LA PROVOCAZIONE – Sono trascorsi appena cinque anni tra il primo e l'ultimo Slam di John McEnroe. Il mitico SuperBrat è stato davvero talentuoso come si pensa comunemente?

Di Luca Bottazzi – 24 ottobre 2014

 

John McEnroe è stato un campione inimitabile che ha saputo caratterizzare un’epoca del tennis, interpretando l’arte del gioco in modo sublime nella specialità del singolare e del doppio. Un campione che ha giocato e continua a giocare ancor oggi, nel Senior Tour, in un tempo che pare senza fine. Secondo il pensiero di molti addetti ai lavori la fenomenologia McEnroe è dovuta al fatto che John è nato per il tennis e dispone di un talento superiore, espresso mediante il suo famoso braccio d’oro mancino. Quanto detto è stato scritto su tonnellate di carta stampata e commentato sui vari media di tutto il mondo, da quando John McEnroe è diventato un noto campione. I fattori divulgativi che rapiscono la mente dell’auditore, circa gli elementi del tennis di Super Mac, sono, e senza discussione, il talento ed il braccio. Questi aspetti generano una riflessione automatica che ogni lettore attento dovrebbe porsi: Che cosa è il talento? In generale, il talento nel tennis viene storicamente recepito, raccontato e assimilato come espressione esecutiva del gesto tecnico che trova fondamento nelle capacità coordinative e nelle abilità oculo-manuali. Questa è la genesi della “Bracciologia”, definizione di mio conio, che spiega l’equivoco tradotto in Vangelo sulla questione del talento tennistico. Pertanto il talento può essere espressione esclusiva di questo aspetto? Al contrario delle credenze diffuse, il talento come l’intelligenza ha diverse espressioni. Sulla questione rimando il lettore al libro “Intelligenze Multiple” di Howard Gardner, noto scienziato, nonché docente presso l’università di Harvard. Un libro che già nel titolo contiene risposte precise sull’argomento.


LA DEFINIZIONE DI TALENTO

Quindi, il talento nel tennis si manifesta da sempre in modi diversi. Semplificando: da quello mentale di Borg a quello strategico-tattico di Wilander, da quello esecutivo di Federer a quello fisico di Nadal, ecc. Se invece l’ottica sull’argomento si spostasse dallo specifico al generale, per consentire di cogliere e abbracciare l’intero panorama del talento, allora è possibile dire che il talento, nella sua accezione principale, è innanzitutto la capacità di capire e attuare cambiamenti, di riprogrammarsi, quindi di imparare e modificarsi continuamente in relazione ai bisogni e all’ambiente. Nello specifico del tennis il talento permette innanzitutto al giocatore di risultare sempre competitivo nei confronti di nuovi avversari e sfide, lungo il decorso del tempo. Ebbene, nella storia del tennis tra i grandi campioni in grado di vincere come John McEnroe, dai sette titoli di singolare dello Slam in su, nessuno è durato così poco come super Mac. Il suo filone aurifero di vittorie si è compiuto tra gli US Open del 1979 fino a quelli del 1984. Eppure John è stato quel genio capace di togliere il respiro ad ogni avversario. Tuttavia, le sue grandi vittorie sono durate solo sei stagioni. Come è possibile spiegare questo fatto? Come è possibile che questo campione non abbia trovato la via per rinnovare il suo tennis? Difficile trovare una risposta oggettiva, anche perché l’unica spiegazione logica costituisce la rottura di un dogma per l’intero sport del tennis. Un dogma che affronto in punta di piedi formulando la seguente riflessione: La mancanza di talento ha limitato la carriera di John McEnroe?