Dopo la prestazione contro Andujar, tanta attenzione si è concentrata sul talento pesarese. Chi è e come ragiona ve lo raccontiamo in questa intervista

Il primo titolo e il ritorno shock in Italia

La prima vittoria tra i grandi, la figura trainante del fratello e un tennis da cinema. Luca Nardi è una delle promesse più brillanti di un movimento maschile italiano mai così ricco di talenti. Nato a Pesaro il 6 agosto 2003, figlio di papà Dario e mamma Raffaella, inizia a giocare grazie al fratello maggiore Niccolò, primo punto di riferimento tennistico. A Sharm El Sheik arriva, inaspettatamente, la firma sul primo titolo Futures del marchigiano superando Jaroslav Pospisil, che di anni ne ha 22 più di Luca e a breve toccherà i 40.

A seguirlo è Claudio Galoppini, storico coach di Paolo Lorenzi e allenatore di grande esperienza internazionale. Nardi si è messo alle spalle i problemi alla schiena che tanto lo hanno afflitto nel 2019 e ora cerca continuità attraverso un percorso che richiede tempo e fatica: «Il mio sogno è quello di giocare tutti gli Slam, non dico altro», racconta con un pizzico di scaramanzia e dovuta accortezza. Per ora si diverte e fa divertire sul campo da tennis. Fuori, invece, si destreggia tra padel e calcetto con una passione sfrenata per il sushi.

Partiamo dalle emozioni in Egitto: il tuo primo titolo tra i grandi.

«A dire il vero sono arrivato lì un po’ triste, non riuscivo a giocare bene e avevo tanti, troppi dubbi. Insomma, non era un bel periodo (la settimana prima aveva perso al primo turno da David Poljak, ndr). Io e il mio coach Claudio Galoppini però abbiamo affrontato le difficoltà al meglio. Sono felice soprattutto per la finale contro Pospisil, vinta al tie-break decisivo. Il ceco, nonostante l’età, gioca ancora molto bene».

Al tuo ritorno in Italia una situazione surreale.

«Assolutamente, tra l’altro Pesaro è stata una delle città più colpite dal coronavirus. Appena arrivato non mi sono reso conto della situazione, di quanto fosse grave, sono rimasto totalmente spiazzato. Non c’era nessuno in giro. I miei genitori mi hanno fatto lavare le mani sette volte. Mi hanno raccomandato di restare a casa, di non fare nulla, men che meno uscire. Pian piano ho comunque ripreso ad allenarmi, anche se l’attività principale è quella di guardare film in tv».

Gli inizi, ammirando il fratello

A proposito di famiglia, parlaci dei tuoi fratelli.

«Vado molto d’accordo con entrambi. Mia sorella Giulia ha 6 anni più di me e non ha un bel rapporto con il tennis; non lo odia ma… preferisce non parlarne. Tutti i giorni ci sente discutere in casa (ride, ndr). Ha praticato nuoto a discreti livelli, mentre adesso sta studiando Giurisprudenza a Milano. Mio fratello Niccolò è ancora più grande, è del 1996. Giocava a tennis e secondo me era molto forte. Aveva un gran potenziale, ma per svariati motivi non è riuscito a imporsi; alcune dinamiche lo hanno penalizzato. Da 5 anni studia anche lui a Milano, sta frequentando il corso di design e a breve sarà pronto a laurearsi. Mi sono avvicinato al tennis a causa sua».

Quando e come?

«Lo accompagnavo al Circolo Baratoff perché mi piaceva ammirarlo in campo, era davvero molto bravo. Un giorno mi sono detto ‘provo anche io, vediamo come va’. Ho cominciato a 7 anni. Ovviamente all’inizio era solo un hobby, un modo per passare il tempo, non avevo chissà che cosa in mente».

I tuoi genitori sono sportivi?

«Mio padre praticava la pallanuoto a livello alto, ma per vari motivi ha preferito studiare e ha smesso. Anche se la passione per la vasca non l’ha persa. Gioca spesso anche a tennis, quindi si mantiene in forma. Mia mamma invece ha preferito fin da subito lo studio».

Nessuna pressione: “Se parlano bene di me sono contento”

Ritornando al tennis. Nell’ultimo anno hai potuto esprimerti con poca continuità per un problema alla schiena.

«Sì, nel 2018 ho avuto un infortunio alla schiena piuttosto grave: sono stato fermo 5-6 mesi e anche nelle settimane successive è stato difficile riprendersi del tutto. A Tirrenia mi hanno rimesso in sesto con varie sedute di fisioterapia, sono organizzati molto bene. Riesco a dedicarmi parecchio alla prevenzione per evitare ulteriori infortuni».

Su cosa state lavorando ora tu e coach Galoppini?

«Ci stiamo concentrando specialmente sul dritto, faccio molti più punti con questo fondamentale ma è il più ballerino. Inoltre devo essere più rapido nei primi passi. Sono contento soprattutto per il rapporto che abbiamo. Posso parlare tranquillamente di tutto con lui».

Cosa rispondi a chi ti vede in te una grande promessa?

«Cerco di non dare peso a tutto ciò, se c’è qualcuno che parla bene di me ne sono solamente contento. Non sento, almeno per il momento, grande pressione. Per fortuna sotto questo punto di vista sono fortunato, non ci penso».

Lorenzo Musetti come compagno di banco

Che tipo di ragazzo sei fuori dal campo?

«Mi definisco un tipo semplice, estroverso e socievole. Faccio amicizia molto facilmente, ma posso essere anche molto tranquillo».

Che hobby ha un ragazzo socievole di Pesaro?

«Faccio di tutto, mi piace tantissimo il padel, anzi ne vado matto! Il sabato di solito, se sono in città, gioco a padel e poi vado a mangiare sushi».

Oppure?

«Gioco a calcetto… e poi sushi. L’unica certezza, se non si era capito, è il ristorante giapponese. Amo mangiare fuori e restare in giro con i miei amici le poche volte che sono qui a casa. Mi piace molto il calcio: tifo Napoli perché mio padre proviene da lì, si è spostato a Pesaro tanti anni fa. Mi ha trasmesso questa grande passione e cerco di seguire ogni partita».

Tra i tuoi amici ci sono molti colleghi?

«Con Lorenzo (Musetti, ndr), vado molto d’accordo. Abbiamo svolto la preparazione invernale a Tirrenia, siamo andati a scuola assieme e abbiamo un ottimo rapporto. Anche con Giulio Zeppieri siamo molto amici. Sinner? Non lo conosco proprio, non l’ho mai visto e non ci ho mai giocato».

Con lo studio hai la stessa confidenza che hai con la racchetta?

«Fino alla seconda superiore ho fatto la scuola pubblica. Quest’anno avevo iniziato a studiare da casa, sperando che i professori mi potessero aiutare, magari con qualche videoconferenza o qualche scheda via Skype. Era infattibile, il tempo era poco e il materiale era tanto. I professori non riuscivano a capire la mia situazione».

Ora studi a Cecina, con Musetti compagno di banco. Raccontaci una giornata tipo.

«Faccio colazione alle 7,30 più o meno, alle 8,30 andiamo in palestra e facciamo riscaldamento. In base a quanti siamo ci dividono: alle 9,00 prima sessione fino alle 11,00 e poi si cambia, chi ha fatto atletica fa tennis e viceversa. Pranziamo, si riprende alle 15,00 con piccole sedute in palestra prima di ritornare sui campi da tennis. La sera stiamo sui libri».

Obiettivi e sogno nel cassetto?

«Non mi sono posto obiettivi particolari per ora. Sono giovane, voglio migliorare in tutto. Il sogno è quello di giocare in tabellone in tutti gli Slam».