Si è chiusa a Tokyo la leggendaria carriera di Kimiko Date, ripresa nel 2008 dopo dodici anni di stop. La giapponese ha battuto numerosi record di longevità, tornando fra le prime 50 a quarant’anni suonati, ma l’ultimo infortunio al ginocchio non le ha dato scampo. Coi 47 anni dietro l’angolo, perde dalla Krunic e dice addio fra lacrime e sorrisi. Stavolta per sempre.Anche le favole più belle, prima o poi, giungono al termine. Quella di Kimiko Date è finita coi 47 anni in arrivo fra un paio di settimane, nel piccolo WTA International di Tokyo, la città che le ha regalato alcune delle più grandi soddisfazioni di una carriera incredibile. Era ripartita nel 2008, dopo dodici anni di stop, e sembrava un’autentica follia, uno di quei progetti senza basi solide, destinati a naufragare in fretta. Invece la seconda carriera della giapponese è durata un’altra decina d’anni, scanditi da risultati impensabili e dalla capacità, reale, di fermare il tempo, mostrando che a volte l’età è veramente soltanto un numero. Vederla in campo, in mezzo a un mare di ragazze e ragazzine tutte omologate agli standard moderni, faceva uno strano effetto. Al di là della carta d’identità, bastava guardarla colpire qualche palla per capire che veniva da un’altra epoca, col suo tennis piattissimo, figlio degli Anni ’80, così diverso da quello attuale. Fosse stato per lei sarebbe andata avanti ancora, ma l’ultimo infortunio non le ha dato scampo. Si è operata al ginocchio sinistro nel 2016, saltando l’intera stagione, ma ha sempre promesso che sarebbe tornata e l’ha fatto. Ha giocato un paio di tornei ITF lo scorso maggio, ma faticava a muoversi. Ci ha riprovato a luglio, ma le è andata male di nuovo e dopo qualche settimana di riposo ha capito che il trapianto di cartilagine al quale si è sottoposta non aveva sortito gli effetti sperati. Il ginocchio non le consente più di muoversi come vorrebbe, così lo scorso 28 agosto ha annunciato che il suo ultimo torneo sarebbe stato quello di Tokyo, città dove si era trasferita dopo il matrimonio. Avrebbe potuto chiedere una wild card per il Premier della prossima settimana, sicura che non le avrebbero mai detto di no, invece si è accontentata del piccolo International, decidendo di andarsene senza fare troppo rumore, proprio come era tornata nove anni fa. La pioggia ha rovinato buona parte del programma, ma non la sua passerella, iniziata con una lunghissima standing ovation. Il campo ha detto 6-0 6-0 per Alexandra Krunic, ma stavolta il risultato contava solo ed esclusivamente per le statistiche.TANTI RECORD E NESSUN RIMPIANTO
Il secondo (e definitivo) ritiro della Date doveva essere una festa e lo è stato indipendentemente dalla “bicicletta”, con gli spettatori pronti a impazzire a ogni singolo punto della loro beniamina. Sono stati appena 13 in 49 minuti, ma la Krunic si è fatta perdonare sfoggiando a fine match una t-shirt con la scritta Kimiko vicina a un cuore, e poi spendendo belle parole per lei nella lunga ed emozionante cerimonia d’addio, con in campo numerose giocatrici giapponesi e un bellissimo giro di campo finale, con foto e autografi, per lasciare un’ultima piccola impronta, sicuramente diversa rispetto a quella del 1996. Al tempo aveva detto addio a 26 anni e da numero 8 del mondo, con in tasca sette titoli WTA e tre finali Slam: nel 1994 all’Australian Open, nel 1995 al Roland Garros e nel 1996 a Wimbledon, dove perse contro Steffi Graf una sfida rocambolesca, che sembrava girata a suo favore prima che la sospensione per oscurità diede una seconda chance alla tedesca, che due giorni dopo avrebbe vinto il suo ventesimo titolo Slam. Tuttavia, nel 2008 era arrivato l’incredibile ripensamento, dodici anni dopo l’addio, che ha lanciato una favola capace di disintegrare buona parte dei record di longevità, addobbata con un fiume di aggettivi: immortale, eterna, infinita, e chi più ne ha più ne metta. L’anno dopo il suo rientro Kimiko ha vinto il WTA di Seul diventando la seconda più anziana dell’Era Open a conquistare un titolo nel Tour, dietro alla sola Billie Jean King; nel 2010 si è tolta la soddisfazione di battere Maria Sharapova, mentre nel 2013 è tornata a vincere un match all’Australian Open dopo 17 (!) anni, riconquistando un posto fra le top-50. A 43 anni. La Date se ne va con tre stagioni d’anticipo sull’obiettivo-sogno di giocare fino a 50 anni: le Olimpiadi di Tokio 2020 sembravano un dono del cielo per dire addio in un’atmosfera da sogno, ma resistere altri tre anni non era possibile. Tuttavia, la parola rimpianto nel suo dizionario non esiste: ha fatto comunque qualcosa di impensabile, trovando un modo per venire ricordata come una leggenda.
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