WIMBLEDON – Kirsten Flipkens viveva di rendita grazie a Henin e Clijsters. Poi è finito tutto e ha dovuto scegliere cosa fare della sua carriera. Grazie a un’acciaieria, è in semifinale ai Championships.
Kirsten Flipkens, vincitrice del torneo junior nel 2003, ha estromesso Petra Kvitova, campionessa nel 2011
Di Riccardo Bisti – 3 luglio 2013
Un annetto fa, il signor Jean Pierre Heynderick ha ricevuto una telefonata. Lui dirige un’acciaieria e adora il tennis: anni fa aveva addirittura sponsorizzato un torneo ITF. Lo cercava Kirsten Flipkens, talento da ricostruire sin dalle fondamenta. Era il simbolo del fallimento di una scuola (quella belga) che si era ritrovata due campionesse in casa (Kim Clijsters e Justine Henin). La Flipkens era l’unica giocatrice di livello prodotta dalla federtennis, tanto da prendersi tutto l’aiuto e il supporto possibile. Lei ha ricambiato vincendo Wimbledon junior nel 2003, ma non si era confermata. Nel 2006 l’abbiamo affrontata nella finale di Fed Cup e perse contro Schiavone, Santangelo e nel doppio decisivo. Era smilza, timida…mediocre. Gli anni seguenti avevano confermato la tesi. L’avevano viziata un po’ troppo: aveva a disposizione coach, strutture, contributi….ma i risultati non arrivavano, tanto che la federtennis belga (che non naviga nell’oro) ha pensato di rivolgere altrove le risorse. Kirsten ha sentito la terra tremare sotto i piedi. Non sono mancate le polemiche (lei sostiene che le hanno tagliato i fondi, la federazione replica che era una questione di risorse: “Volevamo ancora aiutarla, ma semplicemente non potevamo fornirle un coach privato per ogni viaggio” ha detto Ann Devries, ex allenatrice e capitana di Fed Cup). Comunque sia, la Flipkens era a un bivio: imparare a camminare da sola oppure lasciarsi andare. Ha scelto la prima opzione, andando in giro da sola per 5-6 mesi. Niente di eroico, per carità, ma per chi era abituata come lei non era facile. I soldi scarseggiavano, poi era reduce dai problemi di salute emersi dopo un viaggio in Thailandia, a Phuket. Coaguli di sangue che avrebbero potuto sfociare in un’embolia, proprio come Serena Williams. E sarebbe successo di sicuro: non fosse arrivata la diagnosi, Kirsten sarebbe andata in Giappone…
Il periodo difficile e la conseguente inattività l’avevano fatta precipitare al numero 262 WTA, talmente in basso da non poter giocare nemmeno le qualificazioni di Wimbledon, il torneo che ama di più. Nel 2003 si era creata l'illusione che un giorno ce l’avrebbe fatta anche nel torneo “vero”. Dieci anni dopo – incredibile – può farcela sul serio. Non ci credeva neanche lei, nemmeno dopo la resurrezione firmata (anche) Jean Pierre Heynderick. Il titolare della Koddaert si è limitato a darle un aiuto economico e a farla entrare nell’orbita di Kim Clijsters. Da un anno, Kirsten si allena nell’accademia di Kim e in qualche torneo viene seguita in prima persona (Abbiamo visto Kim a Roma, con tanto di figlia in campo e secondogenita nel pancione). “Kirsten non ha più dovuto occuparsi delle cose concrete – dice Heynderick – penso che sia stato un aiuto importante. Il merito dei successi è suo, ma noi abbiamo fatto la nostra piccola parte”. Da quando la ruota ha ripreso a girare, Kirsten ha messo il turbo. E’ entrata tra le top 50, ha vinto il primo titolo, ha raggiunto gli ottavi in Australia ed è piombata addirittura tra le top 20. Ma nessuno pensava che sarebbe arrivata in semifinale a Wimbledon.
La belga ha vinto una grande partita contro Petra Kvitova, sconfitta 4-6 6-3 6-4 sotto il tetto del Centre Court. La Flipkens ha giocato un match esaltante, sorprendendo soltanto chi non la conosceva. Il suo tennis è divertente, perfetto per i prati. Il successo di 10 anni fa nella prova junior non è stato un caso. Batte, scende a rete e sa usare lo slice come poche. Soltanto Francesca Schiavone ha più varietà di lei, ma solo perchè è più fantasiosa. Kirsten, da par suo, è “robotica” anche nelle variazioni. Contro la vincitrice del 2011 ha tenuto duro fino al 3-3 poi ha perso otto punti su dieci che le sono stati fatali, almeno nel primo set. Kirsten non ha perso fiducia, affidandosi alle proprie armi. Una morbida soluzione palla corta-pallonetto le ha dato la palla break del 4-2, trasformata grazie a un errore di rovescio di Petra. A quel punto, la ceca ha chiesto l’intervento del trainer per un problema respiratorio (soffre d’asma da anni). Il match è giunto al terzo, con la Kvitova che si muoveva sempre più lentamente tra un punto e l’altro. Ha tenuto duro fino al 4-4, ma la Flipkens giocava sempre meglio, punto dopo punto, colpo dopo colpo, quando il nono game ha sancito il break decisivo. E un ace l’ha portata in paradiso, nella semifinale dei Championships, dove ormai non credeva più di arrivare. Adesso se la vedrà con Marion Bartoli, che sul Campo 1 ha avuto la meglio su Sloane Stephens. Il sogno è lì, ad un passo. La storia di Kirsten non è fatta di sofferenze, semmai di eccessi. Difficile fare retorica parlando di lei. Ma ha avuto il merito di togliersi di dosso i vizi e li ha trasformati in virtù, voglia di lavorare e soffrire. Mica facile andare in miniera dopo che hai fatto il mantenuto. La Flipkens ce l’ha fatta, e il sogno va avanti.
WIMBLEDON 2013 – DONNE
Quarti di finale
Kirsten Flipkens (BEL) b. Petra Kvitova (CZE) 4-6 6-3 6-4
Marion Bartoli (FRA) b. Sloane Stephens (USA) 6-4 7-5
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