La LTA vuole rendere ancora più severe le norme per avere una wild card ai Championships. Vogliono evitare che i tennisti si adagino. Ma è davvero la scelta giusta o si rischia di far male al tennis britannico?

Di Riccardo Bisti – 27 novembre 2014

 

L'argomento delle wild card è sempre molto dibattuto. La Lawn Tennis Association, federtennis britannica, ha deciso di prendere di petto il problema. Dall'anno prossimo, per l'ambito torneo di Wimbledon, dovrebbero essere ulteriormente inaspriti i criteri per le wild card. Fino a quest'anno potevano averla solo i britannici tra i top-250, mentre adesso la soglia potrebbe essere portata al numero 200. Si tratta di un forte incentivo per crescere e non adagiarsi. In fondo, i perdenti al primo turno incassano 27.000 sterline che la LTA non ha più intenzione di "regalare". In questo modo, la presenza britannica ai Championships si ridurrebbe a soli tre nomi: oltre ad Andy Murray e James Ward, ammessi di diritto, ci sarebbe una wild card anche per Liam Broady, appena entrato tra i top-200. Poi, per carità, sarebbe previsto qualche margine di manovra per giocatori in ascesa. Ma il principio dovrebbe rimanere. Bob Brett, il nuovo tecnico chiamato dalla LTA per dare un po' di linfa al tennis britannico, è un acceso sostenitore del “razionamento” delle wild card. Per intenderci, nel 2014 Dan Evans e Kyle Edmund hanno ricevuto quattro wild card consecutive. Un'altra politica da adottare sarebbe quella di non offrire più inviti a giocatori che hanno già compiuto 21 anni. Tuttavia, non tutte le proposte hanno raccolto il favore del pubblico. Tra loro c'è il coach David Sammel, attuale coach di Broady, che ha scritto una appassionato articolo per spiegare come le norme attuali siano già piuttosto severe e non abbiano bisogno di essere inasprite.


C'E' BISOGNO DI GIOCATORI

Gli altri paesi hanno criteri ben diversi per l'assegnazione delle wild card. Prendiamo gli Stati Uniti. Allo Us Open viene concessa una wild card ai vincitori dei Campionati Nazionali Under 18 e ai migliori giocatori nei campionati NCAA. Esistono poi criteri meritocratici: si istituisce un mini-circuito di tornei, e chi raccoglie più punti ATP-WTA riceve automaticamente la wild card. Era già così per Roland Garros e Us Open, da quest'anno hanno fatto così anche per l'Australian Open (dove gli inviti sono stati ottenuti da Denis Kudla e Irina Falconi). La Gran Bretagna, tra l'altro, è l'unico paese che non aderisce al meccanismo delle wild card "di scambio" adottato da Francia, Australia e Stati Uniti. Se l'obiettivo della LTA è sviluppare il tennis in Gran Bretagna, pare evidente che entro i 21 anni di età è molto difficile che un tennista britannico entri tra i top-200 ATP. Come lo sarebbe per gli atleti di qualsiasi nazionalità. I giocatori classificati tra la 250esima e la 600esima posizione non hanno possibilità di guadagnarsi da vivere senza aiuti esterni: la Gran Bretagna fatica a produrre professionisti di livello dopo una buona carriera junior, e secondo Sammel una wild card in meno sarebbe un danno soprattutto economico. A suo dire, il taglio dei bonus è un errore e auspica che ci sia un aiuto per i giocatori almeno fino ai 25 anni di età. “Se vogliamo avere successo come nazione, abbiamo bisogno di avere 6-7 giocatori di classifica compresa tra 80 e 200 ATP. E dobbiamo creare modelli di ruolo per far capire che si può entrare tra i top-100 anche tra i 26 e i 30 anni di età. I giocatori che hanno tenuto duro sono da ammirare, ed è continuando a supportarli che possiamo dare speranza ai giovani giocatori”. Secondo Sammel, non significa che debbano essere trascurati i giocatori giovani, ma andrebbe creato un sistema che incentivi tutti, senza fare discriminazioni. A volte la severità può essere controproducente: Sammel ne è convinto.