Tomas Berdych firma l’impresa ceca in Argentina, mentre Del Potro si prende i fischi della sua gente. E scoppiano le polemiche. In Spagna, Ferrer continua a fare miracoli.
Lo sguardo corrucciato di Juan Martin Del Potro. Gli argentini lo fischieranno
Di Riccardo Bisti – 17 settembre 2012
IL WEEK-END DI COPPA DAVIS HA UN EROE. Tomas Berdych ha vinto due singolari e il doppio che hanno permesso alla Repubblica Ceca di espugnare Buenos Aires e volare in finale, dove ospiteranno la Spagna. E' la prima volta che l'Argentina perde a Parque Roca. Sulla terra battuta, in casa, non perdeva dal 1998, quando a Buenos Aires passarano gli slovacchi. Prima gli slovacchi, poi i cechi…
Per vincere in Davis ci vogliono testa e cuore, qualità che tornano utili anche nel circuito. Berdych ha mostrato di averli, ma stavolta ha fatto qualcosa in più. Fare 3 punti in semifinale, su un campo ancora imbattuto, può dargli la spinta per diventare il quinto incomodo nel circuito ATP e – perché no? – anche il quarto, se Rafa Nadal non dovesse rientrare entro il 2012. Tecnicamente non gli manca nulla, ma la testa non è da campione. Quando ha vinto Parigi Bercy nel 2005, a 20 anni, aveva illuso. E invece è rimasto lì, a ridosso dei migliori senza batterli (quasi) mai. Nel 2010 è giunto in finale a Wimbledon, ma il salto di qualità non è arrivato. A Buenos Aires è stato grande: contro Monaco ha rimontato uno svantaggio di due set a uno e 2-4 nel quarto. Nel match decisivo, contro Berlocq, ha impressionato sul piano mentale. Il 6-3 6-3 6-4 finale nasconde tante difficoltà, come la dozzina di palle break annullate e la capacità di chiudere dopo che Berlocq era tornato in partita nel terzo set, esaltando il (commovente) pubblico di Buenos Aires, capitanato da Diego Armando Maradona. La partita poteva cambiare, invece Berdych l’ha messa in ghiaccio. E la Repubblica Ceca vola in finale per la quarta volta, dopo le sconfitte nel 1975 e nel 2009 e il successo del 1980 contro l’Italia, quello del “mitico” giudice di sedia Bubenik. Come tre anni fa, i cechi ospiteranno la Spagna e possono farcela, anche se partiranno leggermente sfavoriti perché legati a due soli giocatori (o qualcuno ha davvero creduto che l’exploit di Rosol a Wimbledon potesse dare una svolta alla sua carriera?). Si giocherà probabilmente a Praga, su un campo rapidissimo. Con o senza Nadal.
MA IL WEEK-END DI COPPA DAVIS HA PURE UN ANTI-EROE. Tre anni fa, al ritorno in patria dopo la vittoria allo Us Open, Juan Martin Del Potro venne accolto come un dio. Gli argentini lo adoravano, e forse lo adorano ancora oggi. Ma ieri, dopo la sconfitta di Berlocq (cui hanno tributato un’ovazione per l’impegno e la dedizione), lo hanno riempito di fischi. Sonori, crudeli, impietosi. Gli rimproverano tante cose. E i giornali hanno fatto uscire qualsiasi notizia, come se non aspettassero altro. In ordine sparso, Del Potro non avrebbe gradito la nomina di Martin Jaite a capitano (troppo vicino al clan Nalbandian), Del Potro avrebbe detto di giocare solo per la gente (e i compagni? Mai citati, come se non esistessero), Del Potro non ha partecipato alla foto ufficiale della squadra, Del Potro avrebbe preferito disertare la cena ufficiale (ma poi c’è andato). E infine la scelta di non giocare, anche se il problema al polso sinistro è reale. Ma se ha giocato venerdì, davvero non era in condizione di farlo domenica? Il medico del team argentino ha parlato di immobilizzazione del polso per 10 giorni, poi si vedrà. Ma la gente ha la memoria lunga, e non dimentica la rinuncia a giocare il quarto punto della finale 2008, in una situaziona analoga. Insomma, tanti si domandano se la Davis non fosse valsa un sacrificio in più. In risposta ai fischi, qualcuno ha cantato per lui. L’opinione pubblica, insomma, è divisa. Ma i fischi hanno riecheggiato in tutto il mondo. E il clima in seno al team argentino non è dei migliori. Mentre Berlocq si sbatteva su ogni punto Del Potro era lì, nel limbo, perso tra mille pensieri. Senza incitarlo come facevano gli altri. La gente se n’è accorta e non ha apprezzato. Per loro, ‘sta benedetta Davis è religione. La bramano, la desiderano più di ogni altra cosa. E allora capita che Martin Jaite rilasci dichiarazioni solo apparentemente diplomatiche. “I fischi a Del Potro? Non mi sono piaciuti, ma non possiamo chiedere al pubblico di applaudire e basta. Ognuno può pensare quello che vuole”. Non esattamente una presa di posizione. Monaco e Berlocq lo hanno difeso, ma il futuro della Davis argentina è più incerto che mai. Al primo turno del 2013, Nalbandian avrà compiuto 31 anni e – in caso di assenza di Del Potro – il team non sembra irresistibile. Il treno è passato diverse volte, ma non sono stati in grado di afferrarlo. E non è detto che ci siano altre fermate da quelle parti.
CHI INVECE E' BRAVISSIMA A COGLIERE LE OCCASIONI E' LA SPAGNA DI ALEX CORRETJA. Sfruttando a pieno il fattore campo, gli iberici hanno battuto Kazakistan, Austria e Stati Uniti. In Spagna succede il contrario delle altre nazioni. I tennisti promettono di non giocare…e poi giocano. E’ il caso di David Ferrer, che a 30 anni ha saltato solo il primo turno ma poi ha battuto austriaci ed americani, lasciando un set a testa a Querrey e Isner. I titoli e gli onori se li prendono gli altri, ma a lui non interessa. Scende in campo e vince, portando a casa due punti d’oro dopo un viaggio intercontinentale. “Ferru” sembra un robot, una duracell con caricabatterie incorporato. Ma suda, si stanca, soffre, si emoziona. E se emozionare. Nella Davis 2012, Isner ha mandato a casa Federer, Tsonga e Simon. Ma contro Almagro e Ferrer non c’è stato niente da fare. E’ la rivincita di un ragazzo (ehm, uomo) che non cerca scuse né si lagna. Alle Olimpiadi lo hanno fatto giocare al buio, allo Us Open hanno interrotto un match “perché sta per arrivare un tornado”. Fosse capitato ad altri, sarebbe scattata la rivoluzione. Lui no, testa bassa e pedalare. E dal 16 al 18 novembre, a Praga, pensate che la Spagna possa fare a meno di lui?
COPPA DAVIS 2012 – SEMIFINALI
ARGENTINA-REPUBBLICA CECA 2-3 (Buenos Aires, terra battuta)
Juan Martin Del Potro b. Radek Stepanek 6-4 6-4 6-2
Tomas Berdych b. Juan Monaco 6-1 4-6 1-6 6-4 6-4
Tomas Berdych / Radek Stepanek b. Eduardo Schwank / Carlos Berlocq 6-3 6-4 6-3
Tomas Berdych b. Carlos Berlocq 6-3 6-3 6-4
Juan Monaco b. Ivo Minar 6-3 7-6
SPAGNA-STATI UNITI 3-1 (Gijon, terra battuta)
David Ferrer b. Sam Querrey 4-6 6-2 6-2 6-4
Nicolas Almagro b. John Isner 6-4 4-6 6-4 3-6 7-5
Bob Bryan / Mike Bryan b. Marc Lopez / Marcel Granollers 6-3 3-6 7-5 7-5
David Ferrer vs. John Isner 6-7 6-3 6-4 6-2
La gioia degli spagnoli. Per loro è la nona finale nelle ultime 13 edizioni
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