Per la terza volta nella storia, saranno due statunitensi a contendersi il titolo femminile: Serena Williams e Madison Keys. La sorpresa è la seconda, passata 7-6 6-4 su Garbine Muguruza. La pioggia ha interrotto tre volte l’incontro offrendole le peggiori condizioni possibili per il suo tennis, ma lei si è superata.– Può un solo torneo bastare per giudicare il lavoro di un coach su una giocatrice? Nel 99% dei casi la risposta è no, ma c’è un piccolo 1% che dà ragione alla nuova collaborazione fra Madison Keys e lo svedese Thomas Hogstedt, ingaggiato dopo qualche cambio di troppo negli ultimi sei mesi, compresa la partnerhips lampo con Mats Wilander, durata praticamente un torneo. Keys e Hogstedt hanno iniziato a lavorare a Madrid, ma la prima presenza “on site” dell’ex coach di Sharapova, Li e – ultima – Bouchard è coincisa con gli Internazionali d’Italia, che in una giornata piovosa accolgono la ventunenne di Rock Island (Illinois) come la prima finalista dell’edizione 2016. Proprio lei che già da qualche anno è pericolosa su tutte le altre superfici, ma sembrava che sul rosso europeo fosse destinata a far fatica in eterno, col suo tennis senza mezze misure, sempre votato all’attacco. Invece è corretto il passato, sembrava, perché al Foro Italico sta mostrando l’esatto opposto. E così eccola in finale, dopo il 7-6 6-4 con cui ha sconfitto Garbine Muguruza. Dovevano iniziare alle 12 sul Centrale, invece l’hanno fatto alle 15.30 su un Pietrangeli particolarmente pesante per via della pioggia, caduta copiosa prima e durante il match, obbligando la giudice di sedia Mariana Alves a ben tre sospensioni. Condizioni di gioco difficili per entrambe, ma sulla carta peggiori per la “big hitter” statunitense, che invece si è rivelata più brava e gestire un incontro dai ritmi maschili, con soli tre break in oltre un’ora e mezza, mostrando tutti i progressi compiuti sul rosso. “Non pensavo di essere così competitiva anche sulla terra – aveva detto l’americana nella conferenza stampa di ieri – ma evidentemente nel mio gioco è cambiato qualcosa. Credo di aver trovato il giusto equilibrio per essere aggressiva ma nei momenti corretti”.

IL MATCH MIGLIORE NELLE CONDIZIONI PEGGIORI
In sintesi, la Muguruza ha capito che sì, servizio e diritto viaggiano a velocità da Williams, ma a volte i colpi interlocutori e le variazioni sono una buona soluzione, specialmente in un tennis femminile sempre più omogeneo. La statunitense ha messo in pratica a tempo di record le dritte di Hogstedt e si è regalata la terza finale in carriera, dopo quelle a Eastbourne 2014 e Charleston 2015, entrambe contro Angelique Kerber: la prima vinta, la seconda persa. Nel primo set, interrotto prima sul 3-2 per una ventina di minuti e poi per altro paio sul 4-3, è scappata per prima avanti di un break, ma si è subito lasciata riprendere ed è finita al tie-break nonostante qualche occasione in più, però l’ha vinto alla grande, con un paio di rovesci da lustrarsi gli occhi. Il primo per salire 6-4, con un passante lungolinea su un attacco della rivale nell’angolo sbagliato, il secondo per chiudere 7-5, con un’altra bomba nello stesso posto. E nel secondo non ha regalato una virgola, sul 3-3 ha raccolto il 30-40 grazie a un altro doppio fallo della Muguruza e si è presa il break decisivo, prima dell’ultimo brivido. Sul 5-4 30-15 ha dovuto fermarsi altri cinque minuti per la pioggia, e al rientro si è vista annullare il primo match-point da un fortunoso nastro vincente, ma non ha battuto ciglio. Servizio al centro, risposta in rete della Muguruza e finale all’Italian Open (come lo chiamano negli States), per provare a rilanciare una stagione sin poco interessante, con soli sei tornei giocati (Roma compreso) a causa di un fastidio al gomito. Le sue qualità non sono mai state in discussione, nemmeno quando la scorsa settimana ha perso a Madrid dalla rumena Tig, fuori dalle prime 100 del mondo. Come l’ha presa? Ha detto di essersi comunque sentita bene in campo. I presenti hanno storto il naso, invece aveva ragione lei. E ora che alle bombe ha abbinato un pizzico di tattica (e difesa) ecco il risultatone. C’è da scommettere che non sarà l’ultimo.

SECONDA FINALE TUTTA “USA” NELL’ERA OPEN
A separarla da un successo che avrebbe dell’incredibile, la Keys troverà domani la numero uno del mondo Serena Williams, in quella che a Roma – dopo la finale tutta italiana allo Us Open – diventerà la seconda finale tutta statunitense nell’Era Open, la terza in assoluto. Era già successo nel 1953, quando vinse Doris Hart su Shirley Fry, e poi nel ’70, anno dell’unico titolo agli Internazionali di Billie Jean King, che la spuntò su Lucie Heldman. Contro Irina-Camelia Begu, Serena è passata per 6-4 6-1, scherzando col fuoco in un primo set bruttino (con quattro break di fila dal 2-1 al 4-3, prima di quello decisivo sul 5-4) e andando immediatamente sotto anche nel secondo, salvo poi decidere che con le difficoltà poteva bastare così. Da quel momento ha mollato un body language non proprio impeccabile, forse a causa di un paio di poco gradite interruzioni per pioggia, si è concentrata al massimo e ha vinto sei game consecutivi senza particolari problemi, centrando la sua quarta finale al Foro Italico, dopo quelle (vinte) nel 2002 e nel biennio 2013-2014. Domani alle 14, pioggia permettendo, si troverà di fronte un’avversaria che non ha paura a fare a pugni da fondo campo, e probabilmente non ne soffrirà nemmeno troppo l’ego, nonostante i 14 anni di differenza. Serena resta favorita, specialmente se dovesse giocare ai livelli di venerdì sera, un po’ meno se faticherà a prendere confidenza col suo tennis come avvenuto oggi. Ma questa Keys ha ancora molto da dare.

WTA PREMIER ROMA – Semifinali
Madison Keys (USA) b. Garbine Muguruza (ESP) 7-6 6-4
Serena Williams (USA) b. Irina-Camelia Begu (ROU) 6-4 6-1