“Hai mai letto la storia di Davide e Golia?”. Così ha risposto Diego Schwartzman a un giornalista che gli chiedeva lumi sull’impresa contro Kevin Anderson, più alto di 33 centimetri, e avanti 6-1 6-2 5-3 negli ottavi del Roland Garros. Se ci sono due argentini ai quarti a Parigi a 13 anni dall’ultima volta, il 50% del merito è suo.Mai soprannome fu più sbagliato. La carta d’identità dirà per sempre che Diego Schwartzman è un “Peque”, il soprannome che amici e colleghi gli hanno affibbiato per gli appena 170 centimetri che madre natura gli ha donato, ma i suoi risultati sul campo da tennis raccontano una storia ben diversa. Step by step il 25enne di Buenos Aires sta diventando uno dei grandissimi del circuito, facendosi spazio fra i giganti (e non solo in termini di statura) che frequentano i piani alti della classifica. L’ultima impresa l’ha firmata al Roland Garros, doppiamente gustosa perché Kevin Anderson lo sovrasta di 33 centimetri e una trentina di chilogrammi, sudata perché arrivata rimontando due set di svantaggio, e simbolica perché – con la collaborazione di Juan Martin Del Potro – riporta due argentini nei quarti di finale del Roland Garros dopo 13 anni, da quando a riuscirci nel 2005 furono Puerta e Canas. Sembrava già strano che uno col suo fisico fosse nei primi 50 del ranking ATP, ancora di più nei primi 30, figurarsi nei primi 20, invece dopo lo Slam parigino Schwartzman sarà addirittura numero 11, grazie al suo secondo quarto in un Major dopo quello all’ultimo Us Open. Sul Suzanne Lenglen è finita 1-6 2-6 7-5 7-6 6-2. Per due set e mezzo non c’è stato verso: Anderson lo bucava da tutte le parti, lo scambio partiva poco e finiva in fretta, proprio come pareva finito in fretta il suo match quando il top-10 di Johannesburg è andato a servire sul 5-4 del terzo set. Invece non è terminata lì, e nemmeno nella stessa situazione di punteggio nel set successivo. Entrambi i tentativi del numero 7 del mondo di chiudere la partita sono stati respinti, nel quinto Anderson ha finito la benzina nelle schermaglie iniziali e ai quarti ci è andato il Sudamericano, fermando il cronometro dopo 3 ore e 51 con la goduria di un ace, l’arma preferita dall’avversario.
“NADAL? HO COPIATO I SUOI SEGRETI”
Come ho fatto? Non lo so, davvero”, ha detto il “Peque” in conferenza stampa, prima di scomodare addirittura la Bibbia, con la storia di Davide e Golia, per rispondere a un giornalista che gli chiedeva come si sentisse a dover scendere in campo contro avversari molto più grandi e massicci di lui. “L’hai mai letta? Io sì, a scuola, quando ero piccolo, e quando vedo Kevin o i ragazzi come lui cerco di ripensarci. Quella storia mi ha insegnato che anche se non ho la forza e la statura di gente come lui posso comunque trovare un modo per vincere la partita”. È vero, ma lui ha scelto la strada più difficile, sfiancando Anderson pezzo dopo pezzo, fino a fargli ingoiare tutti i suoi “come on” (l’argentino si è anche lamentato con la giudice di sedia per i continui auto incitamenti di Anderson dopo ogni singolo punto) e completare la rimonta più importante e difficile dell’intero Roland Garros. “Non mi aspettavo che riuscisse a giocare un tennis così aggressivo nei primi due set. Ha fatto davvero grandi cose, mentre io non ero al 100%. Però ho continuato con l’atteggiamento giusto, e sono rimasto concentrato”. Sarà lui il prossimo avversario di Rafael Nadal, che non ha lasciato set neanche contro il tedesco Maximilian Marterer, pur rimontando un break di svantaggio sia nel primo sia nel terzo set. “Dovrei smetterla di invitarlo alla mia accademia”, ha scherzato il numero uno del mondo davanti ai giornalisti, alludendo ai continui progressi dell’argentino. “Ho copiato i suoi segreti – ha detto invece Schwartzman –, perché lui ha tutte le ricette. A parte gli scherzi, sono davvero grato a lui e al suo team per le possibilità che mi hanno dato di allenarmi insieme a loro. Entrerò in campo per batterlo, provando a trarre vantaggio da tutto ciò che ho imparato stando con lui”. Difficilmente basterà.