MANERBIO – Resta il dispiacere per un finale un po' infelice, perché un crampo al polpaccio ha impedito ad Alessandro Giannessi di completare il suo impegno contro Filippo Volandri nel match più atteso di giornata al Torneo Challenger di Manerbio – Trofeo Dimmidisì (42.500€, terra). Ma la condizione fisica, come ha detto “Filo”, è stata decisiva. Ed è emblematica per spiegare la longevità agonistica del livornese. Quest'anno avrebbe voluto ottenere qualcosa di più, magari rientrare ancora una volta tra i top-100. I risultati non sono arrivati ma la passione non viene meno. “Non c'è dubbio, vado avanti solo per passione e nessun'altra ragione – ha spiegato dopo il 4-6 6-2 2-0 e ritiro con cui ha raggiunto il secondo turno – Non mi costa fare sacrifici, inevitabili nel tennis di oggi. Ad esempio lunedì mattina mi sono svegliato presto e alle 9 ero in campo per provare i campi perché qui ce ne sono solo tre. E' dura ma non mi pesa, anche se i challenger sono questi e non sarà una situazione eterna. Anzi, siamo vicini al ritiro. Però lo faccio volentieri”. Volandri è emerso da un match complicato contro un giocatore in gran forma, che però aveva battuto sei volte su otto. Facendo leva sulla sua “fiammata” di dritto, Giannessi ha intascato il primo set e ha tenuto fino al 2-2 nel secondo, poi ha perso sei giochi di fila prima di alzare bandiera bianca e manifestare un po' di nervosismo. Normale, visto che arriva da tre mesi più che buoni e gli ultimi tornei dell'anno saranno fondamentali per il ranking. “Giannessi è mancino, questa è la difficoltà maggiore nell'affrontarlo – ha detto i livornese – però è un mancino anomalo, fa girare la palla e lascia il tempo per organizzarsi. La chiave del match di oggi è stata la condizione fisica: giocavamo bene entrambi, io ero motivato, stavo bene sia tecnicamente che fisicamente e alla fine stavo meglio di lui”.
2016, ULTIMO ASSALTO AI TOP-100
Volandri è stato uno dei giocatori più importanti negli ultimi 15 anni del tennis italiano, e la sua figura può essere una risorsa per il futuro del nostro tennis. Nel frattempo, la sua condotta di vita è il segreto per la longevità a livelli medio-alti. Forse anche un esempio. “Sicuro. Se facessi un altro tipo di vita non sarei qui, è un aspetto importantissimo, soprattutto a 34 anni. Puoi anche avere un talento pazzesco, ma non arrivi al numero 25 ATP senza uno stile di vita appropriato. Serve metodica, costanza, attenzione”. Ma a 34 anni, a tempo quasi scaduto, quali obiettivi può avere un giocatore come lui? “A gennaio avevo fissato un traguardo – racconta – avvicinarmi ai top-100 per giocare ancora una volta gli Slam in tabellone. Non è stato così, anzi sono decisamente indietro. Ho avuto qualche acciacco, la spalla ha fatto i capricci…ci riproverò l'anno prossimo. Se non dovesse andare penserò seriamente al ritiro perché ormai saranno 35”. Filippo parla con serenità, il sorriso di chi sa che il più è fatto e ogni partita è un regalo, una possibilità. Però le sue qualità non si limitano al campo da tennis. Vien da pensare se potrebbe essere un buon allenatore. “Direi di sì, il mio tennis è sempre stato sudato, lavorato, studiato, non ho mai fatto serve and volley perché non ho un gran servizio, quindi mi sono dovuto arrangiare. Si, penso che potrei trasmettere qualcosa di positivo. Poi ho iniziato a commentare i grandi eventi su Sky, mi piace molto perché mi consente di rimanere nell'ambiente del tennis e mi viene facile e spontaneo”. Al prossimo turno avrà un match abbordabile contro Pedro Cachin, 20enne argentino di belle speranze da cui ha perso tre mesi fa a Vicenza. Non preparerà il match con lo storico coach Fabrizio Fanucci, con cui ha terminato il sodalizio lo scorso anno dopo una lunghissima partnership. “Il motivo della separazione? Credo che lo sappiano tutti – conclude Volandri – non è stato un problema tra me e lui, ma relativo al suo tipo di vita e alle persone che aveva intorno. Onestamente avrei pensato di chiudere la mia carriera con lui: avevamo iniziato insieme e siamo andati avanti per 17-18 anni…ma nella vita non si può mai dire. A volte succede anche questo”.