di Fabio della Vida – foto Getty Images
Nelle discussioni tennistiche tra amici, che sono per me quelle più genuine e divertenti e dove vengo crocifisso per le stupidaggini che scrivo su questa rivista, spesso mi si chiede perché io sia contrario ai preparatori mentali. La mia risposta è semplice, sono tre parole: non è vero!
Nel 1984 ho cominciato a lavorare nel tennis e, perdonatemi l’immodestia, in Italia pochissimi – ma veramente pochissimi – conoscevano i preparatori mentali. Ebbene la Img me ne ha fornito uno, come a tutti i miei colleghi, per aiutarmi nel mio lavoro che è bellissimo e sembra facile ma che, al contrario, se lo fai bene è duro, stressante e pieno di responsabilità verso me stesso, la compagnia per cui lavoravo ma soprattutto verso i giovani che selezionavo e mettevo sotto contratto. Loro affidavano alle mie decisioni una grande fetta dei loro sogni, dei loro sacrifici, della loro vita e anche quella delle loro famiglie.
Consigliare un coach piuttosto che un altro, o peggio, un cambio di Paese; consigliare di sacrificare un po’ la scuola è un terremoto per le famiglie, scombussola la loro vita. Spesso sacrificano un po’ gli altri figli, spesso hanno problemi col lavoro per seguire il figlio e spessissimo non sono miliardari… Insomma, ci sono aspetti delicati che molti ignorano o sottovalutano.
Ebbene, sapeste quanto mi ha aiutato il preparatore mentale. Tutto questo preambolo per dire: come posso essere contro se ancora oggi i suoi consigli mi sono preziosi? Mi ha aiutato ad avere disciplina, a vedere chiare le cose, a gestire la pressione e tanto altro. Renato Vavassori ha una delle accademie più belle in Europa ed è una persona per bene e intelligente che sa guardare il futuro; infatti – che io sappia – è stato il primo a introdurre il preparatore mentale in una accademia in Italia.
E che preparatore! Era Bruno De Michelis, che poi Ancelotti si portò al Milan e al Chelsea. De Michelis, giustamente, sostiene che come si allena il corpo così si deve allenare la mente, che è la chiave di tutto. Tutto infatti parte dal cervello. Non fa una piega. Allora dove è il problema? Primo: la qualità. Purtroppo, nel tennis, i preparatori sia fisici che mentali – e anche i coach – che girano il circuito sono mediamente molto scarsi. Questo perché il tennis ad alto livello è costoso e un bravo professionista deve essere pagato bene. Quindi, la maggioranza di quelli che “girano”, sono quasi sicuramente mediocri, altrimenti non sarebbero lì perché a casa loro guadagnerebbero di più.
Non parliamo poi del circuito juniores, dove non ci sta un dollaro! Quando leggo che un Presidente di Federazione o di un ente benefico è un avvocato o un medico o un ingegnere, penso che, a meno che non sia onorario o abbia abbandonato la professione, non mi farei mai difendere o curare da lui perché è scarso e di sicuro non ha clienti o pazienti.
Ce ne sono di buoni, tra coach o preparatori, ovvio, ma sono per chi se li può permettere. Ma questo non è il problema principale. Il vero problema è che il tennis – meglio dire lo sport – oggi nei bambini ha perso il suo aspetto ludico. Fateci caso: nei parchi e nelle spiagge sono sempre più rari i bambini che giocano a pallone, che fanno sport, che si divertono.
Purtroppo molto più in Italia che in altri paesi. Da noi gli sport sono ghettizzati, chiusi nelle scuole calcio, basket, tennis e via dicendo e, tranne lodevoli eccezioni, il più delle volte li robotizzano, cercano solo il risultato: se vinci sei bravo, se perdi sei uno sfigato. E quel che è peggio è che sono sfruttati sia i ragazzi che le famiglie. A 12 anni devi avere già tutto: coach, preparatore atletico e mentale, dietologo. Tutto strettamente personale.
A questo sono contro, alla esasperazione più assoluta che è, consentitemi, un vero crimine. Ho iniziato dicendo che il preparatore mentale mi è servito tantissimo: ma io avevo scelto il mio lavoro, i bambini no e non vanno spremuti. Forse che in terza elementare si studia fisica nucleare? Forse a un bambino si fanno sollevare 100 chili? Cominciamo ad allenare la mente, certo, ma con le dovute precauzioni e non solo col tennis! Io a 14 anni, quando giocavo, non facevo mai l’esame di ogni singola partita. Il maestro mi diceva qualcosa dopo un mese e con mio padre vicino. Oggi è sempre più raro vedere una partita di due bambini che la giocano divertendosi: è già un lavoro per loro e non è giusto.
Purtroppo la politica dello sport nella mia amata Italia è un disastro: nessun impianto pubblico, quasi nulla a scuola (lì sì che dovrebbero mettere il preparatore mentale!) quando in altri paesi lo sport è importante quanto la matematica o la storia. Hanno tolto anche i giochi della gioventù, che erano splendidi.
Quindi, per concludere, non togliamo il divertimento ai bimbi, facciamoli scegliere di voler provare a guadagnarsi la vita giocando a tennis. Poi è logico e doveroso tutto, ma dopo la scelta, che va preparata accuratamente e ponderata.
Un ultimo consiglio: se non l’avete ancora fatto, andate a guardarvi la saga di Rocky. Non fermatevi però a “Io ti spiezzo in due”. Rocky è stato scritto con l’aiuto di grandi preparatori mentali americani: coglietene gli spunti. I film di Rocky sono considerati fumettoni ma in realtà sono grandi film, con messaggi importanti per chi vuole fare sport… e non solo. Molto migliori di quelli di qualche regista con la puzza sotto il naso che è misteriosamente sovvenzionato dallo stato ma che pensa di avere inventato il cinema e che naturalmente ha incassato un millesimo di quanto ha fatto Rocky! Ci facessero ospedali o impianti sportivi con ’sti soldi!