Tra comunicati e contro-comunicati, è polemica senza esclusione di colpi tra l’ITF e l’avvocato di Maria Sharapova. Certi passaggi esulano dal caso in questione e abbracciano l’intero sistema antidoping. Affrontiamo gli oggetti del contendere e cerchiamo di capirci qualcosa. Ovviamente, le ragioni non sono tutte dalla stessa parte…Non era mai accaduto che un caso di doping continuasse a far discutere anche a processo terminato. Maria Sharapova tornerà a giocare il 26 aprile 2017, scontata la squalifica di 15 mesi, ma le parti continuano a punzecchiarsi. Tutti vogliono avere ragione, tutti vogliono l’ultima parola. Siamo andati ben oltre la semplice diatriba “Maria Sharapova vs. International Tennis Federation”. Non c’è dubbio che la storia dell’antidoping avrà una “prima” e un “dopo” delineato dal caso Sharapova. La sensazione è che qualcosa cambierà. Nella mattinata di giovedì, l’ITF ha diffuso un comunicato in cui ha provato smentire alcune asserzioni della Sharapova. In particolare, hanno affrontato quattro tematiche:
1) Hanno negato di aver chiesto al Tribunale di primo grado che Masha fosse squalificata per quattro anni.
2) Hanno difeso “l’indipendenza” del Tribunale di primo grado.
3) Hanno ribadito di non essere a conoscenza di quanto fosse utilizzato il meldonium dagli atleti dei vari paesi. Dunque, per deduzione, non erano tenuti a dare particolari avvisi sulla sostanza.
4) Non erano a conoscenza dei nomi degli atleti risultati positivi al meldonium nel 2015, quando la sostanza era “semplicemente” sotto monitoraggio. Si spiega solo così la mancata informativa alla giocatrice dei cinque rilevamenti del 2015. Inoltre, la WADA ha pubblicato i risultati del programma di monitoraggio solo nel maggio 2016.
Tali asserzioni hanno scatenato John Haggerty, avvocato della Sharapova, che aveva già definito la sentenza del CAS uno “splendido ripudio dell’ITF”. E così, dopo qualche ora, ecco una lettera indirizzata a Stuart Miller (responsabile del programma antidoping ITF) per replicare, punto su punto, alle osservazioni dell’ITF. Vediamole e commentiamole.
LA RICHIESTA DI SQUALIFICA DI QUATTRO ANNI
Secondo Haggerty, l’asserzione ITF è falsa. Per sostenere la sua tesi porta un passaggio della famosa lettera del 2 marzo 2016, in cui la Sharapova fu avvisata della positività. Si diceva che era la sua prima positività: tuttavia, essendo il meldonium una sostanza “non specifica” del programma antidoping, la squalifica sarebbe stata di 4 anni. Per ridurla a 2, la giocatrice avrebbe dovuto dimostrare che il doping non era stato intenzionale. Nelle note inviate al Tribunale, avevano ribadito il concetto: “Se l’imputata dimostra la ‘non intenzionalità’ va squalificata per due anni, altrimenti diventano quattro”. In un altro passaggio, l’ITF era stata ancora più esplicita. Avevano scritto che la giocatrice, pur conoscendo le regole, le ha totalmente ignorate e dunque aveva commesso una violazione intenzionale. Haggerty sostiene che il Tribunale ha negato la volontarietà, mentre loro puntavano a quella e – dunque – alla squalifica di quattro anni.
Haggerty ha ragione soltanto in parte. Nella lettera iniziale, l’ITF ha soltanto riportato l’articolo 10.2.1 (a) del programma antidoping (un malloppo di oltre 250 pagine) in cui si riporta che la sanzione prevista in un caso del genere è di quattro anni, salvo la “non volontarietà”. Insomma, si limitavano a riportare una regola. Stessa cosa nel primo passaggio nelle memorie al Tribunale. Più “scivoloso” il punto in cui dicono che la violazione era stata “intenzionale”. E’ chiaro che l’ITF, in quanto pubblica accusa, volesse il massimo della pena. E’ una deduzione logica che però non trova riscontro nelle carte: non c’è scritto da nessuna parte: “l’ITF ha concluso che Maria Sharapova deve essere squalificata per quattro anni”. Lo volevano, ma non lo hanno scritto esplicitamente.
IL TRIBUNALE ERA INDIPENDENTE O NO?
Qui Haggerty ci va giù ancora più pesante. Nella lettera del 2 marzo era in copia anche Charles Flint, presidente del collegio. “Significa che avevate stabilito il pannello ancora prima di aver avvisato la giocatrice!”. Haggerty ricorda che i tre membri sono stabiliti dall’ITF, mentre nel procedimento al CAS c’è un perfetto equilibrio: uno scelto dalla Corte, uno dall’accusa e uno dalla difesa. E’ vero che la Sharapova avrebbe potuto contestare la nomina dei giudici, ma tale obiezione sarebbe stata valutata dall’ITF. E gli eventuali sostituti sarebbero stati stabiliti…ancora dall’ITF. “Per questo – conclude Haggerty – ogni obiezione di Maria sarebbe stata un esercizio inutile”. Haggerty ha rivelato che la Sharapova aveva chiesto di andare direttamente al CAS, saltando il primo grado, ma le era stato detto di no.
Osservazioni condivisibili fino a un certo punto. Lui parla di “mancanza di neutralità”: non è esatto. Semmai è venuta a mancare è la terzietà dei giudici. Non è corretto che i giudici siano stabiliti da una delle due parti in causa, un po’ come accade nell’ordinamento sportivo italiano. E’ come se l’arbitro di Roma-Lazio fosse deciso da Pallotta o Lotito. Vi sembrerebbe giusto? Al di là di questo, non c’è ragione di credere che i giudici abbiano operato in modo scorretto. Nessuno può dire se fossero neutrali o meno, se non le loro coscienze. Diciamo che sarebbe stata auspicabile una nomina da parte di terzi. Ma sorge il solito problema: nominati da chi? Ah, se il tennis avesse ‘sto benedetto commissioner…
L’ITF AVEVA INFORMATO CORRETTAMENTE?
L’ITF sostiene che la comunicazione delle sostanze proibite sia avvenuta in modo ragionevole, ma Haggerty estrapola alcuni passaggi dell’ultima sentenza. In effetti, il CAS scrive che le autorità antidoping non hanno dato avvisi specifici sul cambio di status del meldonium. “Il CAS ha detto che le vostre notifiche non erano ragionevoli. Avete poi obiettato dicendo di non sapere che il meldonium fosse così usato nell’est europeo. Il fatto è che oltre 50 delle top-100 arrivano da quell’area: non conoscere a sufficienza il meldonium è una pecca che non concede scuse”. Haggerty ha specificato che i tennisti dipendono dall’ITF e dunque è loro interesse rendere di facile lettura le comunicazioni. A suo dire, devono imparare la lezione e giudicare meglio.
Qui la posizione dell’ITF è deboluccia. Il CAS ha ammesso che l’ITF non sapeva che il meldonium era così diffuso, ma non è un alibi. L’ignoranza è certamente una colpa, a maggior ragione se arriva da un’istituzione. Su questo punto ci sentiamo di dare ragione ad Haggerty.
IL MELDONIUM TROVATO CINQUE VOLTE NEL 2015
Nel 2015, il meldonium era tra le sostanze “monitorate” dalla WADA. Non era vietato e non portava sanzioni, ma veniva comunque rilevato. Ed è stato trovato cinque volte nei campioni di Masha. La difesa contesta il fatto di non essere mai stata avvisata del potenziale rischio. L’ITF sostiene che i controlli di monitoraggio sono anonimi e nemmeno la WADA conosce i nomi degli atleti che fanno uso delle sostanze “monitorate”. Inoltre, non vengono diffusi dettagli fino a quando non vengono pubblicati i dati sul programma di monitoraggio. Per l’anno 2015, tali dati sono usciti a maggio 2016. Haggerty replica dicendo che, durante il processo, è parso evidente che la WADA era comunque in grado di tramutare i dati statistici in nomi e quindi informare gli atleti. Al contrario, alla Sharapova e a tutti gli altri è stato detto che l’esito dei test era “negativo”. “Inoltre, l’ITF non ha fatto assolutamente niente per conoscere i nomi degli atleti che correvano un rischio ed eventualmente avvisarli”.
Ha ragione, ma la colpa è soprattutto della WADA. In effetti era compito dell’agenzia mondiale antidoping comunicare agli atleti “a rischio” i pericoli che avrebbero corso dal 1 gennaio. Invece non l’ha fatto. Un po’ pretestuosa la richiesta all’ITF di chiedere in prima persona alla WADA i nomi degli atleti risultati positivi a sostanze NON vietate, ma che poi le sarebbero diventate.
Haggerty chiude auspicando che l’ITF non pubblichi più comunicati definiti “ingannevoli”, riveda il suo processo di comunicazione delle sostanze proibite e che stia più attenta alle sostanze sotto monitoraggio, tutto questo per preservare la salute e i diritti dei giocatori. Ha ragione, anche se si tratta di affermazioni da avvocato. Noi ce lo auguriamo da appassionati. La differenza è sostanziale.
LA SENTENZA DEL CAS DI LOSANNA
LA RABBIA DI MARIA SHARAPOVA CONTRO ITF…
…E LA REPLICA DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE
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