Cresciuto a pochi km dal Rexall Centre, Milos Raonic punta a consacrarsi nel torneo di casa. Negli ottavi potrebbe trovare Murray. “Non ho pressione, per me è un torneo facile" 
La canzone dedicata a Milos Raonic
 
Di Riccardo Bisti – 7 agosto 2012

 
Se c’è un torneo che Milos Raonic vuole vincere, al di là degli Slam, è il Canadian Open. Ancora meglio se si tratta dell’edizione di Toronto. Essì, perché il canadese di origine montenegrina è cresciuto a Thornhill, Ontario, non così distante dal Rexall Centre dove stanotte (all’1 italiana) farà il suo esordio contro Viktor Troicki. La prima esperienza di Raonic in questo torneo risale al 2009, a Montreal. Aveva 18 anni e lo conoscevano solo quelli del programma di sviluppo di Tennis Canada (lo stesso che oggi sta tirando fuori potenziali campioni come Filip Peliwo ed Eugenie Bouchard, trionfatori a Wimbledon junior). Passò le qualificazioni e poi giocò un match pazzesco (nel vero senso della parola) contro Fernando Gonzalez, allora numero 11 ATP. In tribuna c’era Hatem McDadi, vicepresidente del già citato programma di sviluppo. Fu una folgorazione. “Ho visto il match. Gonzalez sbraitava, borbottava tra sé e sé ‘Ma chi è questo tizio?'”. Il cileno vinse dopo aver annullato un match, ma ormai Milos era sbarcato in mondovisione. Fu allora che Louis Borfiga (monegasco, uno dei coach della federtennis canadese) disse: “Questo ragazzo può andare lontano. Ha tutto quello che ci vuole per diventare un giocatore”. Da allora sono successe un mucchio di cose. Raonic è stabile tra i primi 30, ha riportato la foglia d'acero nel World Group di Coppa Davis e (forse) è il campione che il Canada ha sempre aspettato. Greg Rusedski è stato numero 4 ATP e ha giocato una finale allo Us Open, ma era già diventato britannico. E lo ostentava pure. Di certo è già il canadese con la miglior classifica ATP di sempre, tanto che per festeggiarlo gli hanno addirittura dedicato una canzone (sull'onda di "I just had sex" dei Lonely Island), peraltro suonata prima di un suo match di esibizione contro Pete Sampras.
 
Due anni fa, sul centrale di Toronto, Raonic e l’amico Pospisil (giustiziere di Seppi l’altra notte) avevano battuto Nadal-Djokovic in doppio, prendendosi un bel bagno di popolarità. Ma il singolo non è il doppio, e lui lo sa. “Per me le cose sono cambiate dopo il grande inizio del 2011. E’ arrivato tutto insieme e la gente ha iniziato a guardarmi con rispetto, a temermi. Nello sport fa la differenza”. La scorsa settimana ha perso contro Tsonga nel match più lungo (per numero di game) nella storia del tennis olimpico, e si sente un po’ frustrato. Prima di tornare in Canada, ha detto che quando bussa alla porta dei più forti trova sempre la serratura chiusa. Sente il bisogno di vincere una grande partita, su un grande campo e contro un grande avversario. Altrimenti rischia di restare un incompiuto. Magari potrebbe riuscirci già a Toronto, dove negli ottavi potrebbe affrontare un Andy Murray reduce dalla sbornia olimpica (ammesso che lo scozzese decida di giocare). Il rapporto tra Raonic e Toronto è speciale. Per oltre 10 anni è venuto a vedere il torneo. Anche se tra la sua Thornhill e il Rexall Centre ci sono una decina di chilometri, quest’anno alloggerà nell’hotel ufficiale. Ma questo non gli impedirà di sentirsi a casa. “Ma certo! Ho passato qui molti anni, non solo guardando il torneo ma allenandomi su questi campi. Per me è un torneo facile perché conosco ogni angolo del centro. Se ho fame so dove andare a mangiare. Non devo chiedere niente a nessuno”
 
La pressione di giocare in casa, e magari di dove vincere a tutti i costi, non lo sfiora. “C’è tanto entusiasmo, mi auguro di trovare il mio miglior tennis nel corso della settimana. E’ una grande opportunità, posso fare la differenza non solo per me, ma anche per il tennis canadese e per il pubblico”. Ovviamente hanno messo la sua immagine nei cartelli fuori dall’impianto, e i suoi match saranno sempre il “main event” della giornata, a maggior ragione dopo i ritiri di Federer e Nadal. Ma lui non si preoccupa. “Quando entri in campo puoi essere un po’ nervoso, ma sono cose che scompaiono appena inizia la partita. Almeno, a me accade piuttosto rapidamente”. Confermando le sue qualità dialettiche, Raonic si permette di filosofeggiare: “Non posso controllare al 100% i miei risultati. Posso influire su una vittoria o una sconfitta, ma non ho il controllo totale. Ed è lo stesso per quello che la gente pensa di me o di come può reagire. Ma non mi preoccupo di queste cose. E se non riesci a conviverci non sei pronto a competere ad alti livelli, non solo nel tennis ma in qualsiasi sport”