quarti di finale dell’ATP 500 di Pechino, ma questa volta è lecito parlare di miracolo per l’uno e di occasione mancata per l’altro.
La breve cronaca: Fognini è stato avanti un set e un break, ha avuto due chance consecutive di un secondo break sul 3-0, un’altra sul 4-1 e infine una chance nel lunghissimo game del 4-2, quando dopo dieci minuti e sei palle break, la partita è girata. Un parziale di cinque giochi consecutivi ha consegnato il secondo set (e sostanzialmente la partita) a Nadal. Il terzo set è stata pura accademia, con un Fognini ormai spento e scorato dalla vicenda.
Resta vivo il ricordo di quei 90 minuti dove Fognini ha espresso un tennis che lascia pensare come i top 10 siano un traguardo tutt’altro che impossibile da raggiungere. Da fondocampo è quasi imbarazzante la facilità con la quale riesce a spingere da entrambi i lati, gli angoli che può trovare e, rarità nel tennis boom-boom dei giorni nostri, soluzioni di tocco vincenti che sono precluse alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi. Certo, per tenere la testa di Nadal sott’acqua, bisogna giocare con una qualità esecutiva e un’intensità spaventosa: appena scendi di un gradino, l’altro riemerge. È successo anche a Pechino. Non sfruttate quelle chanche, il calo è stato inevitabile quanto prevedibile. Ma quei 90 minuti sono stati pura gioia estetica per i voyeur del gioco.
Il prossimo salto di qualità sarà aumentare ancor di più la durata di questa intensità di gioco quando deve affrontare un top 10 e contestualmente evitare periodi negativi come quello passato tra l’estate e la Cina. Mica facile. È quello che serve per trasformare in realtà, la legittima aspirazione a diventare un top 10. Prossima tappa, il Masters 1000 di Shanghai con rinnovata fiducia e un obiettivo top 15 di fine stagione che non è utopia.
Côtê Nadal, lo spagnolo non ha giocato il miglior match della sua vita anche (e soprattutto) per merito di un avversario che non lo lasciava respirare, costringendolo a cercare soluzioni troppo ambiziose. Poi ha dimostrato perché molti, a livello mentale, lo considerano il più grande sportivo (sportivo, non tennista) del mondo, forse di sempre. La sua capacità di rifiutare la sconfitta è l’esempio migliore che andrebbe trasmesso ai nostri ragazzi. Un insegnamento che non vale solo sul campo da tennis e che dovrebbe zittire quella manciata di detrattori capaci solo di basse insinuazioni. Ah, los huevos, dicono a Maiorca.
Los huevos ma non solo. Di Nadal sono spesos sottovalutate le qualità tecniche e soprattutto la lettura tattica dei match. Così come ha lavorato sul diritto lungolinea che è diventata l'arma tattica utilizzata per battere Djokovic, così Nadal è stato bravo a lasciar perdere il rovescio di Fognini, ad evitare di giocare solo l'uncinata di diritto verso la sua destra, preferendo aprirsi il campo dall'altro lato. E soprattutto è stato pronto, appena ha notato quel filo di tensione che ha fatto scendere drasticamente la percentuale di prime palle di Fabio a metà secondo set, a fare due passi dentro il campo, cambiando l'inerzia degli scambi. Come l'allenatore che, alla fine del primo tempo, cambia modulo e stravolge il match. Non è roba da tutti.
Post scriptum: quella con Fognini è stata la 26esima vittoria stagionale sul cemento in altrettanti match giocati. Dovesse arrivare in finale al torneo, Nadal tornerebbe numero uno del mondo, obiettivo che comunque raggiungerà automaticamente nelle prossime settimane, al termine di una stagione che per adesso parla di 10 tornei vinti tra cui due Slam e cinque Masters 1000, con un record di 64 vittorie e tre sconfitte.
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...