Il virus Schiavone non si infila nel sistema operativo della Azarenka: finisce 6-3 6-0 per la bielorussa. Francesca perde l’ultimo punto nello stesso modo in cui vinse il torneo tre anni fa. 
La gioia di Vika Azarenka: le sono bastati 71 minuti per battere la Schiavone

Di Riccardo Bisti – 3 giugno 2013

 
La favola non ha avuto il lieto fine. I sogni facevano sperare in una bella partita di Francesca Schiavone contro Victoria Azarenka. L’aria di Parigi, le magie dei turni precedenti…ma i sogni non tengono conto della realtà e nemmeno della razionalità. La Schiavone è una splendida terraiola, ma sul rosso aveva perso due volte su due contro la bielorussa, peraltro quando era ancora una teenager. Le variazioni di Francesca non sono efficaci come con altre giocatrici. E' così per due motivi: la palla di Vika viaggia il doppio, e le sue gambe si muovono rapidissime. La Azarenka è una picchiatrice, ma ha compiuto il salto di qualità quando ha iniziato a muoversi meglio. Il segreto sta tutto lì. Ed è inutile appigliarsi al 3-3 che Francesca era riuscita ad arpionare in avvio. Avrebbe potuto essere 5-1 e non ci sarebbe stato nulla da dire, giacché i due break (gli unici) della Schiavone sono maturati in altrettanti game in cui era stata sotto 40-0 e 40-15. C’è poco da stupirsi, dunque, che la Azarenka abbia infilato nove giochi di fila, mettendo in mostra una superiorità a tratti imbarazzante, sigillata dal 6-3 6-0 finale. La milanese costruisce le sue fortune con la differenza di peso tra dritto e rovescio. Con il primo usa la spada, con il secondo colpisce di fioretto. Il sistema operativo del Computer-Azarenka è stato aggiornato per non andare in crisi con questo tipo di virus. Trovato l’antidoto, Francesca non aveva più armi.
 
Perdere contro la Azarenka ci può stare. Non macchia il Roland Garros della Schiavone. Ben diverso sarebbe stato cedere alla Flipkens o alla Czink. O alla Lepchenko, in un match pieno di rimpianti come quello dell’anno scorso. Il dispiacere nasce dai ricordi, dai flashback che possono anche fare male. Tre anni fa, Samantha Stosur steccò un rovescio e diede alla Schiavone il trionfo. Oggi, nella stessa zona di campo, Francesca ha commesso un errore analogo sul matchpoint. Come se fosse una chiusura del cerchio, la fine di un ciclo. Il Campo Chatrier non era vestito a festa come quel 5 giugno. C’era poca gente, come capita nei match delle 11 del mattino. Non c’era la carica, l’elettricità nell’aria che si è attaccata a Francesca come una presa di corrente contro Flipkens e Bartoli. Senza la scossa energetica, Francesca è tornata ad essere una giocatrice normale. Per lei, speciale per definizione, non va bene. E non stupiscono i 24 errori gratuiti a fronte di 10 colpi vincenti. Ancora peggio al servizio, con sette break concessi in otto turni di battuta. Se raccogli appena il 16% dei punti con la seconda palla, diventa dura. Molto dura. Da parte sua, la Azarenka ha imparato a muoversi bene sulla terra ma deve mettere a posto il servizio: terrorizzata all’idea di fare doppio fallo, tirava prime palle a tre quarti di velocità con una percentuale dell’88%. Contro questa Schiavone può funzionare, ma contro grandi ribattitrici può essere un handicap. Sara Errani lo sa bene. Sarà proprio la romagnola l’ultima traccia d’Italia in questo Roland Garros.