Altro cambio di nazionalità: Jesse Levine tornerà in Canada, dove è nato e cresciuto prima di trasferirsi negli States. Non dovrebbe fare in tempo a giocare contro la Spagna. Gli altri casi di cambio nazionalità.
Jesse Levine è numero 104 ATP, ma è stato anche 69
Di Riccardo Bisti – 20 dicembre 2012
Se per i top 10 giocare in Coppa Davis può essere un fastidio (vero Federer?), per tanti altri è un sogno. Chiedetelo a Jesse Levine, 25enne (ex) statunitense nato in Canada. Un onesto mestierante con qualche punta di dignità. Negli Stati Uniti non avrebbe chance di essere convocato, allora ha pensato bene di tornare all’ovile, quel Canada dove è nato il 15 ottobre 1987. La prassi burocratica è già iniziata: Levine ha il vantaggio di non aver mai giocato per gli States, quindi l’ok potrebbe arrivare a breve, anche se – pare – non per il primo turno del 2013, quando la foglia d’acero ospiterà la Spagna. Con Nadal e Ferrer in dubbio, sarà una grande occasione per i padroni di casa guidati da Milos Raonic. Oltre al bombardiere nato a Podgorica, in Montenegro, faranno parte del team Vasek Pospisil (di origini ceche) e il doppista Daniel Nestor (nato a Belgrado). Curiosamente, il neoarrivato sarebbe l’unico ad avere origini davvero canadesi. L’annuncio è arrivato direttamente da Tennis Canada. “Portare Jesse nella nostra famiglia sarebbe un’altra bella notizia – ha detto il presidente Michael Downey – abbiamo sempre pensato che sia un grande giocatore e lo conosciamo bene perchè ha la doppia nazionalità. E’ bello che abbia deciso di tornare a casa e non ci sono dubbi che il suo arrivo renderà ancora più competitiva la nostra squadra di Coppa Davis”. Purtroppo per i canadesi, difficilmente l’ok arriverà in tempo per farlo giocare a Vancouver, ma Downey è ugualmente contento in chiave futura. “Ha uno spirito competitivo e sarà un buon innesto. Gli altri lo conoscono, il suo arrivo li stimolerà a fare ancora meglio. E poi è una buona cosa avere un valido singolarista mancino”. Il legame con il Canada è importante: gioca ogni anno la Rogers Cup, ha partecipato a diversi eventi benefici. Ovviamente la tempistica non è casuale. Qualche tempo fa è andato da Downey e gli ha detto più o meno così: “Ehi, le cose vanno bene. Il Canada è nel World Group e mi piacerebbe farne parte”. “Sono sicuro che la Davis ha avuto una forte influenza nella sua decisione – continua Downey – siamo davvero contenti che la pensi in questo modo”.
Levine è nato a Nepean, in Ontario, ed è cresciuto a Ottawa. La sua vita è cambiata all’età di 13 anni, quando si è trasferito in Florida con tutta la famiglia perchè il fratello minore Daniel soffriva di colite ulcerosa, e il clima canadese avrebbe potuto creargli qualche problema. Molto meglio il clima caldo e soleggiato di Boca Raton, dove i Levine risiedono ancora oggi. La nazionalità di Levine era stata oggetto di discussione anche in passato. Lui è ebreo, tanto da essere cresciuto nella scuola della comunità ebraica di Ottawa. Non ha perso alcune abitudini: mangia soltanto il cibo tollerato dagli ebrei, gioca a tennis con la Stella di David nella catenina al collo e conosce perfettamente l’ebraico. Mantiene un’ottima relazione con i tennisti israeliani, tra cui Ram, Erlich, Sela e Levy. Gli hanno spesso domandato di diventare israeliano e giocare in Davis insieme a loro. Ancora oggi, è molto seguito dal pubblico ebraico. Ma adesso ha scelto il Canada. “E’ stato a lungo nei nostri radar – dice Louis-Philippe Dorais, direttore di comunicazione e marketing per conto di Tennis Canada – ma ora è praticamente certo che dall’anno prossimo rappresenterà il Canada. E’ solo una questione di tempo. La Davis contro la Spagna? Probabilmente no, ma per il resto è praticamente una formalità. Dal 2013, il Canada avrà un nuovo giocatore”.
Non è la prima volta che un tennista cambia nazionalità per giocare in Coppa Davis. Un dato che dovrebbe far riflettere sullo stato di salute della competizione. Qualcuno non la gioca per preservare l’attività individuale, ma c’è anche chi darebbe un braccio pur di esserci. E il pubblico cresce, anno dopo anno. In Italia si ricorda il caso di Murtin Mulligan, australiano che naturalizzammo nel 1968 dopo la sua vittoria agli Internazionali d’Italia. Giocò nove match in azzurro, negli anni della decadenza di Pietrangeli e poco prima che arrivasse Panatta. Anche il Canada aveva vissuto un’operazione del genere, ma al contrario. Avevano prodotto un buon giocatore, il mancino Greg Rusedski, numero 4 ATP e finalista allo Us Open. Il richiamo di Sua Maestà lo convinse a scegliere la Gran Bretagna, forse nella speranza di avere qualche aiuto a Wimbledon. Ma non andò troppo bene. Più recenti i casi di Jean Julien Rojer e Alex Bogomolov. Il primo, originario delle Antille Olandesi, non ha avuto grossi problemi a diventare “orange” a tutti gli effetti e ha già esordito in Davis. Vanta un paio di presenze anche Bogomolov, cresciuto negli Stati Uniti prima di tornare nella Grande Madre Russia. Gli americani non l’hanno presa troppo bene, anche perchè lo avevano tirato su a loro spese. Un po’ come accaduto alla giovane promessa argentina Andrea Collarini, classe 1992. Un paio d’anni fa ha scelto di giocare per gli States, prendendosi contributi, agevolazioni e wild card. Ma poi ha sentito nostalgia ed è tornato argentino. Non ha ancora esordito in Coppa Davis l’istrionico Dustin Brown, nato in Germania ma giamaicano da sempre (per aspetto, capelli rasta e portamento). Nel 2010, quando è entrato tra i top-100, ha provato a capitalizzare la sua posizione ed è diventato tedesco dopo essersi fatto corteggiare dalla Gran Bretagna. Chissà se il neo-capitano Carsten Arriens avrà voglia di convocarlo. C'è poi il caso della campagna acquisti messa in atto dal Kazakistan, che ha naturalizzato diversi giocatori e giocatrici russi (ma non solo): Golubev, Kukushikin, Shukin, Korolev, Shvedova, Karatantcheva, Voskoboeva…ma questa è un’altra storia, intrisa di soldi e manie di grandezza. Tutte queste vicende, tuttavia, hanno un unico denominatore: un bestione con 217 once d’argento. Vi sembra poco?
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