Nel terzo singolare viene schierata Roberta Vinci, ma non c’è nulla da fare. In finale ci va la Repubblica Ceca. A Ostrava abbiamo perso 9 partite su 9 negli ultimi tre anni.
Di Riccardo Bisti – 20 aprile 2014
Corrado Barazzutti se lo ricordava bene. Il 20 aprile 2013, esattamente 365 giorni fa, Roberta Vinci aveva inflitto una dura lezione a Petra Kvitova. Al Circolo Tennis Palermo, la ceco affogò sulle sabbie mobili, incapace di tenere un solo turno di servizio, ridicolizzata dai tagli assassini di Roberta, decisamente a suo agio nella città dove risiede. Memore dell’episodio – e passando sopra le sue abitudini – il capitano azzurro ha lasciato da parte Sara Errani (impietoso 0-6 in carriera con la Kvitova) e ha tentato il tutto per tutto schierando Roberta, in crisi tecnica e vincitrice di appena due partite in tutto il 2014. Sullo 0-2, in un teatro ostico come la CEZ Arena, non c’era altro da fare. E’ stato ripagato da una buona prestazione, ma non è bastato: la Kvitova è troppo forte, anche perché a casa sua (la natia Bilovec non è così distante da Ostrava) diventa quasi imbattibile. Nel 6-3 7-5 che ha spinto la Repubblica Ceca in finale c’è stato equilibrio, persino un po’ di tensione agonistica. Mentre nella prima giornata c’era stato un divario piuttosto netto, le recriminazioni di Roberta sono reali. In particolare, non soffre granchè le rotazioni mancine della Kvitova. Lo scorso anno, i turni di servizio furono un incubo per la ceca. Poteva andare così anche stavolta: Roberta ha avuto due palle break sull’1-1, e soprattutto ben sei sul 3-3. Avesse messo il naso avanti, qualche fantasma avrebbe potuto materializzarsi nella mente di Petra, tanto possente quanto fragile. Sciupate le occasioni, Roberta ha subito il contraccolpo e ceduto il servizio nel game successivo, peraltro commettendo due doppi falli di fila. Qualche recriminazione anche nel secondo set, dove la Kvitova si è distratta un paio di volte: avanti 1-0 e poi 4-3 col servizio a disposizione, ha concesso per due volte il controbreak a Roberta. Il problema è che l’azzurra non è mai riuscita a portarsi in vantaggio, a dare l’illusione di “sporcare” il match. Il break nell’undicesimo game era quello buono. Un ace da sinistra spingeva la Repubblica Ceca in finale contro la Germania (giocheranno in casa, i prossimi 8-9 novembre) e rimandava i sogni italiani al 2015.
IL MALEDETTO FATTORE CAMPO
Il tennis italiano conferma di patire una sorta di “maledizione” della CEZ Arena. Negli ultimi tre anni ci siamo recati tre volte in questo impianto (due in Fed Cup, una in Coppa Davis) e non abbiamo vinto una sola partita a risultato non acquisito. 3-0 nel 2012 (incassato da Schiavone ed Errani), 3-0 nel 2013 (vittime Seppi, Bolelli e Starace) e 3-0 anche quest’anno, senza intascare neanche un set. Limitandoci alla Fed Cup, nel 2012 la resistenza fu leggermente più accanita: le azzurre raccolsero 24 game nelle tre partite, mentre stavolta si sono limitate a 19. Non cambia molto: su questa superficie, Safarova e Kvitova hanno qualcosa in più delle nostre, esattamente come noi abbiamo qualcosa in più sulla terra rossa. Lo abbiamo dimostrato nel 2010 a Roma e nel 2013 a Palermo. L’incredibile incidenza del fattore campo ravviva la riflessione di qualche mese fa, quando si parlò delle proposte WTA per modificare la Fed Cup, in particolare l’idea di giocare la finale con l’affascinante formula di andata e ritorno. Non accadrà mai, anche perché l’ITF tiene molto al format attuale, anche a costo di fronteggiare il calendario regolare (questa settimana si è giocato a Kuala Lumpur, con Dominika Cibulkova in campo mentre la sua Slovacchia si giocava la permanenza nel World Group in Canada). Tuttavia, dando per scontato che Italia e Repubblica Ceca sono le squadre più forti al mondo (anche se – in potenza – ci sono squadre molto interessanti: Germania, Serbia, Romania, Russia, Stati Uniti), fossimo nelle giocatrici avremmo la curiosità di sapere qual è la squadra più forte. E un’eventuale sfida con andata e ritorno potrebbe dare qualche risposta.
ITALIA, QUALE FUTURO?
Al di là di questo, l’Italia non esce con le ossa rotte da Ostrava. Abbiamo perso nettamente, ma non ci sono state vere sorprese. L’unico dubbio riguarda l’assenza di Flavia Pennetta. Con classe, esperienza e adattabilità ai campi veloci, avrebbe potuto mettere in difficoltà le ceche e magari batterle. Non sarebbe stata una sorpresa. Invece Flavia ha preferito disertare: sabato sera si trovava a Barcellona insieme a Fabio Fognini e amici, ed è iscritta al torneo di Stoccarda, dove esordirà contro Andrea Petkovic, reduce dalla terrificante trasferta australiana che ha comunque portato la Germania in finale dopo 22 anni. La Pennetta ha vinto tre Fed Cup da protagonista ed è perfettamente legittimata a non giocare, come ogni professionista ha il diritto di scegliere la propria programmazione. Tuttavia, riteniamo che non abbia fatto una figura straordinaria nel rinunciare alla convocazione per “prendersi cura del polso”. L’anno prossimo Flavia avrà 33 anni, e con una Schiavone ormai fuori dal giro della nazionale, è legittimo pensare che l’Italia andrà avanti con queste giocatrici, dando sempre più importanza a Camila Giorgi. E’ una buona nazionale, ottima sulla terra battuta, ma forse non sarà così facile vincere come accadeva negli anni passati. Molto dipenderà dalla fortuna nei sorteggi e dal solito fattore-campo, sempre più decisivo in questa competizione.
FED CUP 2014 – SEMIFINALI
REPUBBLICA CECA – ITALIA 4-0
Lucie Safarova (CZE) b. Sara Errani (ITA) 6-4 6-1
Petra Kvitova (CZE) b. Camila Giorgi (ITA) 6-4 6-2
Petra Kvitova (CZE) b. Roberta Vinci (ITA) 6-3 7-6
Hlavackova / Koukalova (CZE) b. Knapp / Giorgi (ITA) 6-2 5-7 11-9
AUSTRALIA – GERMANIA 1-3
Andrea Petkovic (GER) b. Samantha Stosur (AUS) 6-1 7-6
Angelique Kerber (GER) b. Casey Dellacqua (AUS) 6-1 6-0
Angelique Kerber (GER) b. Samantha Stosur (AUS) 4-6 6-0 6-4
Barty / Dellacqua (AUS) b. Goerges / Groenefeld (GER) 6-2 6-7 10-2
Post correlati
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...