La siberiana affronta Serena Williams per la diciottesima volta, e ha perso gli ultimi quindici confronti. Il primo proprio a Melbourne, dieci anni fa in semifinale. Ma questa volta le cose possono cambiare.Da Melbourne a… Melbourne, dieci anni dopo. All’Australian Open del 2005 è iniziata l’incredibile striscia di quindici vittorie consecutive di Serena Williams contro Maria Sharapova, e sempre sulla Rod Laver Arena, dove il Rebound Ace verde ha lasciato spazio all'azzurro Plexicushion, la russa proverà domani a interromperla. Non vince un confronto diretto dai WTA Tour Championships del 2004, quando allo Staples Centre di Los Angeles si prese vittoria e titolo, come già riuscitole qualche mese prima sull’erba di Wimbledon. Non era ancora maggiorenne, ma pareva conoscere a memoria la ricetta per battere la più forte. Invece, dopo tanti anni, i due successi da teenager sono rimasti gli unici, mentre la semifinale di Melboune è la sconfitta in cui la russa è andata più vicina a farcela. Vinse facilmente il primo set, poi si arrese 2-6 7-5 8-6, mancando tre match-point sul 5-4 del terzo set. “L’unica cosa che ricordo – spiega Serena – è un diritto inside-out su uno dei match-point. Dopo aver colpito la palla mi spostai subito dall’altra parte del campo, già sapevo di aver tirato un vincente”. Ma è acqua passata, e la Sharapova è più motivata che mai per riprendersi una vittoria che le manca da troppo tempo. Così tanto che in molti sono arrivati addirittura a definire la loro una non rivalità, in quanto eccessivamente sbilanciata da una parte. Tuttavia, alla bella siberiana importa poco, e ha detto chiaro e tondo di non dare molto peso ai precedenti. “Entrerò in campo motivata al 100% come in ogni finale di un torneo del Grande Slam. Il nome dell’avversaria conta poco, anche se ho una striscia terribile di sconfitte contro di lei. Scendo in campo per vincere e ci proverò con tutte le mie forze”. Motivazioni importantissime. In realtà le aveva anche negli anni scorsi, ma questa volta c’è di più: la vetta del ranking a portata di mano. Non dal prossimo lunedì, nemmeno in caso di vittoria, più probabilmente dopo il Premier Mandatory di Indian Wells, dove la Williams come ormai consuetudine non ci sarà, mentre Maria ha da difendere ‘appena’ gli ottavi di finale del 2014. Una spinta non da poco.



NON DIPENDERÀ SOLO DA SERENA
Nella gran parte delle loro sfide, la differenza l’ha fatta il tennis di Serena, spesso insostenibile per qualsiasi collega. Ma in questo torneo non ha brillato, faticando più del previsto col diritto e tenendo un rendimento da fondocampo lontano dai suoi standard, come emerso dai due set lasciati a Svitolina e Muguruza, e pure dalla tattica contenitiva attuata per arginare Madison Keys. E c’è pure un’incognita sulle sue condizioni di salute, ovvero il raffreddore che l’ha obbligata a sospendere dopo pochi minuti la sessione d’allenamento mattutina della vigilia, poi però recuperata senza difficoltà nel pomeriggio. Ben diverso il rendimento di ‘Masha’: certo, al secondo turno era quasi fuori, ma poi si è giocata alla perfezione quella che lei stessa ha definito la sua "seconda possibilità", cedendo un massimo di tre giochi per set. "Sono una lottatrice, mi conoscete, darò il massimo per centrare l'obiettivo". Questa volta ci crede per davvero. Se il bilancio nei precedenti non fosse così severo, ci sarebbe la tentazione di indicarla come favorita. Non lo sarà, ma dovrebbe avere qualche occasione in più rispetto al passato. Nel bene o nel male il match lo farà comunque Serena, intenzionata a giocare su pochi scambi, ma la russa ha mostrato sia di avere il tennis per costruirsi delle chance, sia la giusta caparbietà per non lasciarsele sfuggire. “Di Serena soffro potenza e aggressività, il suo tennis mi spinge a fare cose fuori dall'ordinario. È una delle sue qualità: obbliga le rivali a giocare palle che normalmente non giocherebbero. Sabato dovrò cercare di evitare queste situazioni”. Vien quasi da sperare che ce la faccia. Comunque, una certezza c'è già: quella di domani sarà una partita. Con in campo le due migliori giocatrici del mondo appare scontato, invece non lo è affatto.