John Millman dorme negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie. Ma ha trovato il miglior tennis nella sua città, Brisbane, e si è conquistato il diritto di affrontare Andy Murray. Con la Davis nel cuore…
Lo stile un po’ sgraziato di John Millman, numero 199 ATP
Di Riccardo Bisti – 3 gennaio 2013
L’erba di Wimbledon. La terra del Roland Garros. Lo splendido plexicushion australiano. Superfici dorate, confortevoli, dove ogni tennista vorrebbe stare. Invece John Millman, simpatico 23enne di Brisbane, passa gran parte del suo tempo su superfici meno invitanti. I pavimenti degli aeroporti di Barcellona e Francoforte sono il simbolo di chi svolazza qua e là, con pochi soldi e ancor meno certezze. Mai quanto le panchine di legno delle più improbabili stazioni ferroviarie di Asia ed Europa. Ma ci devi passare, specie se sei il numero 5 d’Australia e ti mantieni a stento tra i top 200 ATP. In verità, il 2012 di Millman è stato più che buono. Arrivava da sette mesi di infortunio e ha vinto tante partite, anche se alla fine gli sono rimasti in tasca 12.000 dollari dei 37.664 faticosamente guadagnati. Oggi battezzerà il 2013 di Andy Murray e avrà il tifo della gente. Perchè John è nato e cresciuto a Brisbane, nel cuore del Queensland. A fare il tifo per lui, nella notte australiana, ci saranno amici, parenti, vicini di casa e magari la ex compagna di classe che gli faceva girare la testa. Millman è uno di quei personaggi-macchietta che popolano il mondo del tennis. Magari diventerà fortissimo, ma non perderà l’aura da ragazzo della porta accanto. 12 mesi fa aveva perso al tie-break del terzo set contro Bernard Tomic. Il connazionale si è preso una denuncia per aver guidato una macchina troppo grossa per la sua giovane età. Processato, se l’è cavata con una multa. E poche settimane dopo l’hanno avvistato a bordo di una Ferrari gialla. Millman continua a guidare la Holden Astra di suo padre, che segna 200.000 sul contachilometri. Normale, visto che è uscita di produzione tre anni fa. Ispira simpatia, sembra uno di quei ragazzi a cui gira tutto storto ma che poi ce la fanno. Perchè il bene vince sempre, almeno nelle fiction.
Nella vita non è così, e allora capita di fare paragoni impietosi. Mentre i top players pernottano in hotel a cinque stelle, lui e decine di colleghi cercano di sbarcare il lunario girando il mondo per i tornei minori. “Mi è spesso capitato di dormire in aeroporti o stazioni ferroviarie. Se non hai tanti soldi, dormire negli aeroporti è obbligatorio. Specie se vuoi tenere vivo il tuo sogno. L’obiettivo è conquistare l’ospitalità dei grandi tornei, dove puoi dormire in un letto grande e comodo. Il solo pensiero ti stimola e ti fa vivere meglio le notti alla stazione”. I tornei futures hanno aperto gli occhi a John, che oggi è numero 199 ATP dopo essere stato 179 un paio d’anni fa. “Ho giocato in Romania, in un luogo chiamato Pitesti, e credo di non aver visto una macchina per tutta la mia permanenza. Al massimo qualche carro”. I racconti da sopravvissuto vanno avanti. “A Daegu, in Corea del Sud, mi sono preso un’intossicazione alimentare che mi ha tenuto a letto per una settimana. 15 giorni dopo ho giocato un torneo future a Gimcheon, sempre in Corea, ed è stata molto dura”. In mezzo alle facce gialle, il montepremi offriva 15.000 dollari. L’Australian Open elargirà 30 milioni, ma neanche i 436.630 dollari di Brisbane non sono male. Soprattutto dopo aver passato le qualificazioni e superato Tatsuma Ito al primo turno. La prima vittoria in carriera nel main draw di un torneo ATP gli frutterà 7.550 dollari e – probabilmente – qualche pernottamento in hotel in più. Niente a che vedere con il future di Gimcheon, dove: “Diversi giocatori erano depressi per le loro scelte. L’hotel era orribile, si trovava fuori città e in tanti si sono presi un’intossicazione alimentare. Per evitare problemi, restavamo al club dalle sette del mattino alle dieci di sera e ordinavamo qualche pizza. Tornare in hotel era deprimente, oltre che rischioso”. C’era un match di doppio. Su un punto delicato, è arrivato lo scooter con le pizze. Il ragazzo è sceso e ha chiesto i soldi al giocatore al servizio. Si è deconcentrato, doppio fallo, e bye bye partita. “In certi tornei accadono queste cose”.
Dopo Gimcheon, Millman è andato in Germania per il torneo ATP di Halle, uno dei più ricchi del circuito. Ma non poteva permettersi una spesa di 380 dollari australiani (circa 300 euro) per l’hotel. “Il tennis può essere uno sport glamour, ma solo ad alti livelli. Se entri tra i primi 50 del mondo puoi fare molti soldi. lI montepremi degli Slam e degli ATP è cresciuto moltissimo negli ultimi anni, mentre nei challenger e nei futures è rimasto uguale per decenni”. A settembre, Millman ha giocato il challenger di Bangkok. Ha vinto due buone partite, poi ha pescato Dudi Sela (n. 109 ATP, ma vale di più). Ha perso 6-4 6-4 ma era contento del suo torneo. Gli hanno accreditato 1.460 dollari: “Ho speso di più per arrivarci”. Secondo Millman, uno dei grandi problemi del tennis australiano è la mancanza dei tornei di base. In effetti, a parte il periodo “caldo” tra dicembre e febbraio, in cui futures e challenger accompagnano la grande estate australiana, non c’è molto. E allora si rifugia nelle gare a squadre. Gli è andata bene, visto che ha strappato un contratto con il club di Ubstadt-Weiher, paesotto di 2.000 abitanti nei pressi di Heidelberg, il cui unico merito è avere un team che gioca la Bundesliga. Millman è un ragazzo sveglio, simpatico. Ama scrivere e racconta le sue disavventure sul suo sito, dove gli dà una mano anche papà Ron (quello della Holden Astra), ex ottimo giocatore di football australiano. L’anno scorso, gli organizzatori di Brisbane gli avevano dato una wild card. Quest’anno no, ma si è rifatto con gli interessi. E adesso potrà giocare contro il grande Andy Murray nei campi sotto casa. I bookmakers non gli danno grande credito: la sua vittoria è data a 15, mentre Murray paga 1,01.
John giocherà con il cuore, come sempre. I soldi gli interessano, ma stavolta ha una motivazione extra. Sogna di impressionare Pat Rafter e strappare una convocazione per la Coppa Davis, la stessa dove non ci sarà Bernard Tomic (quello della Ferrari gialla…). “Sono il quinto giocatore australiano. Non voglio elemosina, voglio guadagnarmi il posto. In tanti lo danno per scontato, ma per me sarebbe un grande onore”. A seguire il match contro Ito c’era Tony Roche, mentore del team australiano. E’ un indizio. Ancor più significativa la wild card che gli hanno assegnato per l’Australian Open: guadagni assicurari per 27.000 dollari australiani. Ma prima c’è da affrontare Murray davanti agli amici. “Non ci ho mai giocato, non abbiamo nemmeno palleggiato. E’ uno dei più forti al mondo, ma non posso scendere in campo già sconfitto. Mi sono meritato questo partita. Mi sono qualificato, ho battuto Ito è sto giocando bene. Proverò a non pensare al mio avversario e mi concentrerò solo su me stesso”. Di là ci saranno un oro olimpico e il trofeo dello Us Open. Di qua un’intossicazione alimentare in Corea del Sud e il ricordo dei carri di Pitesti. Ma in fondo cosa importa?
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