Scopriamo cosa accade nelle lezioni organizzate dall’ATP per dare i giovani tennisti i modelli comportamentali da tenere con la stampa. “Non dovete mai abbassare la guardia”.
Dusan Lajovic ha partecipato alle lezioni ATP
tenutesi a Londra lo scorso 13 novembre
Di Riccardo Bisti – 10 dicembre 2012
La stagione del circuito ATP non è finita lunedì 12 novembre, quando Novak Djokovic si è aggiudicato il Masters. E’ terminata la mattina dopo, dall’altra parte della città, quando una dozzina di giocatori, computer in mano, si sono seduti in un’aula improvvisata e hanno provato a seguire i loro esempi. Ma stavolta non si parlava di dritti e rovesci: l’oggetto della discussione era il comportamento davanti alle telecamere. Questi 12 ragazzi erano gli studenti dell’ATP University, un tutoraggio di due giorni che prevede 13 ore di lezione collettiva più un supplemento individuale. Obiettivo? Insegnare ai giocatori come comportarsi con i media, più varie ed eventuali. L’ATP University (nome un po’ pomposo, a dire il vero…) si svolge due volte all’anno, quando i top 200 si riuniscono (a Miami a marzo e a Londra in novembre) per seguire alcuni laboratori che li preparano alla vita nel tour. Nell’ultimo appuntamento l’istruttrice era Lisa Levine, ex giornalista televisiva che aveva già avuto esperienze simili con le squadre più forti delle varie leghe americane. Come detto, i suoi allievi erano 12 tennisti compresi tra le 26esima e la 713esima posizione ATP. Da Jerzy Janowicz in giù, insomma. Tra loro, c’era anche il nostro Alessandro Giannessi. Obiettivo? Insegnare ai tennisti cosa fare (e cosa non fare) davanti a telecamere, registratori e taccuini. “Voi dovete controllare la vostra immagine tramite i media – ha detto la Levine – non dovete dare quello che i giornalisti vogliono, ma dovete trasmettere il messaggio che volete dare ai fans”. Durante le lezioni sono stati mostrati alcuni video, con diversi giocatori catturati nei momenti migliori e (soprattutto) in quelli peggiori.
I modelli da seguire? Prima di tutti Roger Federer, in grado di mantenere compostezza e fiducia dopo una brutta sconfitta. Ma c’è anche Novak Djokovic, capace di scherzare senza dimenticare le vittime dell’11 settembre. Tra i filmati c’erano anche due giocatori presenti in aula, poiché la notorietà li aveva travolti ancor prima di frequentare i corsi ATP: Frederik Nielsen (vincitore del doppio a Wimbledon insieme a Jonathan Marray) e Jerzy Janowicz, recente finalista a Parigi Bercy. Su Youtube gira un video in cui Janowicz piange dopo un successo, rispondendo alle domande di Sky Sports UK. Ha realizzato oltre 150.000 visite. Erika Kegler, direttrice dello sviluppo dei giocatori per conto dell’ATP, ha detto che casi del genere possono capitare. L’anno scorso, ad esempio, Ryan Harrison non potè partecipare alle lezioni di Miami perché era andato “troppo” avanti a Indian Wells. Andre Silva supervisiona il programma e dice che l’obiettivo è dare una mano ai giocatori in tutte le fasi della loro carriera, magari offrendo degli stage e delle possibilità di lavoro anche dopo il ritiro. Durante il corso Frederik Nielsen ha detto che era un fervido sostenitore della spontaneità durante le interviste. “Di solito non mi preparo, cerco di essere me stesso”. Levine ha mandato indietro il filmato e ha sottolineato l’importanza di essere genuini, ma anche la necessità di prepararsi. Quando stava per andare in onda l’intervista di Janowicz, il polacco è scoppiato e ridere mettendosi le mani sul volto. Anche gli altri ridacchiavano, ma la Levine ha sottolineato che quel tipo di intervista (solo in una stanza, ascoltando le domande di un giornalista in remoto) potrebbe essere la più difficile. Secondo lei, i giocatori devono prendere uno o due minuti per prepararsi. Janowicz ha detto di averlo fatto, ma che la cosa non lo ha aiutato. “Non preoccuparti, la tua reazione ti ha fatto apprezzare dai fans – gli è stato detto – non dovete aver paura di mostrare le vostre emozioni”. Ha poi consigliato di porre un contatto visivo con il giornalista, tenere un’agenda delle interviste fatte e di chiedere in anticipo le domande. Su questo punto, ovviamente, dissentiamo. Concordare le tematiche prima di un’intervista è la morte del giornalismo. Ma questo all’ATP non interessa. L’importante è veicolare una buona immagine. La Levine ha poi detto di prestare attenzione a lasciare tracce digitali che potrebbero essere compromettenti, come i messaggi su Twitter o gli stessi messaggi vocali. “Tutto può essere salvato”. Serena Williams e Caroline Wozniacki avrebbero avuto qualcosa da ridire.
La Levine ha sottolineato che le domande cattive devono avere buone risposte. Se si risponde sgarbatamente o con rabbia, il messaggio non arriva solo al giornalista ma a migliaia di persone che il più delle volte non hanno sentito la domanda. “La gente non saprà mai se ti è stata fatta una domanda stupida”. Alcuni dei giocatori meno noti avevano avuto poche esperienze con i media, e si è visto. A un certo punto la Levine ne ha preso uno. Gli ha fatto alcune domande semplici, poi ha chiesto: “La stagione è troppo lunga? I top-players stanno facendo abbastanza per dare una mano?” Lui ha detto di no e tutti i giocatori concordavano sul fatto che i giornali del giorno dopo avrebbero scritto "Un giovane tennista dice che Federer e Nadal non fanno abbastanza per dare una mano ai colleghi più giovani". Gli hanno chiesto di riformulare la risposta: “Roger e Rafa sono i migliori!” ha detto con un sorriso. “Non posso dirvi di essere sempre politicamente corretti, ma posso dirvi di non distrarvi mai”. Ha poi chiesto ai giocatori che cosa succede quando arriva un buon risultato. “Crescono i follower su Twitter!” le hanno risposto all’unisono. “Dovete fare la vostra scelta – ha detto – a un certo punto la vostra opinione sarà molto ascoltata”. Al termine dell’incontro, cinque giocatori hanno dato delle interviste e hanno mostrato di aver assimilato molto bene la lezione. Sorridevano, non rifiutavano il contatto visivo e hanno parlato positivamente della loro esperienza. Ma hanno anche parlato con sincerità della durezza del tour. “Questo sport è crudele – ha detto Dusan Lajovic – ci sono tanti giocatori, ma solo in pochi guadagnano davvero bene. Hai bisogno di essere il migliore, e questo rende il tennis uno sport molto interessante”. Così come è interessante questa iniziativa dell’ATP. Vista da occhi esterni, tuttavia, non può essere considerata entusiasmante. Perché crea un modello comportamentale unico, senza guizzi né personalità. I pensieri dei giocatori vengono ingabbiati e la qualità della comunicazione ne risente. E’ possibile che i giornalisti facciano domande stupide. Ma l’impressione è che anche i tennisti vengano educati a dare risposte dello stesso tenore.
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