WIMBLEDON – Feder riporta il tennis a dieci anni fa, dominando il bombardiere Raonic come faceva con Philippoussis e Roddick. Il 18esimo Slam è ad un passo.
Di Alessandro Mastroluca – 5 luglio 2014
Rinato il 4 luglio. Roger Federer, mai sconfitto nelle nove semifinali giocate a Wimbledon, si avvicina a scrivere un altro pezzo di storia di questo sport. Nella sua 25ma finale Slam, proverà a diventare il primo a vincere otto titoli ai Championships. È una partita senza storia quella con Milos Raonic, una partita che segue senza deviazioni il binario strategico più prevedibile e consegna allo svizzero la 40ma vittoria stagionale: solo Nadal ha fatto meglio di lui. “Mi aspetto molto da me stesso qui – ha detto Federer – ho giocato bene sotto pressione, sono molto contento di aver passato la prima settimana senza problemi. Ora non vedo l'ora di giocare un altro grande match contro Djokovic”. Sarà la prima sfida davvero dura in tutto il torneo per Federer, che ha vinto 18 delle 34 sfide contro il serbo. Curiosamente, si sono affrontati una sola volta in una finale Slam, agli Us Open 2007, e una a Wimbledon: Federer le ha vinte entrambe. “E' sempre grandioso giocare con Novak – ha detto lo svizzero – sono sempre state belle partite, ultimamente ci siamo incontrati spesso, a volte ha vinto lui, a volte io. È un grande campione, anche lui è abituato a queste occasioni, anche lui ha già vinto questo trofeo per cui sa come si fa. Trionfare per l'ottava volta significherebbe molto per me. Sono incredibilmente orgoglioso ogni volta che scendo in campo qui. Ricordo ancora la prima volta, è stato speciale, un sogno diventato realtà”.
RAONIC SENZA SERVIZIO
Viste le premesse (Federer imbattuto contro i canadesi, Raonic sempre sconfitto dagli svizzeri), lo scenario è chiaro da subito. Per evitare la quinta sconfitta contro l'ex numero 1 del mondo e l'ottava consecutiva contro un top-4, Raonic ha una sola tattica possibile: affidarsi al servizio. Ma la prima lo tradisce proprio quando gli servirebbe di più: nel primo game del match e nell'ultimo turno di battuta del secondo e del terzo set. Di fatto, il triplo 6-4 è tutto qui perché il canadese può vincerla in un solo modo, ma ha bisogno della perfezione con l'unico colpo in grado di bilanciare almeno un po' il gap tecnico. Perfezione che invece rimane lontana, al di là dei 17 ace: pesa, e tanto, il modesto 50% di punti raccolti con la seconda. Federer, invece, può vincerla in tanti modi e porta l'immaginazione al potere. “Quando Federer colpisce – commenta Jimmy Connors – sa che andrà bene. Quando Raonic colpisce spera che vada bene”. Ogni altro commento è francamente superfluo. Federer vince di costanza, solo 11 gratuiti, vince con una rinnovata efficacia dalla parte sinistra, una costante che lo sta accompagnando dall'inizio del torneo. Vince, ed è forse questo l'aspetto che dovrebbe preoccupare di più Piatti e Ljubicic, scendendo a rete 11 volte più di Raonic, 32 a 21. Il canadese, come abbiamo raccontato, sta lavorando benissimo sulla pazienza, sull’idea di piegare la sua indole a uno sport che sta viaggiando in un'altra direzione. Non è un caso, per esempio, che nessuno dei top-5 nel ranking ATP sia tra i migliori battitori ma sono tutti nelle primissime posizioni per i punti alla risposta. Raonic, che a Wimbledon ha mantenuto una media intorno al 60% tra ace e servizi vincenti, è spesso apparso lento in uscita dal movimento di servizio, quasi sorpreso che così tante palle gli tornassero indietro. In queste condizioni, contro un avversario superiore in tutti gli altri distretti del gioco, la parola d'ordine di Raonic avrebbe dovuto essere mantenere il controllo a ogni costo, forzare ancora un po' la sua natura e fare della discesa a rete uno schema sistematico, un imperativo categorico. Giocare, dunque, un po' come ha fatto Stakhovsky l'anno scorso.
NEOCLASSICO vs. MODERNO
Ha scelto una strada diversa, meno responsabilizzante, più conservativa. Ma così facendo ha lasciato che fosse Federer a scegliere, gli ha concesso di dettare i tempi, di aspettare il momento giusto per azzannare la preda. Gli ha concesso di fare, in fondo, quello che gli è sempre piaciuto di più, di giocare come piace a lui, di vincere a modo suo. E così, dopo essersi comunque preso un posto nella storia del tennis canadese, si è auto-relegato a un ruolo da comprimario. Federer si è preso di nuovo le luci della ribalta a Wimbledon davanti al suo idolo Rod Laver, che non ha fatto nulla per nascondere la sua soddisfazione nel Royal Box. Forse fra dieci anni ricorderemo questa giornata come l'ultimo testardo tentativo del neoclassico di sopravvivere al moderno, come il colpo di coda del presente di fronte all'inevitabile avanzata del futuro. Ricorderemo la vittoria di Federer e il “suicidio” tennistico di Dimitrov contro Djokovic come oggi guardiamo allo Us Open 1981, quando Gerulaitis sconfisse Lendl prima che Borg e McEnroe giocassero l'ultima finale Slam nell'era delle racchette di legno. Nella guerra dei mondi di oggi, Roger Federer può ancora sentirsi come dieci anni fa, quando era il Re incontrastato del lawn tennis e dei prati più aristocratici che questo sport abbia mai conosciuto. Almeno fino a domenica.
WIMBLEDON 2014 – UOMINI
Semifinali
Novak Djokovic (SRB) b. Grigor Dimitrov (BUL) 6-4 3-6 7-6 7-6
Roger Federer (SUI) b. Milos Raonic (CAN) 6-4 6-4 6-4
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