FED CUP – Sei delle otto giocatrici presenti a Cleveland non hanno giocato neanche un match nella competizione. Stati Uniti-Italia è un’incognita. Chi schiererà Mary Joe Fernandez?
Christina McHale ha già giocato sette partite in Fed Cup
Di Riccardo Bisti – 6 febbraio 2014
Fa freddo, molto freddo a Cleveland. Una tempesta di neve e temperature polari hanno accolto le due squadre. Ma dentro il Public Auditorium farà molto caldo. Ci sarà il tipico calore generato dalle esordienti. Nei giorni scorsi c’è stato un gran parlare sul team azzurro, decisamente rimaneggiato. Ma non va tanto meglio a Mary Joe Fernandez. Con una differenza: ormai c’è abituata. Negli Stati Uniti, la Fed Cup ha un appeal scarsissimo. A pochi giorni dalla sfida, i più importanti siti web specializzati non hanno ancora iniziato ad occuparsene. L’assenza delle sorelle Williams e di Sloane Stephens ha messo nei guai la capitana, costretta ad affidarsi a tre esordienti assolute: Madison Keys, Alison Riske e la piccola Lauren Davis. L’unica a vantare qualche presenza nella competizione (in tutto ha giocato sette partite) è Christina McHale. “Penso che sia esaltante avere giovani giocatrici – ha detto Mary Joe in conferenza stampa – Christina è la nostra veterana, ma ha appena 21 anni. E la più anziana in termini anagrafici è Alison, 23 anni. Le esordienti portano sempre energia ed entusiasmo. In tutto questo vedo solo aspetti positivi e nessuna controindicazione. Ovviamente, non avendo mai giocato in Fed Cup, non sappiamo come sapranno gestire la cosa, ma direi che è positivo a prescindere: comunque vada, avranno fatto un’esperienza importante”. Riske e Davis stanno attraversando un buon momento di forma, essendo reduci dal terzo turno colto all’Australian Open. La Riske guarda con fiducia al weekend. “Cogliere un paio di vittorie in un torneo del Grande Slam regala grande fiducia e ti aiuta per il resto dell’anno. Come ha detto Mary Joe, la Fed Cup è un animale diverso. Non sappiamo cosa succederà, ma l’Australian Open mi ha dato grande fiducia”.
Loro hanno tre esordienti assolute, ma noi non scherziamo: Camila Giorgi e Alice Matteucci sono alla prima convocazione, ma possiamo considerare tale anche Nastassja Burnett, che un anno fa a Rimini si limitò a fare il tifo. L’unica con un pizzico di esperienza è Karin Knapp, peraltro la più “anziana” delle otto presenti (ma ha appena 26 anni…). “Credo che sarà un match difficile, pieno di talento – ha detto Corrado Barazzutti – il campo è OK, lo stadio è molto bello. E’ un teatro, credo che per le giocatrici sarà molto bello giocare in questa atmosfera”. Sarà il 13esimo scontro diretto tra Stati Uniti e Italia, con le americane che conducono 9-3. L’Italia, tuttavia, ha vinto le ultime tre sfide: le finali del 2009 e del 2010, nonché il primo turno dell’anno scorso. Ma l’Italia era sempre in formazione tipo, mentre gli Stati Uniti hanno schierato giocatrici poi uscite dai radar: Melanie Oudin, Alexa Glatch, Coco Vandeweghe, Bethanie Mattek Sands, Jamie Hampton e Varvara Lepchenko (quest’ultima è stata il nostro spauracchio nella sfida di Rimini). Sarà così anche stavolta. Ma se noi abbiamo la squadra praticamente fatta (Knapp e Giorgi), loro hanno quattro potenziali singolariste. Come detto, l’unica con un briciolo di esperienza è Christina McHale.
La ragazza ha una storia curiosa alle spalle. Nonostante il cognome anglosassone, è di origini ispaniche. Mamma Margarita è cubana, e ancora oggi ha un forte legame con la parte materna della famiglia. Quando torna dalla nonna, le chiede sempre di preparare riso e fagioli neri, piatti tipici di Cuba. E mentre li mangiano, si guardano un po’ di telenovele sudamericane. Il padre è irlandese, con lui comunica in inglese, mentre utilizza lo spagnolo anche con coach Jorge Todero. La McHale è una vera globetrotter: per seguire il lavoro del padre, la famiglia si è spostata a Hong Kong, dove ha vissuto per tre anni, imparando le basi del mandarino e praticando nuoto. Dopo un ottimo avvio di carriera, a cavallo tra il 2012 e il 2013 è stata bloccata da una leggera forma di mononucleosi che l’aveva fatta uscire dalle prime 100 WTA. Adesso si è ripresa, è tornata al numero 62 e ha avuto un discreto inizio di stagione: si è qualificata a Sydney e ha raggiunto il secondo turno all’Australian Open. Nelle qualificazioni di Sydney ha battuto Camila Giorgi. Chissà che non possa essere un fattore per convincere Mary Joe a schierarla in singolare. “Io esperta? L’unico consiglio che posso dare alle mie compagne è quello di dare il massimo. Così non si sbaglia mai”. Stati Uniti-Italia si giocherà sul filo del rasoio. Per questo, sarà molto interessante.
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...