Ogni partita del tedesco-giamaicano esalta e diverte. Per migliorare il gioco, l’ATP potrebbe chiedergli qualche consiglio. A partire dalla velocità tra un punto e l'altro.
Brown e Grigelis hanno dato vita al miglior match del challenger di Bergamo. Uno spettacolo che ha fatto riflettere
(Foto di Antonio Milesi / E' di Milesi anche la foto in home page)
Da Bergamo, Riccardo Bisti – 15 febbraio 2014
L’ATP sta cercando di migliorare lo spettacolo. Per riuscirci, ha reso ancora più rigide le norme sul tempo da rispettare tra un punto e l’altro (25 secondi, mentre sono 20 nei tornei sotto l'egida ITF)), mentre l’anno scorso tentò di abolire il “let” nei tornei challenger. L'esperimento durò tre mesi, ma fu rapidamente bocciato. Il tennis è uno sport difficile da modificare. Sono stati effettuati interventi sul punteggio, ma limitati alla specialità del doppio. Ed è giusto così. Ma per riuscire nell'intento dovrebbero chiedere un parere a Dustin Brown. Sul tedesco di origine giamaicana si è detto di tutto. Dal periodo in cui girava con il camper per i tornei italiani, alle stragi di cuori fatte ad ogni torneo, passando per l’irruzione tra i top-100 di qualche anno fa. Si pensava che fosse un viaggio estemporaneo, invece nel 2013 si è ripreso e giusto qualche settimana fa ha riportato a due cifre il suo ranking. A Bergamo è giunto in semifinale grazie al successo su Laurynas Grigelis al termine di una bellissima partita, il cui DVD andrebbe mostrato ai piani alti per mostrare come il tennis può essere spettacolo puro anche a livelli più bassi. Era pur sempre un challenger, senza l’intensità dei Nadal-Djokovic e o le pennellate di Federer, ma il pubblico si è divertito. Sono state due ore (scarse) elettrizzanti. Il fatto che Brown abbia vinto 6-4 6-7 7-6, in questo caso, passa in secondo piano. Ciò che conta è il ricordo di un match giocato su pochi scambi ma intenso, pieno di ritmo, senza pause. Con un punteggio del genere, certi match sono durati anche due ore in più. Invece sia Brown che Grigelis hanno evitato di perdere tempo, regalando 214 punti a velocità supersoniche.
Grigelis si è adattato allo show, ma il vero mattatore è stato Brown. Se si parla di spettacolo, in effetti, lui parte avvantaggiato. I capelli rasta lunghi fino al fondoschiena, le scarpe di colore diverso (una gialla e una arancione), il ritmo quasi frenetico…Non si fa dare tre palline, a volte se ne mette una in tasca anche quando risponde, perché non vuole perdere tempo. Poi adotta un serve and volley “agricolo” ma spettacolare. Le sue partite non hanno alcun disegno tattico. Gioca di puro istinto, si butta a rete appena può, e per liberarsi dallo scambio tira bordate micidiali che sono spesso vincenti. Insomma, giocare bene contro di lui è molto complicato. E poi ama giocare per il pubblico. Ha fatto cose fenomenali: sul 4-5 nel secondo set, ha annullato un setpoint con un pallonetto-tweener che ha mandato in visibilio il pubblico (vedi il filmato qui sotto). Non pago, sul 2-4 del primo tie-break, ha tirato un altro colpo sotto le gambe, una fiondata all’incrocio delle righe. E anche in quel caso è quasi venuto giù il palazzetto. Brown piace perché il suo atteggiamento teatrale lo avvicina al pubblico, lo rende “umano”. Come quando appoggia la pallina per terra, nel punto dove sarebbe rimbalzata, per dimostrare all’arbitro che aveva torto. Addirittura, dopo un overrule nel primo punto del tie-break decisivo, si è inginocchiato per la disperazione. Ed è umano anche negli errori: quando è andato a servire per il match, ha commesso due doppi falli consecutivi che hanno rimesso in gara il lituano. Sulla carta, il pubblico avrebbe dovuto tifare Grigelis (c’era anche uno striscione colorato con scritto “Forza Grigio”), visto che vive da queste parti da più di dieci anni. Eppure era diviso, perché Brown sa esaltare il pubblico, specie quello femminile.
Dustin è un modello quasi irripetibile, ma forse l’ATP dovrebbe mandare tanti giocatori a lezione da lui. Il rituale dell’asciugamano dopo ogni punto, sinceramente, ha stufato. Per definizione, il tennis sarà sempre uno sport con tante pause, ma l’impressione è che tanti esagerino. Per evitare di far addormentare gli spettatori, specie quelli occasionali, il gioco va velocizzato. Ma l’input deve partire dai giocatori e non dai regolamenti. Oggi il concetto è “evitiamo di superare il tempo limite”, invece dovrebbe essere “riprendiamo subito a giocare”. Per carità, dopo uno scambio duro e faticoso ci può stare uno stop di 30 secondi, ma non deve essere la regola. Dustin Brown è una mosca bianca. E il suo atteggiamento un po’ naif coinvolge l’avversario, che si adatta al suo ritmo senza fatica. E poi, se si parla di spettacolo, è davvero uno spasso. Tanti giocatori sono definiti “imprevedibili”, ma nel suo caso andiamo oltre. E la gente apprezza, apprezza da morire. Anche i responsabili dei palinsesti lo amerebbero, perché eviterebbe fastidiose “sforature” che nel tennis sono all’ordine del giorno. Ci fossero più Dustin Brown, il tennis sarebbe più divertente e forse l’ATP non si sarebbe inventata certe modicihe regolamentari. Hanno la soluzione in casa: perché non gli chiedono di tenere un corso di spettacolo applicato al tennis? Basterebbe davvero poco per ridurre le pause e dare una nuova “ritmica”: le partite stralunghe sono belle, ma fino a un certo punto. Domandiamoci: fanatici a parte, chi starebbe seduto per 3-4 ore a seguire un incontro di tennis? Di sicuro, non Dustin Brown.
I capolavori di Dustin Brown
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