Laddove tre anni fa aveva colto i quarti, la tedesca è costretta all'ennesimo ritiro. Da un paio d'anni fa la tennista part-time perché viene continuamente travolta da infortuni. Solo sfortuna o è anche causa di una condotta non troppo professionale? Vinci a un passo dal main draw. KO Errani e Berrettini.

Col suo sorriso radioso ha spesso mascherato una condotta non sempre professionale. È difficile voler male a Sabine Lisicki, finalista di Wimbledon nel 2013 e – per l'immaginario collettivo – giocatrice che si risveglia per la stagione sull'erba, salvo poi andare in letargo per quasi tutto il resto dell'anno. Come tutte le schematizzazioni, è incompleta e ingenerosa per una ragazza che è stata numero 12 del mondo. Ma oggi è lontana dal tennis che conta, non tanto per la posizione in classifica (n.158 WTA) ma perché continua ad essere vittima delle bizze del suo fisico. La prima giornata del Miami Open ha riacceso antichi fantasmi: impegnata contro la connazionale Andrea Petkovic (pure lei caduta un po' in disgrazia), si è ritirata sul punteggio di 4-6 6-3 3-1. Chi la segue con affetto è corso a cercare la ragione del forfait e ha tirato un sospiro di sollievo quando ha letto “piede sinistro”. Meglio questo di una ricaduta nei vecchi problemi: già, perché il fisico di Sabine è tanto possente quanto fragile. È opinione comune che avrebbe potuto vincere di più se avesse tenuto una condotta più professionale, controllando un corpo che ha la naturale tendenza a ingrassare. A volte è stata sfortunata, ma una serie di infortuni così lunga non può essere un caso. Da un paio d'anni, Sabine è una tennista part-time. Nonostante la sua condotta, dal 2009 al 2015 è rimasta tra le top-30 WTA, a testimonianza di quanto possa essere competitiva. Soltanto nel 2010 è crollata in classifica per i postumi del brutto infortunio patito allo Us Open 2009, contro Anastasia Rodionova, quando si fece male alla caviglia sinistra sul matchpoint per l'avversaria e crollò a terra in lacrime. La portarono via su una sedia a rotelle. Tornò rapidamente, ma pagò la fretta l'anno successivo, quando l'infortunio ricomparve e fu costretta a fermarsi per 5 mesi. Da allora è iniziata una carriera densa di infortuni, soprattutto a ginocchia e caviglie, forse non allenate a sufficienza per sostenere un peso importante.

UNA RISCOSSA CHE NON ARRIVA
I successi a Wimbledon (nel 2013 batté addirittura Serena Williams prima di arrendersi alla Bartoli) l'hanno resa molto popolare in Germania. La sua viva simpatia le ha permesso di bucare lo schermo: si è concessa a tante distrazioni extra-tennistiche, sfociate in un lungo fidanzamento con l'uomo di spettacolo Oliver Pocher, che l'ha portata ancora di più sotto la luce dei riflettori. Tre anni fa, di questi tempi, sembrava aver trovato la svolta positiva. Semifinale a Indian Wells, quarti a Miami, ma soprattutto una condizione fisica pienamente ritrovata. Tuttavia, un grave infortunio alla spalla a fine 2016 l'ha costretta a fermarsi per sette mesi. Tornata la scorsa estate, grazie al ranking protetto ha potuto frequentare i tornei più importanti ma con risultati così così. Nell'ultimo torneo dell'anno (il WTA 125 di Limoges) ha perso in semifinale, ritirandosi contro Antonia Lottner. Si fece male al ginocchio e soltanto un paio di mesi dopo, via Instagram, ha fatto sapere di essersi sottoposta a un piccolo intervento che le ha impedito di andare in Australia. Il suo 2018 è iniziato a Taipei, con una buona semifinale. Sembrava l'inizio della riscossa, ma per ora resta un episodio isolato. Si aspettava molto da Indian Wells e Miami, ma sono arrivate due sconfitte all'esordio nelle qualificazioni. Un po' poco per una ex finalista di Wimbledon che continua a professare il suo amore per il tennis e, di tanto in tanto, pubblica i video dei suoi allenamenti. Osservandoli, si nota come gli spostamenti continuino ad essere un problema. Il derby contro la Petkovic profumava di nostalgia. Soltanto tre anni fa, lei arrivava nei quarti e Andrea in semifinale. Oggi il tennis tedesco ha ben altre stelline, anche se Sabine – pensate un po' – è più giovane di Angelique Kerber e Julia Goerges. Ma oggi è difficile ipotizzare un suo rientro ad alti livelli.

MIAMI: VINCI A UN MATCH DAL MAIN DRAW
La prima giornata delle qualificazioni non ha portato buone notizie al tennis italiano: avevamo tre rappresentanti e sono arrivate un paio di sconfitte. Sara Errani ha perso una partita durissima contro la ceca Tereza Martincova, vincitrice col punteggio di 6-4 5-7 7-6: fatale, per la Errani, il disastroso avvio nel tie-break: sotto 5-0, si è arresa 7-2. Spiace – ma era nell'ordine delle cose – la sconfitta di Matteo Berrettini: soltanto poche ore prima, il romano giocava la finale di Irving. Il canadese Filip Peliwo ne ha approfittato e lo ha battuto in tre set. Adesso Matteo avrà il tempo per recuperare e organizzare la primavera sul rosso che potrebbe cominciare – chissà – con una convocazione in Coppa Davis. L'unica vittoria arriva da Roberta Vinci ed è un successo significativo. Gli organizzatori le hanno concesso una wild card per le qualificazioni per assecondarla in un tour d'addio un po' in tono minore, ma lei ha colto una discreta vittoria contro Sachia Vickery, buona protagonista a Indian Wells (aveva battuto Garbine Muguruza). Tra l'altro, l'americana si era lamentata per la mancata assegnazione di una wild card: riteneva di meritarla in virtù delle vittorie a Indian Wells e del fatto di essere cresciuta proprio sui campi di Crandon Park: il 5-7 6-1 6-2 per la Vinci certifica la decisione corretta degli organizzatori. Per accedere al main draw, Roberta dovrà battere la svizzera Viktorija Golubic: non sarà facile.