Il look da antidiva della tennista asiatica, con la polo da uomo e i capelli corti, fatica a rubare l’occhio, ma nel braccio e nella testa di Luksika c’è un tennis divertente e particolare, con diritto e rovescio a due mani. I suoi colpi sono chiaramente ispirati al suo idolo d’infanzia Monica Seles, anche lei bimane da ambo i lati, ma nel suo bagaglio tecnico costruito in famiglia (il padre Lersak le fa da coach, la madre Jaruwan è l’allenatrice in seconda) c’è un po’ di tutto. Il finale del diritto, con la racchetta sopra la testa, ricorda addirittura quello di Rafael Nadal, e Luksika sa anche muovere benissimo la palla, trova gli angoli giusti, usa a dovere lo slice, sa giocare a rete. È così che ha trovato ben 30 colpi vincenti, spedendo la Bencic a fare la valigie in un’ottantina di minuti. Una superiorità tale che sorprende eccome scoprire che una col suo tennis e la sua facilità di gioco non è mai andata oltre la posizione numero 85 della classifica WTA, raggiunta nel 2014. Oggi è numero 124, ma grazie a cinque vittorie consecutive è già certa di tornare fra le prime 100. E soprattutto – in attesa di Naomi Osaka e Su-Wei Hsieh, entrambe in campo domani ed entrambe sfavorite – è l’unica asiatica ad aver conquistato un posto fra le migliori 32 di quello che, come recita la dicitura che accompagna il logo del torneo, non è considerato solo lo Slam dell’Australia, bensì dell’intera Asia Pacifica, che comprende anche la sua Thailandia. “La Bencic aveva sconfitto Venus Williams – ha detto col suo inglese tremolante – e sapevo che per avere chance di batterla mi serviva un gran match. Avevo già perso al secondo turno due volte, e ho continuato a dire ai miei famigliari che avrei con

Era dal 2003 che una giocatrice tailandese non arrivava così lontano a Melbourne Park, dai tempi dell’ex top-20 Tamarine Tanasugarn, oggi al servizio di Fox Sport Asia insieme a Daniela Hantuchova. Lo scorso anno Luksika da Chanthaburi, piccola città di mare con meno di 30.000 abitanti, si era guadagnata una wild card vincendo i play-off asiatici, mentre stavolta è stata costretta a passare dalle qualificazioni, ma l’ha fatto alla grande. Al turno finale ha sconfitto Sara Errani e all’esordio nel main draw ha battuto Johanna Larsson, in una curiosa sfida fra due delle pochissime tenniste che non hanno avuto paura a fare coming out, dichiarando la propria omosessualità. Vien da chiedersi come sarebbe andate se entrambe fossero state più note, e se invece del piccolo Campo 14 il loro match avesse meritato la Margaret Court Arena, dove quattro anni fa la Kumkhum battè la Kvitova, e il cui nome è sempre più in discussione dopo le varie affermazioni dell’ex campionessa contro gli omosessuali e contro la scelta del suo paese di aprire ai matrimoni gay. Qualche giocatrice aveva balenato l’ipotesi di un boicottaggio del campo, ma almeno per ora – anche grazie alla decisione della Court di non presentarsi al torneo – la questione sembra finita nel dimenticatoio. Buon per la Kumkhum: può concentrarsi al 100% sul suo tennis, con l’augurio di riuscire a calcare presto l’Arena della discordia. Polemiche a parte, vorrebbe dire che il suo Australian Open non si sarà fermato contro Petra Martic, avversaria venerdì per un posto nella seconda settimana.
