La svizzera torna a giocare in doppio, ma tutto lascia presagire un ritorno anche in singolare. Nel World Team Tennis ha spazzato via la Bouchard e risposto ai servizi-bomba di Roddick.
Martina Hingis ha giocato uno spettacolare World Team Tennis
Di Riccardo Bisti – 1 agosto 2013
L’induzione nella Hall of Fame, di solito, è l’ultimo atto nella carriera di uno sportivo. Nel tennis, tale riconoscimento può essere consegnato solo cinque anni dopo il ritiro. E’ così per tutti, ma non per Martina Hingis. Lo scorso 13 luglio, la svizzera è entrata nella galleria degli immortali. Ma l’evento di Newport potrebbe segnare un nuovo inizio per Martina, e sarebbe il terzo dopo quelli del 1994 e del 2005. In fondo, in questo tennis sempre più anziano, Martina ha “appena” 32 anni, uno in più di Roger Federer e Serena Williams. I tanti anni di inattività, inoltre, dovrebbero aver preservato il suo fisico. L'esordio è previsto per questa notte, quando giocherà in doppio insieme a Daniela Hantuchova, con cui farà coppia anche allo Us Open. Le prime avversarie saranno Julia Goerges e Darija Jurak. Tuttavia, voci sempre più insistenti dicono che potrebbe essere solo un preludio al ritorno in singolare. “Avverto buone sensazioni in doppio – ha detto poco dopo l’annuncio – ho sempre detto che ero più forte in doppio rispetto al singolare, perché sono in possesso di una buona mano. Il doppio è un gioco di squadra ed è importante avere il partner giusto. E penso che Daniela sia un’ottima compagna. Vediamo come va”. Dopo Carlsbad, si farà tutti i tornei estivi fino allo Us Open. Dovrebbe giocarli tutti con la Hantuchova, nata in Slovacchia proprio come Martina (che però si è spostata in Svizzera all’età di 6 anni). La Hingis ha iniziato la sua carriera nel 1994, a 14 anni, vincendo cinque Slam nei quattro anni successivi. E’ stata numero 1 WTA per 209 settimane (quarta in assoluto alle spalle di Graf, Evert e Navratilova) e si è aggiudicata anche nove Slam in doppio.
Il primo ritiro risale al 2003, quando si bloccò a causa di problemi a un piede e infortuni alle caviglie, tanto da intraprendere una causa legale con Sergio Tacchini, sponsor tecnico di allora. In quegli anni è rimasta in Svizzera, ha fatto l’opinionista, ha studiato l’inglese e si è dedicata alla sua grande passione: andare a cavallo. Poi le è venuta voglia di riprovarci. Nel 2005 ha giocato il piccolo torneo di Pattaya, il World Team Tennis americano e ha annunciato il rientro full-time per il 2006. L’inizio è stato ottimo, con i quarti di finale raggiunti in Australia. Si è aggiudicata due titoli (Roma e Tokyo) ed è arrivata fino al numero 6 del mondo. Nel 2007 i risultati stavano peggiorando, quando è giunta la notizia della positività a un test antidoping. Le trovarono tracce di cocaina nelle urine. Lei si proclamò innocente ma rinunciò a difendersi. Anzi, annunciò il secondo ritiro lo stesso giorno in cui fu resa nota la positività. Le hanno dato due anni di squalifica, scaduti nel 2009, ma nessuno pensava che avrebbe potuto tornare una terza volta. “La vicenda doping l’ha segnata emotivamente – dice Lindsay Davenport, ex avversaria e grande amica di Martina, pure lei autrice di un comeback – inoltre la squalifica non si limita al gioco: in quei due anni, non hai nemmeno il permesso di entrare nei luoghi dei tornei. Questo l’ha colpita profondamente. Quando la squalifica è scaduta, insomma, non era pronta a riabbracciare il mondo del tennis. C’è volto un po’ di tempo per guarire le ferite e tornare in un mondo che l’aveva ripudiata”.
La vita di Martina è proseguita senza particolari sussulti, se non quelli amorosi. Nel 2010, nel corso di una gara di salto a ostacoli, ha conosciutato il cavallerizzo francese Thibault Hutin e si sono sposati un anno dopo. Oggi il matrimonio è finito, pare, a causa dei continui tradimenti di lei. E i tabloid svizzeri hanno speso fiumi di inchiostro per raccontare questa storia. “Dopo queste vicende, credo che Martina abbia bisogno di qualcosa su cui concentrarsi – continua la Davenport – e questa cosa è il tennis”. Nel 2011, la Hingis è andata a lavorare come coach presso l’accademia di Patrick Mouratoglu. La scorsa primavera è stata assunta da Anastasia Pavlyuchenkova come coach. La partnership è durata poco. Viaggiando e allenandosi con la russa, Martina ha avvertito buone sensazioni e all’improvviso si è sentita pronta per tornare a competere. Per prendere confidenza con le partite, ha scelto lo stesso metodo del 2005, giocando il World Team Tennis con i Washington Kastles. Ed è stata tra i protagonisti. Ha giocato anche in singolare, vincendoli tutti tranne uno. E questo probrebbe essere il viatico per un ritorno completo, fino ad oggi solo sussurrato. Le ha dato particolarmente fiducia il 5-1 rifilato alla giovane canadese Eugenie Bouchard, molto considerata e già numero 56 WTA. “Sono rimasta impressionata. Lei è quasi top 50, giusto? E’ stata una bella sensazione”. Le sue prestazioni hanno spinto Mark Ein, proprietario dei Kastles, a riportare una dichiarazione di Serena Williams, presente a uno degli incontri. “Se torna a giocare in singolo entra tra le prime 10. Sicuro”. Secondo la Davenport, un rientro in singolare è solo questione di tempo. Tuttavia, per ora c’è solo il doppio. E’ meno faticoso, poi “Il livello è sceso rispetto alla prima parte della mia carriera, perché lo giocavano tutte le migliori. Oggi non è più così”. Sara Errani e Roberta Vinci avrebbero qualcosa da ridire, ma tant’è. Allo Us Open, la svizzera dovrebbe giocare anche il doppio misto, specialità in cui sa esaltarsi. Durante la finale del World Team Tennis, ha risposto con naturalezza al servizio-bomba di Andy Roddick. “E’ una delle migliori tenniste che abbia mai visto, insieme a Justine Henin. Se non deve correre verso la palla, non perde molti punti. E’ una delle giocatrici più intelligenti in circolazione. Dovesse tornare a giocare, ho molta fiducia in lei”. Quando le hanno chiesto come ha fatto a rispondere ai servizi di Roddick, lei ha chiosato raggante “Ero pronta”. Sarà pronta anche all’ennesimo rientro?
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