Battendo la Kvitova a Indian Wells, Christina McHale si conferma l’americana più futuribile. Cresciuta ad Hong Kong, ama la politica dei piccoli passi. DI RICCARDO BISTI
La gioia di Christina McHale dopo il successo sulla Kvitova

Di Riccardo Bisti – 12 marzo 2012

 
Parola d’ordine: tenere i piedi per terra. Da quando il tennis femminile americano è piombato in crisi, ogni buon risultato è accolto con ingenua speranza. “Hai visto mai che abbiamo trovato l’erede delle sorelle Williams?”. In questo tranello sono cadute Melanie Oudin e Coco Vandeweghe, peraltro ancora giovanissime. Adesso è il turno di Christina McHale, che nella notte ha infilato la sorpresona al torneo di Indian Wells, battendo Petra Kvitova con il punteggio di 2-6 6-2 6-3. A questo risultato va tolta la tara di un virus contratto in Medio Oriente dalla Kvitova: “Ho perso un po’ della mia forma, facevo fatica a muovermi e a tirare vincenti” ha detto la Kvitova, che ha anche aggiunto “Anche il mio servizio non funzionava, e poi lei ha usato con efficacia lo slice sbagliando pochissimo”. Il peso netto di questo risultato resta comunque importante, anche perché la McHale ha avuto la forza di chiudere dopo che era stata quasi ripresa (da 4-1 a 4-3) nel terzo set. Mica facile vincere un match così contro la campionessa in carica di Wimbledon.
 
Come detto, l’interesse degli americani era concentratro su altre giocatrici. A parte un titolo nazionale Under 18 e una vittoria nel doppio junior all’Australian Open, la McHale aveva “operato” soprattutto nell’ombra. Oggi la Vandeweghe è numero 159, mentre la Oudin è addirittura fuori dalle top 200 (n. 223), anche se ha tanta voglia di ricostruire la sua carriera lontano dai riflettori. La McHale, invece, è numero 35. Classe 1992, è la più giovane tra le top 50, mentre tra le top 100 è più “anziana” delle sole Timea Babos e Sloane Stephens. E’ già numero 2 americana alle spalle di Serena Williams. “Ho sempre fatto progressi lenti e costanti – racconta la McHale – non ho mai avuto la sensazione che i successi arrivassero improvvisamente. Voglio solo andare avanti così”. Lo scorso anno era partita dal numero 115 e ha chiuso al numero 42, togliendosi la soddisfazione di battere Caroline Wozniacki (allora n. 1) a Cincinnati. Il successo contro la Kvitova vale di più, perché dà il senso dei suoi progressi. “Sto acquistando maturità ed esperienza, ma sto meglio fisicamente. Rispetto all’anno scorso mi sento più in forma, posso giocare più a lungo mentre prima mi stancavo più facilmente”. Non è un caso che contro la Kvitova abbia vinto alla distanza. Gli americani hanno capito il potenziale della ragazza. Se n’è accorta anche Mary Joe Fernandez, che l’ha convocata per il match di Fed Cup contro la Bielorussia e l’ha schierata come seconda singolarista al fianco di Serena Williams. “Era la prima volta che la incontravo, mentre in precedenza aveva conosciuto Venus. Per me è stato un vero onore far parte del team. Sono rimasta sorpresa dalla loro umiltà, sono state cortesi e mi hanno sostenuto. E’ stata una bella esperienza”.
 
Liezel Huber, veterana del team americano, ha detto la sua sulla 19enne del New Jersey: “Per competere con le Azarenka e le Radwanska deve maturare ancora molto, ma già ora si può dire che avrà tutta l’intenzione di batterle”. Oltre alla qualità tennistica, la McHale ha anche la testa “giusta”. Ama viaggiare, confrontarsi con culture diverse. Dopo tanti anni nel tour, senza questa predisposizione, c’è il rischio di scoppiare. Lei non correrà questo rischio, anche perchè è stata abituata a viaggiare sin da piccola. La passione per il tennis è nata ad Hong Kong, dove papà John, un esperto di finanza, venne spedito dalla sua compagnia. Christina ha vissuto ad Hong Kong dai 3 agli 8 anni di età. Oltre a iniziare con il tennis, ha anche imparato un po’ di mandarino. “Mi piaceva stare lì, poi è dove ho iniziato a giocare a tennis – dice la McHale – io e mia sorella Lauren abbiamo splendidi ricordi. Nel complesso di appartamenti dove abitavamo c’erano i campi da tennis, attrazione principale al ritorno da scuola”. Oltre al tennis, Christina praticava il nuovo. Nel 2000 è tornata a casa ed ha continuato a praticare due discipline fino all’età di 12 anni, quando ha scelto di darci dentro con la racchetta. All’età di 15 anni la svolta: ha lasciato casa ed è andata ad allenarsi a Boca Raton, in Florida, in uno dei centri tecnici della USTA. La lontananza da casa le pesava da morire, e dopo un anno voleva tornare in famiglia. Allora si è spostata a New York, dove è seguita dai tecnici federali presso il Billie Jean King National Tennis Center, sede dello Us Open, che dista meno di mezzora d’auto dalla sua abitazione di Englewood Cliff (mentre lei è nata a Teaneck).
 
Dopo un discreto inizio di stagione (terzo turno all’Australian Open, quarti a Doha), si è fermata per qualche settimana per curare un dolore alla spalla ma ha fatto in tempo a recuperare per Indian Wells, dove è testa di serie numero 32 anche grazie al forfait di Serena Williams. Il 2012 sarà un anno importante, anche perché potrebbe vivere la sua prima esperienza olimpica. “In tanti mi chiedono cosa penso della possibilità di andare alle Olimpiadi. In realtà io non voglio pensarci fino a quando non sarà il momento. Si deciderà tutto a giugno, e da qui ad allora tante cose possono cambiare”. Intanto è già negli ottavi a Indian Wells e sogna di fare un passo in più. Chi va piano va sano e va lontano, diceva un vecchio adagio. Christina McHale sembra averlo appreso alla perfezione.