Con il terzo titolo in carriera (Memphis lo scorso anno, Adelaide e ora Marsiglia nel 2005) Joachim Johansson ha mostrato perché si può puntare su di lui
Con il terzo titolo in carriera (Memphis lo scorso anno, Adelaide e ora Marsiglia nel 2005) Joachim Johansson ha mostrato perché si può puntare su di lui. E’ un vincente (mentre Ivan Ljubicic, che ha esperienza da vendere rispetto a Pim Pim, in finale ha ceduto alla tensione); ha un servizio terrificante (19 ace solo nei due set di ieri, più il record del mondo di 51 contro Agassi agli Australian Open); non ha paura di giocarsi tutto in un paio di punti (e lo si è visto contro Feliciano Lopez in semifinale); non perde mai il controllo, non lascia trasparire le sue emozioni, non lo si vede mai sfiduciato (è uno svedese vero).
Qualche timida riserva sul suo futuro, certamente brillante ma non si può dire fino a che punto, la si può avanzare per via della sua "mano", non sufficientemente delicata per convincere i più esigenti. Vero è che, nonostante la stazza, è un gran atleta, e pure resistente; ha un tennis adatto sia ai tappeti indoor sia al cemento, né sulla terra sarà un pesce fuor d’acqua trovandosi a suo agio da fondocampo. Al volo chiude il punto di forza ma, se c’è solo da "toccare", è in difficoltà. Sull’erba gli mancano gli automatismi; contro un Federer o un Safin deve pagare lo scotto di una sensibilità di palla inferiore. Tuttavia è lecito pensare che alla sua età i margini di miglioramento ci siano, e se Andy Roddick ha toccato la vetta del mondo e ha portato a casa uno US Open nel tennis di oggi c’è spazio anche per Pim Pim. (f.f.)