La dura vita di Carlos Boluda: per qualche anno, i suoi numeri erano stati migliori di quelli di Nadal. Poi è scomparso, travolto da milla infortuni. Ma non ha perso la passione, e a 21 anni ci riprova. 
Carlos Boluda ai tempi del Roland Garros Junior

Di Riccardo Bisti – 10 marzo 2014

 
Ha vissuto per anni con la nomea più scomoda. Lo chiamavano “Il Nuovo Nadal”. Anche il nostro direttore, qualche anno fa, andò a trovarlo nella sua Alicante. Oggi, per avere notizie di Carlos Boluda-Purkiss, bisogna scavare nell’inferno dei tornei minori. L’etichetta di promessa mancata, se non addirittura di “bidone” è sempre lì, dietro l’angolo. Sono passati otto anni dal 2006, quando il suo nome iniziò a fare rumore. Aveva numeri eccezionali e si era appena aggiudicato il prestigioso “Le Petits As” di Tarbes, una sorta di campionato del mondo under 14. Prima di lui, c’era riuscito proprio Rafa. Il piccolo Carlos replicò l’anno dopo, diventando l’unico nella storia a vincere per due volte. Le riviste specializzate iniziarono ad occuparsi di lui, tanto da coinvolgere lo stesso Nadal, che disse: “Gioca meglio di me alla sua età: possiede già tutti i colpi”. E i paragoni aumentavano, esaltanti ma impietosi. La vita di Carlos cambiò radicalmente, invasa da personaggi che lo vedevano come una fonte di business, dimenticando che si trattava di un adolescente. E ha iniziato a pagare il conto sotto forma di infortuni. Un dazio molto salato: quando aveva 15 anni si fece male al polso, restando fermo a lungo a in una delicata fase di crescita. Riprese a giocare, ma il polso non gli dava tregua, stavolta sotto forma di una frattura da stress, proprio come accadde anni prima a Nadal, anche se allora era il piede. A causa di questo incidente, l’alicantino è rimasto fermo per tutto il 2011, nel periodo in cui era fidanzato con la nostra Chiara Mendo. Quando ha ripreso a giocare, era in condizioni pietose. Aveva perso tutto: forma, ritmo, ma soprattutto i sogni e l’entusiasmo di ragazzino.
 
Lo scorso anno, in preda alla crisi, si è trovato davanti a un bivio: andare negli Stati Uniti oppure rimanere in Spagna. Ha scelto la seconda opzione, spostandosi a Madrid sotto la guida dell’ex professionista Oscar Burrieza. “Lui mi aveva visto giocare in passato, quando mi ha rivisto deve aver pensato 'Come ha fatto a ridursi in questo stato?'. E’ stato molto sincero: mi ha detto che se volevo provare a diventare un giocatore, avrei dovuto fare cose che non piacciono”. Piano piano, qualche risultato è arrivato, anche se solo a livello future. Carlos ha iniziato il 2014 giocando quattro tornei in Turchia, cogliendo una finale ad Antalya. Oggi è numero 631 ATP, non troppo distante dal best ranking (557) raggiunto tre anni fa. “Appena ho raggiunto qualche risultato, certe persone hanno ripreso a chiamarmi. Avrei voluto dire loro: ‘Come mai mi cercate proprio adesso?’, ma ho cercato di restare tranquillo e non provare rancore”. Oltre a Burrieza, c’è il supporto della federazione madrilena e del manager, l’ex giornalista sportivo Carlos Urrutia. “Grazie a Burrieza, ha ritrovato fiducia e sensazioni – racconta Urrutia – è stato importante dimenticare lo status di ex promessa con numeri migliori di Nadal. Per lui è fu una condanna”.
 
La svolta è arrivata lo scorso anno, quando è stato fermo per un mese e mezzo per un problema alla pianta del piede. Fu un momento pieno di dubbi, che lo convinsero a lasciare l’accademia Tenniscomp del Club Atletico Montemar. Quando stava per andare a Miami, è arrivata la proposta di Burrieza. Per lui fu una rivoluzione. Dopo un paio di giorni di allenamento, Burrieza lo ha preso a muso duro: “Dimenticati la terra battuta e la tattica difensiva, che ti fa stare tre metri dietro la linea. Inizia a pensare ai campi duri e alla difesa senza arretrare, ad essere aggressivo e a decidere le sorti di una partita". Lui si è applicato e i risultati sono arrivati, anche se la strada è lunga e piena di ostacoli. Nei momenti difficili, lo spagnolo pensa a un dato statistico: l’età media per entrare tra i top-100 è 25 anni, mentre lui ne ha compiuti 21 lo scorso gennaio. La sua storia può essere un grande insegnamento per tanti giovani tennisti che pensano troppo ai sogni, dimenticando di tenere i piedi per terra. Per questo, si sono interessati a lui persino i produttori di Canal Plus, che gli hanno dedicato una puntata di “Informe Robinson”, uno dei programmi di maggior qualità della TV sportiva, una specie di incrocio tra “Sfide” e lo “Sciagurato Egidio”. Chi ha la possibilità di seguirlo, non lo deve perdere. Può essere un grande insegnamento.