La Sharapova avrebbe voluto cambiare cognome per lo Us Open, prendendo quello della sua linea di caramelle. Tanta pubblicità, ma era impossibile che l'idea si concretizzasse.
Maria Sharapova durante uno dei tanti eventi "Sugarpova"
Di Riccardo Bisti – 21 agosto 2013
Non era mai successo niente di simile: Maria Sharapova avrebbe voluto giocare a New York…con un altro cognome! Per due settimane, si sarebbe chiamata “Sugarpova”, dal nome delle caramelle lanciate qualche tempo fa e al cui successo, evidentemente, tiene molto. Tuttavia, dopo che la notizia ha fatto il giro del mondo dopo essere uscita sul “Times” a firma Neil Harman, si è già sgonfiata. Allo Us Open, scenderà regolarmente in campo con il suo nome. I fatti: sembra che la Sharapova abbia chiesto alla Corte Suprema della Florida di cambiare ufficialmente il cognome legale da “Sharapova” a “Sugarpova”. Qualcuno l'ha già fatto, ma in questo caso sarebbe stato un chiaro tentativo di promuovere un prodotto. Scopo di lucro, dunque. Nel 2008, l’ex giocatore di football americano Chad Johnson ha avuto l’autorizzazione dalla stessa corte a cambiare il proprio nome in Chad Ocho Cinco. Johnson, noto per la sua personalità esuberante, voleva che il suo cognome riflettesse il suo numero di maglia (85) nella dizione spagnola. Lo scherzo è durato quattro anni: lo scorso anno ha ripreso a chiamarsi Johnson dopo che il tribunale della Florida ha accolto la richiesta di tornare al nome originale. Erano più profonde le ragioni che hanno spinto il giocatore di basket Ron Artest a chiedere il cambiamento del cognome: nel tentativo di dare un messaggio di pace e amicizia ai giovani, ha chiesto di potersi chiamare “Metta World Peace”. Il passaggio è avvenuto nel settembre 2011 e ancora oggi si chiama così.
Sono soltanto i casi più noti, ma nessuno aveva ragioni spiccatamente commerciali. Forse anche la scelta di Johnson aveva scopi di lucro (vendere più magliette con il numero 85), ma era stato più discreto. La trovata pubblicitaria della Sharapova ha destato l’interesse dei media di tutto il mondo. Tuttavia, difficilmente avrebbe ottenuto l’effetto sperato. Ne è convinto Michael Zammuto, presidente di Brand.com, interpellato da Forbes, lo stesso magazine che aveva incoronato la russa come sportiva più ricca del pianeta. “E’ divertente provare a farsi pubblicità sul breve termine – dice Zammuto – ma di sicuro non avrebbe cambiato la direzione commerciale del suo prodotto”. Sui motori di ricerca, il nome “Sharapova” viene cercato un milione e mezzo di volte al mese contro le 18.000 di “Sugarpova”. “Così facendo, avrebbe ottenuto un po’ di attenzione ma non sarebbe riuscita a colmare il divario di popolarità tra i due brand”. Zammuto ha anche spiegato che gli sponsor della Sharapova non sarebbero stati contenti del cambio. E non si tratta di aziende di secondo piano: Nike, Head, Samsung, Tag Heuer, Cole Haan, Porsche ed Evian. “Penso che Sugarpova abbia bisogno di un re-branding – conclude Zammuto – hanno costruito l’intera campagna promozionale su di lei. Ho l’impressione che non stia andando troppo bene”. Ad ogni modo, l’opzione Sugarpova resterà una fantasia. Secondo Max Eisenbud, agente della giocatrice (nonchè amministratore delegato di Sugarpova), il cambiamento sarebbe stato “troppo una seccatura”. “Abbiamo seriamente preso in considerazione l’idea – ha detto Eisenbud, affermando che la Sharapova è in possesso della Green Card ma avrebbe dovuto sottoporsi a un controllo approfondito, il rilascio delle impronte digitali e un’udienza davanti a un giudice – Sugarpova è un brand divertente e avremmo voluto fare qualcosa di diverso rispetto al solito cartello pubblicitario”. Oltre al cambio di cognome, Maria avrebbe indossato un badge Sugarpova nel suo completo Nike.
Secondo qualche malizioso è stata una maxi-trovata commerciale per lanciare un evento Sugarpova a New York e per distogliere l’attenzione dal Caso-Connors, con il vecchio Jimbo assunto come coach e licenziato dopo appena una partita, manco la Sharapova fosse Zamparini. Tuttavia esistono almeno tre ragioni per cui il cambio di cognome non avverrà mai. In primis, il nome “Sharapova” significa molto nel tennis. Ha vinto molto, è l’atleta più pagata…e tanti marchi l’hanno scelta come testimonial perchè si chiama “Sharapova” e non per altre ragioni. Buttare via nove anni d’immagine per vendere qualche caramella in più sarebbe stata una follia. In secundis, non sarebbe stato un procedimento semplice. Maria non avrebbe mai potuto farlo alla vigilia dello Us Open, tenendo conto che un processo accelerato avrebbe necessitato almeno due settimane. Per chiudere, cosa avrebbe pensato la Nike nel vedere il logo Sugarpova nel suo kit pensato appositamente per lo Us Open? C’è un dettaglio che pochi conoscono: Gli atleti Nike (tra cui Federer, Nadal, Serena Williams, Azarenka e Del Potro) hanno il divieto di indossare badge pubblicitari nel loro abbigliamento Nike. L’unica a godere di un’esenzione è Na Li, il cui contratto ha una clausola che le consente di indossare il logo Mercedes e quello di Taikang (una compagnia assicurativa cinese). Non risulta che la Sharapova goda di un’esenzione di questo tipo. Anche per questo, l’effetto Sugarpova si sgonfierà rapidamente così come si è creato.
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