La bella storia di Malek Jaziri, grande protagonista al torneo di Pechino. Otto anni fa, mentre si allenava, sentì il rumore di spari ed elicotteri: stava iniziando la destituzione di Ben Ali. A 34 anni ha imparato a vivere da professionista, mettendo da parte la pigrizia e gli eccessi che ispirarono la storica frase di Goran Ivanisevic…

Dopo la splendida vittoria al Roland Garros, Francesca Schiavone fu protagonista di uno spot televisivo contro il razzismo. “Lo sport non divide: unisce” diceva Francesca, mentre abbracciava due bambini. Sull'argomento avrebbe molto da raccontare Malek Jaziri. Il tunisino viene da Bizerte, in Tunisia, e ha una storia molto particolare. Di quelle che fanno riflettere e, magari, scaldano il cuore. Miglior giocatore tunisino di ogni tempo, si era trasferito in Spagna per diventare un vero professionista. Ma il richiamo della sua terra era troppo forte, così decise di tornare a Tunisi. Era il dicembre 2010 quando Malek (che si trovava su un campo da tennis) sentì il rumore di spari ed elicotteri. Attorno a lui urla, disperazione, gente che si disperdeva ovunque. Era appena iniziata la Rivoluzione che avrebbe destituito il governo dell'ex presidente Ben Ali. “I primi giorni sono stati molto difficili – racconta Jaziri, oggi intorno al numero 61 ATP e grande protagonista al torneo di Pechino – non potevo viaggiare perché era stato chiuso l'aeroporto. E non potevo neanche allenarmi, perché chiunque correva vedeva puntarsi un fucile alla schiena”. Tornò a Bizerte, dove c'è anche un tennis club a suo nome, e aspettò la fine della tempesta. E' andata benino: dal 2011, la Tunisia ha messo in piedi un fragile regime democratico. “L'assenza di un dittatore ti fa sentire libero – ha detto Jaziri – puoi fare e dire quello che vuoi. Prima dovevi pensarci tre volte prima di esprimere il tuo parere”. Malek si è tuffato nel Tour ATP, ottenendo risultati inediti per un tunisino: secondo turno in tutti i tornei del Grande Slam, con il picco di due terzi turni in Australia.

GLI ORDINI DEL GOVERNO
Ma quel benedetto passaporto tunisino non ha smesso di creargli problemi: nel 2013, durante il torneo di Tashkent, alla vigilia del match contro l'israeliano Amir Weintraub, ricevette la seguente mail dalla sua federazione:“A seguito di un incontro con il Ministero dello Sport e della Gioventù, le informiamo con rammarico che le viene ordinato di non giocare contro il tennista israeliano”. Per la prima volta, la politica entrava a gamba tesa nel tennis. Inutile spiegare le ragioni: Israele non ha rapporti diplomatici con i paesi del mondo arabo, Tunisia compresa. Jaziri abbozzò, si inventò un infortunio e lo comunicò al supervisor Carmelo Di Dio. Ma ben presto emerse la verità, quando il fratello rese pubblico il testo della mail. La comunità tennistica si indignò con la Tunisia: è inaccettabile che la vita di due atleti possa essere condizionata da volgari manovre politiche. La Federazione Internazionale sospese la Tunisia dalla Coppa Davis per tutto il 2014. La vicenda fu resa ancora più triste dai rapporti che intercorrono tra Jaziri e Weintraub: i due sono amici, sinceri amici. L'anno prima avevano addirittura giocato il doppio insieme in una gara a squadre in Francia. Ma non è finita qui: nel 2015, Malek si ritirò durante il primo turno del torneo ATP di Montpellier: in caso di vittoria, avrebbe affrontato l'israeliano Dudi Sela. Si scatenarono gli stessi sospetti di due anni prima, con tanto di indagine ufficiale da parte dell'ATP. Finì con un nulla di fatto, poiché il certificato medico evidenziava la reale esistenza di un infortunio al gomito. Nonostante le mille distrazioni extra-tennistiche, Malek ha tirato fuori il meglio dopo i 30 anni di età. Sarà merito della famiglia (si è sposato con Jihene nell'aprile 2015, e l'11 maggio 2016 è nato Malek Jr.), o forse perché ha dato ascolto ai consigli di Goran Ivanisevic.

LA FRASE DI IVANISEVIC​
La curiosa amicizia è nata nel 2014, in occasione dell'International Premier Tennis League. Sempre senza peli sulla lingua, l'ex campione di Wimbledon disse: Malek non si allena, non va in palestra, non ha idea di cosa sia il tennis…eppure è numero 70 del mondo. Possiede un talento incredibile”. Forse Goran è riuscito a motivarlo, a dargli la scossa giusta. Risultato: ha raggiunto un paio di semifinali nel circuito ATP, poi quest'anno ha giocato la sua prima finale, a Istanbul. Si è anche aggiudicato l'importante Challenger di Le Gosier e ha centrato un posto tra i primi 50 (il 13 febbraio 2017 si è accomodato al numero 47, best ranking attaccabile già a Pechino). Può salire ancora, perché il talento è superiore alla media e l'età dei top-players, sempre più alta, gli concede ancora qualche anno. “Sono diventato un professionista – ha raccontato il tunisino – ho smesso di assumere cibi col glutine e bevande zuccherate, ho già perso cinque chili”. Come se non bastasse, si è dedicato allo yoga, utilissimo per migliorare la respirazione. Malek ha iniziato la sua carriera tardi, dunque il corpo è ancora integro e la Tunisia, forse, è ancora in tempo per festeggiare un grande tennista. La sua storia ci ricorda che lo sport deve soltanto unire, e mai dividere. Lo diceva Francesca Schiavone, Malek Jaziri lo sta vivendo sulla sua pelle. E chissà che un giorno non possa vivere un lieto fine, magari insieme a un collega israeliano.