BRESCIA – Pietro Licciardi gioca alla pari con un avversario più blasonato, ma perde i punti importanti. "Non è un caso. Forse penso troppo". Furlan: "Abbiamo qualcosa in comune"

Da Brescia, Riccardo Bisti – 13 novembre 2014

 

Non sappiamo se Renzo Furlan creda al destino. Tuttavia, è stato lui a segnalarci che Pietro Licciardi è nato il suo stesso giorno, il 17 maggio. Quei 24 anni di differenza stabiliscono il rapporto tra coach e giocatore. “In effetti abbiamo qualcosa in comune – ha detto Furlan dopo il 7-5 7-6 con cui il suo allievo si è arreso a Yann Marti – gli piace ascoltare, ha una dedizione e un'applicazione particolari, unite allo spirito di sacrificio”. Il ravennate saluta il Trofeo Città di Brescia, ma c'è più di un motivo per essere ottimisti. In sostanza, Licciardi ha giocato alla pari contro un giocatore che gli sta davanti di oltre 400 posizioni ATP (225 contro 631). “Più soddisfatto per la prestazione o deluso per la sconfitta? Metà e metà – dice Licciardi – nel primo set ho sbagliato qualcosa di troppo sul 5-5, nel complesso la partita è girata su 2-3 punti. Ma è normale: qui il più 'scarso' è 200 ATP, il livello è altissimo e spesso le partite girano a loro favore. Non penso alla sfortuna, lui è stato più bravo di me. Naturalmente dispiace perchè poteva girare meglio, ma complimenti a lui”. Licciardi si è trovato a due punti dal set sul 6-5 nel secondo e 0-30 sul servizio di Marti, talentuoso ma incostante. Lo svizzero era molto incisivo con il rovescio: forse Licciardi ha un po' esagerato nello stimolarlo da quella parte, ma per un mancino è normale. “Nei challenger non puoi permetterti di servire male. Appena concedi qualcosa ti saltano addosso e non ti danno la minima chance di recupero. Sono tutti cinici. Non puoi permetterti cali. Quest'anno ho giocato 6-7 challenger, tre nel main draw, e ho sempre giocato alla pari. Ma è sempre girata male, e credo che non sia un caso”.

 

IL MIO ESEMPIO? IL GIANNESSI DEL 2011”

Il progetto-Licciardi è affascinante perchè alle sue spalle c'è Renzo Furlan, grande campione degli anni 90. Quando Renzo era al top, Licciardi era un bambino. Ma lo conosce abbastanza per avere una certa deferenza nei suoi confronti. “Lavoriamo insieme da tre anni e non smetterò mai di ringraziarlo, è il miglior allenatore che abbia mai avuto. Da piccolo non lo conoscevo, l'ho visto le prime volte quando era il direttore del Centro di Tirrenia e fu emozionante vederlo dal vivo. Mi dà consigli fondamentali, parla poco ma quello che dice non è mai lasciato al caso, è sempre mirato a costruire. Io poi sono abbastanza propenso a ricevere consigli, mi piace ascoltarlo e seguirlo. Ci sono tante difficoltà, ma sono sicuro che la strada intrapresa sia corretta”. Licciardi pecca un pizzico di potenza. La sua palla è più leggera rispetto alla media degli altri professionisti. “Vero. Purtroppo madre natura non mi ha reso simile ai ragazzoni di 1 metro e 95 e che servono a 220 km/h”. E allora che si può fare per crescere? “Il servizio. Devo metterlo a punto, è il colpo che ti tiene a galla quando non stai giocando bene. Oggi, per esempio, ho servito bene ma potevo fare meglio. Poi penso troppo, soprattutto quando devo attaccare. Dovrei essere più 'menefreghista'. Forse a volte è meglio lasciarsi andare all'istinto”. L'argomento è interessante, allora gli chiediamo se c'è un giocatore non troppo potente a cui aspirarsi per sfondare tra i migliori. La risposta è sorprendente. “Preferisco avere esempi realistici, allora dico il Giannessi del 2011. In un anno era arrivato al numero 120 ATP, per me era il migliore di tutti. Certo, aveva un dritto molto più pesante del mio ma un rovescio peggiore. Mi piaceva l'intensità con cui giocava, la carica con cui entrava in campo…prendo esempio da lui”.

 

TRAVAGLIA UN PO' FRETTOLOSO

Finisce al primo turno l'avventura di Stefano Travaglia. Il marchigiano ha giocato una brutta partita, lasciando strada allo spagnolo Andres Artunedo Martinavarro, proveniente dalle qualificazioni. Un 6-4 6-2 che lascia l'amaro in bocca. Travaglia è parso frettoloso, come se non avesse voglia di soffrire in una partita che invece richiedeva, appunto, sofferenza e dedizione. Si è fatto sentire il logorio di una stagione lunga e faticosa, la migliore della sua carriera. Ha vinto cinque tornei futures e ha raggiunto la prima semifinale challenger sul duro, qualche settimana fa a Indore. Anche a Brescia ha mostrato di avere buone qualità sui campi veloci (servizio e dritto in particolare), ma era una serie di colpi senza un particolare disegno tattico. Perso il primo set, è uscito mentalmente dalla partita e si è arreso in 70 minuti, raccogliendo davvero poco in risposta: appena 4 punti ottenuti in tutto il match. Una statistica che dice tutto. In precedenza si era registrata l'uscita della terza testa di serie, lo sloveno Blaz Kavcic, sconfitto al termine di una lunga battaglia dall'uzbeko d'Italia Farrukh Dustov. Il risultato non sorprende più di tanto perchè Kavcic era al rientro dopo uno stop di oltre due mesi per un infortunio patito dopo lo Us Open. Da parte sua, Dustov è in forma eccezionale e punta a migliorare il proprio best ranking con i punti ottenuti a Brescia.