Può capitare che i pezzi del puzzle si mettano insieme quando meno te l'aspetti. E' il caso di Gael Monfils e dell'incredibile fortuna che lo sta baciando in questi giorni. Salvo sorprese negli ultimi match di giornata, sette delle prime otto teste di serie raggiungeranno i quarti dell'Australian Open. L'unica eccezione è proprio lui, numero 25 ATP e 23esima testa di serie. Negli ottavi ha ceduto un set al sorprendente Andrey Kuznetsov, ma non ha mai dato la sensazione di poter perdere, nemmeno quando il russo ha rimontato da 0-4 a 3-4 nel tie-break del quarto set. Andrey è un buon colpitore, ricorda un po' Tomas Berdych, ma Monfils ha trovato rapidamente la chiave per metterlo in difficoltà. E così è piombato tra i primi otto senza battere neanche un top-60 ATP. Il giocatore di più alta classifica incontrato è stato Nicolas Mahut (n.63) al secondo turno. Gli altri tre avversari incontrati fino ad oggi si chiamavano Yuichi Sugita (124), Stephane Robert (225) e – appunto – Andrey Kuznetsov (74). Un cammino da sogno per un giocatore che nel 2016, nell'anno dei trenta, vuole fare qualcosa di importante. La prima ricetta per tornare tra i top-10 (già annusati in passato: è stato al massimo numero 7 nel 2011) è stata una riduzione dei rapporti con la stampa. Non dovrebbe rilasciare interviste per tutto il 2016, salvo gli impegni obbligatori. I capricci mediatici, tuttavia, sono significativi perché raccontano un nuovo Monfils, più maturo e riflessivo. Per rinascere ha scelto la Svezia, la stessa accademia dove Stan Wawrinka è diventato un fenomeno: la "Good to Great" di Stoccolma. Ha optato per Mikael Tillstrom, svedese di seconda fascia nei mitici anni 90. Le cose funzionano. “Vorrei tornare tra i primi 10, se possibile anche più in alto” ha sussurrato ai microfoni dell'Australian Open. Ciò che colpisce, di questo Monfils, è la compostezza. Sono lontani i tempi in cui, durante la transizione da junior a professionista, scambiava telefonini di ultima generazione per palloni di football americano, tanto da lanciarli a mò di quarterback NFL nelle hall di lussuosi alberghi.
ANCHE SCIVOLARE PUO' ESSERE UN'ARTE
Insieme a lui, altri due ragazzini. Uno si chiamava Jo Wilfried Tsonga: dati alla mano, è diventato più forte di lui. Ha giocato una finale Slam, mentre “Lamonf” non è mai andato oltre una semifinale, persa da Roger Federer al Roland Garros 2008. Il terzo si chiamava Josselin Ouanna e non si è neanche avvicinato agli ex compagni. Dei tre, il predestinato sembrava proprio Monfils, se non altro perché nel 2004 aveva completato tre quarti di Slam junior, fallendo soltanto allo Us Open. Stava per imitare un certo Stefan Edberg. Oh, intendiamoci, non è stato un bluff: cinque titoli ATP (su ventidue finali: pochini, in effetti), due finali Masters 1000 (entrambe a Parigi Bercy), una semifinale Slam e cinque quarti sono un bottino di tutto rispetto. Ma per lui, con la dinamite nel braccio e l'esplosivo nelle gambe da centometrista (è stato campione nazionale a 13 e 14 anni: il suo allenatore giurava che sarebbe arrivato in finale alle Olimpiadi), è un po' poco. Motivi? Un paio. In primis un atteggiamento un po' così, distratto, da amante della bella vita. Vogliamo condannarlo per questo? E poi c'è la ricerca continua dello spettacolo, del colpo a effetto, molto impegnativo per il suo fisico. E dunque la tendenza a infortunarsi spesso, anche perché scivolare sui campi duri non è esattamente consigliabile (anche se Wilson – che non è un suo sponsor – ha messo sul mercato una scarpa pensata proprio per questo). Ma lui se ne frega e l'hanno chiamato "Sliderman", l'uomo che scivola. Ma non è mai stato continuo, specie negli ultimi anni, quando dopo il divorzio da Roger Rasheed è rimasto sostanzialmente senza coach. L'anno scorso ha condiviso Jan De Witt con Gilles Simon, ma adesso si è finalmente rivolto a una guida vera, a tempo pieno. E Tillstrom avrà una gran voglia di dimostrare che la fama della sua accademia è più che meritata. Le prime tracce del nuovo corso si vedono dal modo di stare in campo. Nei 245 punti contro Kuznetsov, forieri del 7-5 3-6 6-3 7-6 finale, è rimasto tranquillo e impassibile. Ne ha vinti 132, intascando quasi tutti quelli più importanti. L'unica traccia del Monfls vecchio stile si vede nei tuffi e nel ricorso sistematico alla scivolata. “La gente dice che scivolo troppo – racconta – ma per è un dono di natura, mi viene spontaneo. Potrei fare qualcosa di diverso, ma è dentro di me. Mi sento più che un'artista”.
UN FUTURO DA OROLOGIAIO
Da anni ci si domanda chi sarà l'erede di Yannick Noah, ultimo francese a vincere uno Slam nonché ultimo nero. Monfils potrebbe sfamare entrambi i digiuni, mettere fine a un'attesa che perdura dal 1983. La micro-letteratura del tennis ricorda all'infinito la copertina di Gasquet su Tennis Magazine, quando aveva appena 9 anni. Ma non hanno scherzato neanche con Monfils. Aveva 11 anni e portava enormi occhiali da vista, da protagonista da sit com americana, quando la TV francese diceva che quel neretto, figlio di un ex calciatore della Guadalupa e di un'infermiera della Martinica, sarebbe stato la stella nera del tennis francese. Lui si immedesimato nel ruolo, tanto da idolatrare un Yannick Noah quando aveva già smesso, e documentarsi su Arthur Ashe, vera e propria icona degli atleti di colore. Anche per questo adora la multirazziale New York, pur avendoci perso un doloroso match con Federer allo Us Open 2014. Nel frattempo si è trasferito in Svizzera per ovvi motivi fiscali, anche se pare che la sua passione per gli orologi sia vera e sincera. “Adoro il loro meccanismo, tanto che a fine carriera potrei pensare di fare l'orologiaio. Strano, vero?”. Ma prima vuole lasciare il segno nel tennis. “Il colpo più bello? Deve ancora arrivare” ha detto agli australiani. Si riferiva a un singolo punto, ma magari alludeva a qualcos'altro. A un risultato che manca da troppi anni.
AUSTRALIAN OPEN 2016 – OTTAVI MASCHILI
Gael Monfils (FRA) b. Andrey Kuznetsov (RUS) 7-5 3-6 6-3 7-6
Stan Wawrinka (SUI) b. Milos Raonic (CAN)
David Ferrer (SPA) b. John Isner (USA)
Andy Murray (GBR) b. Bernard Tomic (AUS)