di Roberta Lamagni – foto Getty Images
La notizia non è nuova: una tennista correrà la maratona di New York. Nel 2014 fu Caroline Wozniacki, tra meno di due settimane, il 6 novembre, Marion Bartoli. Sì, proprio Marion Bartoli, la stessa per cui pochi mesi si era temuto il peggio.
A New York correrà per una buona causa, partecipando per l'associazione "Team for Kids". La sua attività sui social, in questi ultimi tempi, è effervescente e dalle immagini postate dalla stessa Bartoli si vede il miglioramento effettivo della sua condizione: gambe e braccia molto magre ma non più scheletriche e soprattutto un viso che vagamente inizia a ricordare qualche tratto della campionessa di Wimbledon 2013. Ben informati suppongono abbia già recuperato una decina di chili.
L'evidenza di un grave problema di salute era balzata alle cronache a giugno, durante la sua presenza al Roland Garros in qualità di commentatrice tv. Il volto emaciato non lasciava dubbi: qualcosa, nel suo corpo e nella sua mente, non stava funzionando. Poi il "caso" del divieto a partecipare al torneo delle Leggende, a Wimbledon, e da lì la confessione e la lenta risalita.
In un'intervista Marion aveva dichiarato di aver contratto un virus a inizio anno, durante una trasvolata oceanica. Da allora non era più riuscita a ingerire nulla che non fosse lattuga o cetrioli, sentiva costantemente freddo, soffriva di tachicardia e temeva che il cuore le si potesse fermare da un momento all'altro.
Poco dopo Wimbledon era arrivata la decisione di farsi ricoverare in clinica, a Merano, per superare quello che ha definito "un inferno". Lì è stata alimentata, curata, ed ecco che a pochi mesi da quel brutto episodio, Marion si si sente pronta per rimettersi in gioco.
"Ho vissuto un inferno – ha dichiarato ai microfoni dell'emittente TF1 – Essere alimentata solo attraverso una sonda, con un tubo nello stomaco per permettermi di ingeriere calorie, perché ero arrivata a non mangiare più. Ho vissuto momenti di grandissima solitudine. Non sono ancora guarita ma posso dire di aver vissuto un incubo".
L'impegno che una gara di 42 km prevede, che la si corra per vincere o per piacere, non è da sottovalutare. Che la francese sia in condizione di competere, rappresenta già una vittoria.