Una storia affascinante, ma anche sconosciuta. E’ la storia dimenticata di una grande giocatrice, con sprazzi da campionessa. Negli anni 90, la faentina Flora Perfetti era una delle migliori azzurre. Ha avuto l’onore e l’onere di giocare in Fed Cup nell’anno più buio, quando eravamo nelle serie inferiori e ci toccò un’infame trasferta in Indonesia. Flora giocò e vinse. Anche da lì, grazie a lei, è fiorito il germoglio che oggi ha portato a tante vittorie. Flora ama il tennis e non lo ha abbandonato nemmeno in un periodo durissimo, quando nel 2012 le hanno diagnosticato un tumore maligno. A parte una classifica WTA che non l’ha mai spinta oltre la 54esima posizione, è stata tra le giocatrici più importanti della transizione italiana dal periodo di Raffaella Reggi e Sandra Cecchini (romagnole come lei) e le campionesse di oggi. Una giocatrice di cuore e talento che oggi è diventata una mamma coraggio.
Flora, che è stato di te dopo il ritiro?
Ho giocato il mio ultimo torneo nel 2000 e lo vinsi. Era un ITF da 25.000 dollari a Grado, dove tra l’altro battei anche Flavia Pennetta. In quel periodo avevo una relazione con il giocatore marocchino Brahim Elbertaai, cugino di Younes El Aynaoui. Rimasi incinta e lasciai il tennis professionistico a 31 anni per dedicarmi a mio figlio, pur continuando a giocare a livello nazionale (gare a squadre, tornei open…). Dopo cinque anni è terminata la storia con Elbertaai e ho avuto una relazione con l’ex giocatore Fabio Beraldo. In questi anni sono rimasta legata al tennis continuando a giocare al Club Atletico Faenza: ancora oggi, faccio parte del team dei maestri.
Non ti sembra di essere stata un po’ dimenticata?
Per una donna è più complicato restare nel giro, specie quando hai figli e metti su famiglia. Io mi sono dedicata molto ai miei figli e mi sono “accontentata” di fare la maestra, anche se le mie ambizioni erano un po più elevate, magari allenare una giocatrice tra le top-150 WTA. Il problema è che quando segui una tennista la devi accompagnare in giro per il mondo. Ad ogni modo oggi seguo i miei figli: il più grande si chiama Noah, il secondo ha 8 anni e si chiama Lorenzo, avuto con Fabio Beraldo, che si sta facendo onore nei tornei Under 10. Tra l’altro adesso sono single: mi sono trovata da sola con due figli e mi sono adattata a una situazione non semplicissima.
Il tuo primogenito si chiama Noah in onore del tennista?
Esatto. Quando sono rimasta incinta abbiamo deciso così perchè Brahim era molto amico di Yannick, avevano anche fatto un’esibizione a Marrakech. Tra l’altro il nome mi piaceva molto, così abbiamo deciso di comune accordo. Purtroppo con lui non è finita benissimo perchè venivamo da culture diverse, mi sono venute un po’ di paure e ho preferito non farglielo riconoscere. Infatti mio figlio si chiama Noah Perfetti. Col senno di poi è stato meglio così.
Sappiamo che hai avuto una grave malattia…
Ho scoperto tutto il 27 marzo 2012, ma ero malata già da un anno. Il dottore non fu impeccabile perchè non mi fece fare la TAC sebbene lo chiedessi da mesi, dicendogli che avevo un forte mal di testa e che non ci sentivo dall’orecchio destro. Non riuscivo a dormire la notte, ad appoggiare la testa sul cuscino…sono andata avanti così per un anno. Nel 2011, tra l’altro, con questo problema, ho giocato e vinto i campionati over 40 insieme a Marzia Grossi. Venni a scoprirlo tramite una visita dall’otorino, poiché si trattava di un carcinoma indifferenziato al rinofaringe. Quando mi disse che era un tumore maligno mi è caduto il mondo addosso. Per prima cosa ho pensato ai figli, ma poi arriva il momento in cui devi essere forte. Non hai alternative. Il 2012 è stato l’anno peggiore della mia vita, ho dovuto combattere con cure devastanti: mi hanno fatto tre chemioterapie, e dopo ognuna seguiva un ricovero di cinque giorni con una flebo attaccata per 24 ore su 24. Dopo la chemio c’è stata la radioterapia, con 30 sedute da 15 minuti. Ma sono guarita: è stato bellissimo quando il dottore mi ha assicurato che sarei tornata quella di prima. Per fortuna era un tumore guaribile. Oggi faccio i controlli ogni 6-7 mesi, ma è stata certamente la partita più dura della mia vita.
Nel mondo del tennis c’è stato qualcuno che ti è stato particolarmente vicino?
Una persona in particolare: Raffaella Reggi. In passato non eravamo state troppo amiche, ma dopo questo episodio è cambiato tutto. Ci sentiamo, usciamo, andiamo a cena, ogni tanto viene al club e facciamo due chiacchiere. Essendo entrambe di Faenza, avrebbe potuto esserci la possibilità di giocare insieme, ma non era mai successo. Invece durante la malattia è venuta all’ospedale a Ravenna a sostenermi. Non me l’aspettavo, è stata una bella sorpresa. Mi è stato vicino anche Fabio Beraldo, ha sofferto molto anche lui.
Rapporti con le istituzioni tennistiche?
Un paio d’anni fa ho chiesto tre biglietti per assistere agli Internazionali BNL d’Italia, feci alcune telefonate e parlai con Sergio Palmieri. Alla fine me li ha fatti avere, ma io non ebbi la possibilità di andarci. Magari potrebbero fare un po’ meno fatica nel concedere qualche biglietto alle ex giocatrici (in fondo io ho giocato sul centrale contro Gabriela Sabatini…), ma nel complesso sono stati abbastanza carini.
Tu hai giocato in Fed Cup. Quanto è grande il rimpianto per aver giocato una partita senza grosso interesse, mentre oggi la nazionale è molto seguita? Ti senti un po’ sfortunata per aver giocato in un periodo difficile per il tennis italiano, mentre oggi saresti certamente più nota?
No, assolutamente. Anzi, mi sento fortunata perchè ho fatto quasi tutto da sola. Arrivare in Fed Cup fu molto importante, avrei giocato anche gratis. Per me, vestire la maglia azzurra è stato il top. Oggi c’è più pubblicità e le italiane hanno una classifica migliore, ma non mi sento sfortunata. Quell’anno si giocò in Serie B, ma fummo promosse insieme a Farina, Pizzichini e Lubiani. Insomma, un piccolo contributo credo di averlo dato.
In quegli anni ripetevi spesso che non amavi abbandonare Faenza. Col senno di poi, pensi che con una mentalità diversa saresti diventata più forte?
Sicuramente. E’ stato il mio più grande limite, me ne rendo conto. Con una mentalità diversa sarei entrata sicuramente tra le top-20. Non dimenticherò mai Leonardo Lerda, allenatore argentino di Silvia Farina. Mi disse che le prime 20 erano assolutamente alla mia portata: “Sei forte fisicamente, sai variare, ti adatti molto bene all’avversaria e sai fare un po’ di tutto”. Poi ero molto grintosa e avevo voglia di sacrificarmi. Inoltre mi capitava spesso di battere la Farina, anche con punteggi netti. Ero interessata alla sua proposta, ma quando mi rivelò la sua tariffa…mi resi conto di non potermelo permettere. Voleva 1.000 euro a settimana. Purtroppo, per giocare a tennis ci vogliono soldi. Io non avevo niente, zero sponsor, facevo tutto con le mie forze e gli introiti delle gare a squadre. E’ andata così, non ho nessun rimpianto e sono contenta di quello che è stato.
Oggi, a 46 anni, Flora Perfetti è una persona felice?
Direi di si. L’unica cosa che davvero mi manca è l’affetto di una persona. Sto investendo tutto sui miei figli e magari trascuro un po’ me stessa, ma nel complesso mi sento felice. Quando vinci una malattia e hai due bambini meravigliosi…alla fine cosa vuoi di più? Sarebbe bello avere qualcuno che mi ama, con complicità…ma al giorno d’oggi direi di sentirmi felice.