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Sottolineati i problemi di Federer, è giusto – come ha fatto Roger, minimizzando sul problema – dare i giusti meriti alla finale giocata da Zverev. L’highlight della sua settimana sembrava destinato a rimanere il match-point (uno dei tre) annullato a Richard Gasquet al secondo turno, dopo uno scambio eterno lungo 49 colpi e 76 secondi. Invece, scampato quel pericolo Zverev è entrato “in the zone” e ha vinto altri quattro match in due set, impiegando appena 68 minuti per vendicare le sculacciate rimediate da Federer nella finale di un mese e mezzo fa ad Halle, e diventando il primo giocatore capace negli ultimi dieci anni di strappare due Masters 1000 all’egemonia dei Fab Four. Il fatto che li abbia vinti consecutivamente è solo un’ulteriore dimostrazione delle sue capacità, le stesse che gli hanno permesso di tenere a distanza Federer per tutto il match. Ha avuto una palla-break già nel primo game di risposta, ha allungato nel secondo e se n’è andato via in fretta, col giusto mix fra solidità e pressing, un grande aiuto da un servizio che sta diventando sempre più incisivo (e da 198 centimetri può esserlo moltissimo) e la capacità di giocare da grande, con naturalezza anche di fronte a una leggenda. “Dopo un po’, anche gli avversari come Federer diventano normali”, aveva detto qualche tempo fa: sembrava peccare di presunzione, invece il modo in cui è andato a prendersi la vittoria dice che la pressione non l’ha avvertita nemmeno per sbaglio. Dall’unico momento di difficoltà, ovvero le tre palle-break concesse nel secondo game del secondo set, è uscito più forte, e sul 3-3 è andato a prendersi il break decisivo, complice un Federer sempre più rigido e falloso.
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La finale persa complica un tantino la corsa di Federer verso il numero uno del mondo, anche perché la sua presenza a Cincinnati pare in forte dubbio. “Partirò per l’Ohio già stasera, poi nei prossimi giorni deciderò cosa fare”, ha detto lo svizzero davanti ai giornalisti, ma vista la grande attenzione prestata al suo fisico negli ultimi dodici mesi, sembra difficile che decida di prendersi un rischio inutile a due settimane dal via dello Us Open. Grazie al quinto titolo del suo splendido 2017, invece, Zverev scavalca il suo grande amico Dominic Thiem salendo al numero 7 del ranking ATP, e soprattutto agguanta la terza posizione della classifica Race, a soli 995 punti dalla soglia stabilita (5.170) per la qualificazione per le ATP Finals di Londra. Uno scenario che rende sempre più remota la possibilità di vederlo in gara alle Next Gen ATP Finals. Proprio oggi l’ATP ha ufficializzato la sua qualificazione matematica per il nuovo evento di Milano, ed era stato lui stesso qualche mese fa a menzionare la possibilità di disputarli entrambi, ma giocare un torneo (peraltro con regole diverse) la settimana prima di un Master al quale potrebbe presentarsi fra i favoriti non sembra l’idea migliore. Avrà tempo per valutare la situazione e decidere insieme al suo team, che – risultati alla mano – ha trovato un componente prezioso in Juan Carlos Ferrero. “Sascha” gli ha chiesto una mano per la stagione sul cemento americano, memore dei risultati deludenti del 2016, e l’avvio della collaborazione è stato da sogno, con il titolo a Washington seguito dal bis in Canada. Ma il bello viene solamente ora, perché il vero obiettivo si chiama Us Open. Nei tornei del Grande Slam il tedesco non è mai andato oltre gli ottavi di finale: a “Mosquito” il compito di condurlo fino in fondo. Si può.
MASTERS 1000 MONTREAL – Finale
Alexander Zverev (GER) b. Roger Federer (SUI) 6-3 6-4
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