La nuova vita di Mary Pierce. La chiamavano “The Body”, oggi fa parte di una congregazione cristiana alle Mauritius. Allena due ragazzini e non si è ancora ritirata.
La nuova vita di Mary Pierce tra la chiesa e il campo da tennis

Di Riccardo Bisti – 11 novembre 2013

 
L’ultima immagine agonistica di Mary Pierce risale all’ottobre 2006, quando si frantumò il ginocchio durante il torneo di Linz. Si capì subito che era qualcosa di grave, ma nessuno pensava che avrebbe smesso di giocare. Ma dopo l’operazione ai legamenti non si è mai ripresa. Ancora oggi, a quasi 39 anni, soffre di “algodistrofia”, un problema che si può avere dopo un forte trauma. “Forse potrò recuperare l’utilizzo del ginocchio al 100% o al 50%. In quel caso, deciderò se riprendere la racchetta in mano per qualche esibizione. Secondo Martina Hingis, colpisco la palla molto bene”. Quando giocava, la soprannominavano “The Body” per il suo corpo perfetto, forgiato dai regimi militareschi della federtennis francese e da Nick Bollettieri, l’uomo che la “salvò” dalle grinfie di papà Jim. Quando capì che Mary avrebbe potuto diventare una campionessa, perse la testa. Vendette casa, obbligò la famiglia a vivere per mesi in un albergo. Un giorno, durante una partita, gridò “Mary uccidi quella p…..”, rivolgendosi a un’avversaria. Normale che lei finisse per odiarlo. La WTA lo allontanò dal circuito, lei visse per due anni con le guardie del corpo alle calcagna. E’ diventata una grande campionessa, ha vino due Slam, ma ha impiegato anni per trovare la serenità interiore. Nel 1997, dopo la vittoria agli Internazionali d’Italia, si chiuse in camera e pianse disperatamente. “Non mi ero mai sentita così sola”. Poi è arrivato l’incontro con Dio, qualcosa che l’ha cambiata profondamente. Il merito fu di Linda Havey Wild, discreta giocatrice americana degli anni 90. “Lei parlava sia con Steffi Graf che con la donna delle pulizie. Nessuno parlava con la donna delle pulizie. Parlammo della Bibbia, finimmo in chiesa. E nel 2000 ho chiesto a Dio di entrare nella mia vita”. Pochi mesi dopo avrebbe vinto il Roland Garros e riuscì persino a perdonare il padre. Oggi non parlano più di quello che è stato. Un miracolo.
 
Mary vive nelle Mauritius e conduce un’esistenza spirituale. Qualcuno pensa che sia indottrinata, la stampa del luogo è convinta che la sua congrega sia una specie di setta. “Lo so bene, ma non mi sono mai sentita così libera e felice”. Il contatto con le Mauritius nasce nel 2005, quando ci andò in vacanza. “Mi sono innamorata dell’isola e della sua gente. Dopo il ritiro, mi sono domandata cosa avrei potuto fare. Lì si trova una chiesa che frequento, allora ho pensato di spostarmi”. C’è una congregazione cristiana, la Church Team Ministries International, che le ha consentito di studiare la Bibbia. Lei ha aiutato a costruire una nuova chiesa. Ed è più felice che mai. La Pierce ammette di essere una persona diversa da quando, nel marzo 2000, si è dedicata interamente a Dio. “Ricordo bene la data. Se chiedi a chiunque si sia incontrato con Dio, ricorderà perfettamente il momento. Io non lo dimenticherò mai. Ho continuato ad avere difficoltà e alti e bassi, ma adesso non si sento sola”. E pensare che all’epoca era fidanzata con il forte giocatore di baseball Roberto Alomar. “Mi facevo andar bene quello che vivevo. Ma intimamente sapevo che non ero così”. Oggi Mary cammina con la bibbia sotto braccio. Non prega tutti i giorni, sa che non c’è bisogno e che non deve esserci rigidità. Nei giorni scorsi, si è recata a Cancun, in Messico, dove c’era una conferenza mondiale di coach. Durante i pasti, ha parlato di religione ai commensali. “Mi piace essere un esempio, ma non voglio impormi. Tanto è Dio a decidere quello che succede”.
 
Tuttavia, il cordone ombelicale con il tennis non è mai stato reciso. Adesso Mary ci prova come allenatrice. Nel 2008 si è trasferita alle Mauritius e ha iniziato a seguire i nipoti di Miki e Audrey Hardy, i leader della congregazione religiosa di cui fa parte. I ragazzi si chiamano Emmanuelle e Amaury De Beer e li segue da ormai quattro anni, con il solo aiuto di un assistente che li accompagna in giro per i tornei. “Ho una vita splendida – racconta la Pierce – da quando ho dovuto smettere, non ho sentito il bisogno del tennis per essere felice. Ma poi si è presentata questa opportunità. Non so ancora se vorrò diventare un’allenatrice a tempo pieno. Di sicuro il coach è una figura fondamentale nella vita di un tennista. Io auguro loro di vincere un torneo del Grande Slam”. Nel frattempo Mary aspetta di entrare nella Hall of Fame (è stata nominata, ma deve battere la concorrenza di Lindsay Davenport e Conchita Martinez), anche se non ha ancora annunciato il ritiro ufficiale dalle competizioni. Il suo caso farebbe impazzire chi si occupa di doping, perché non è soggetta ad alcun controllo (e quando giocava, lo ha sempre detto, faceva uso di creatina). “E’ vero, non mi sono ritirata. Quando mi sono fatta male al ginocchio pensavo di tornare. Mi dicevano tutti che ce l’avrei fatta. Ma ho fatto riabilitazione per tre anni e non sono mai riuscita a correre normalmente. Nessuno mi ha saputo spiegare come mai mi fa ancora male il ginocchio”. E allora, senza bisogno di formalità, ha appeso la racchetta al chiodo anche se trascorre in campo sei giorni alla settimana. “Posso colpire, ma non mi posso muovere. Non so se farò un annuncio ufficiale o se terrò una porta aperta per l rientro. L’unica cosa che so è che in questo momento non ho bisogno di altro” Gliel’ha detto Dio. 

SPORTIVI E RELIGIONE

Non c'è solo Mary Pierce tra gli sportivi con una profonda fede religiosa. In Italia, il caso più famoso è quello del difensore del Catania Nicola Legrottaglie, che nel 2009 si è rivelato con il bestseller "Ho fatto una promessa", in cui scrisse che da bambino fece una promessa a Dio: se avesse giocato una sola partita in Serie A, sarebbe diventato un missionario di Cristo nel mondo. Da allora, ha portato avanti con coraggio la sua "missione", pubblicando un altro libro ("Cento volte tanto. Con la fede vivo meglio") e criticando apertamente il mondo del calcio. Il tennis è uno sport con diversi casi: Andrea Jaeger, tennista americana degli anni 80 (fu anche numero 2 del mondo), nel 2006 è diventata suora domenicana ed è entrata a far parte della Chiesa Episcopale in Colorado. Una fede cresciuta negli anni, dopo che aveva subito maltrattamenti e violenze dal padre. Una vita difficile, da ex baby-prodigio, che l'ha fatta rifugiare nella fede. Un po' diversa la storia di Mara Santangelo, la cui vita è stata segnata dalla morte della madre in un incidente stradale. Un infortunio ne ha bloccato la carriera a 29 anni: dopo il ritiro, si è recata in pellegrinaggio a Medjugorie, la città delle apparizioni mariane, dove sostiene di aver vissuto esperienze molto forti che l'hanno spinta a scrivere un'autobiografia, "Te lo Prometto", in cui racconta un intenso processo di conversione. Si è dedicato all'attività spirituale anche David Wheaton, ex ottimo giocatore a inizio anni 90. Dopo il ritiro, ha ideato e condotto la trasmissione radiofonica "The Christian Worldview", in cui affronta temi di attualità da un punto di vista biblico. C'è poi l'associazione, totalmente no-profit, denominata "Atleti di Cristo", nata nel 1984 in Brasile e fondata da un paio di calciatori (Baltazar Maria de Morais Junior e Joao Leite), la cui notorietà è cresciuta a dismisura dopo l'adesione di Ricardo Kakà. L'obiettivo è utilizzare lo sport per diffondere un messaggio evangelico. Tra gli aderenti, ci sono diversi giocatori di fama: su tutti Radamel Falcao, il difensore dell'Inter Lucio e tanti ex campioni (su tutti il pugile George Foreman, ma ne faceva parte anche Ayrton Senna).