Manca un mese alla finale dello Us Open 2016. Ad oggi, è difficile immaginare una presenza del campione in carica Marin Cilic. La sua vittoria dello scorso anno è certamente tra gli episodi più clamorosi dell'Era Open. Magari non ha fatto grande notizia perché lui è un anti-personaggio. E poi, dalle nostre parti, avevamo già la testa a Svizzera-Italia di Davis. Scottato (e arrabbiato) dopo una breve sospensione per doping dell'anno prima, si presentò da testa di serie numero 14 e mise il turbo negli ultimi turni, battendo in tre set Tomas Berdych, Roger Federer e Kei Nishikori. “Non posso dire che mi sentissi alla grande o che ci fosse chissà quale segnale” ha detto nei giorni scorsi, a Washington, dove ha iniziato un difficile percorso di avvicinamento. Il castello ha preso a sgretolarsi, poiché ha perso in semifinale contro quel Kei Nishikori battuto nettamente a New York. “Quando mi sono presentato a New York con qualche giorno d'anticipo mi sentivo davvero bene. Ero rilassato, mi sono allenato bene e venivo da 3-4 tornei in cui avevo giocato buone partite. Avevo la giusta fiducia” La fiducia, la celeberrima “confidence”, lo ha portato a giocare con una calma mai avuta prima, nemmeno quando era entrato tra i top-10 a 21 anni, con l'incoscienza di un ragazzino. “Era tutto chiaro nella mia mente, inoltre stavo bene fisicamente. Sapevo che ogni colpo sarebbe andato nella giusta direzione”. E' andata proprio così, come se il suo scudo interiore non gli abbia fatto sentire la pressione di una situazione inedita o di uno stadio enorme, il più grande del mondo. 13 anni dopo Goran Ivanisevic, ha riportato la Croazia a vincere uno Slam. E non era casuale, per niente, che Goran fosse al suo angolo. C'è ancora oggi, con problemi diversi: gestire la pressione, le aspettative, il peso di 2.000 punti che stanno per volare via.
"LA SPALLA? DOVEVO FERMARMI PRIMA"
Dopo il successo a New York si è procurato un infortunio alla spalla destra che ha tardato l'inizio della sua stagione. Ha perso i primi due mesi ed è ripartito piano, molto piano. Il suo bilancio parla di zero titoli, zero finali, 17 vittorie e 11 sconfitte. La buona notizia è che sta crescendo, torneo dopo torneo. I quarti a Wimbledon e la semifinale a Washington sono buoni risultati. A Montreal esordirà nella notte italiana contro Bernard Tomic. Marin riconosce di aver commesso un errore: la spalla gli faceva male già dopo New York, ma ha continuato a giocare per raggiungere le ATP World Tour Finals di Londra. Sapeva che era una grande occasione. Quest'anno, in effetti, sembra complicato: ad oggi, è 21esimo nella Race. Acciuffare i primi 8 sembra proibitivo. Se almeno avesse giocato nei primi mesi dell'anno…”Ma la spalla ha continuato a farmi male fino ad aprile, ai primi tornei sul rosso”. Adesso ci sono tanti punti in palio, anche se lo stato mentale è ben diverso. “Mi presenterò a New York più nervoso che mai – dice – sarà una sensazione inedita: arrivare a uno Slam con un titolo da difendere, laddove ho giocato il mio miglior tennis. Voglio passare queste settimane in modo positivo, prepararmi al meglio e cercare di ricostruire le emozioni positive dell'anno scorso”.
"POSSO VINCERE UN ALTRO SLAM"
Non sarà facile ricreare la situazione dell'anno scorso, quasi di magia. “E' difficile spiegare, lo senti nell'aria. Non è che puoi premere un bottone, attivi la magia e la utilizzi. E' venuto tutto in modo naturale. Sto provando a sentirmi come l'anno scorso, ma vedremo che succederà”. Cilic è un tipo tranquillo, parla il giusto e non si è mai distinto per affermazioni troppo vivaci. Per questo non sorprende che non senta chissà quale cambiamento per lo status di Slammer. “Ma un pizzico di spavalderia potrebbe essere utile. Tuttavia mi domando se dovrei essere più arrogante. Non so, io non lo sono. Penso come prima, con lo stesso atteggiamento. Ma chi lo sa, magari posso essere più fiducioso nel mio gioco, pensare a quello che sono in grado di fare”. Il suo modello? Sempre lo stesso: Stan Wawrinka. L'Australian Open ha dimostrato che gli Slam non sono affar privato dei Fab Four. “Avete visto che Stan si è ripetuto? Ha dimostrato che non era stato un colpo di fortuna. E' stato lo stesso con me: mi sono meritato quel successo, giocando un tennis incredibile”. Ed ecco che arriva quel pizzico di spavalderia in più. Niente di fastidioso, ma un segno verbale per marcare la differenza rispetto a 12 mesi fa. “Una vittoria Slam non piove dal cielo. Sento, sicuramente, di avere la possibilità di vincerne un'altra. Quando? Non lo so, spero il prima possibile. Aspettare mi sta bene, ma sono totalmente concentrato sul presente”.