L’incredibile vicenda del senegalese Yahiya Doumbia. In carriera non ha vinto nulla, salvo due titoli ATP…a distanza di sette anni. Oggi insegna tennis a Mulhouse, in Francia.
Di Riccardo Bisti – 25 aprile 2014
Il tennis è pieno di “One Hit Wonder”, exploit e vittorie isolate che non hanno avuto seguito. Ma c’è un giocatore – l’unico nella storia – ad aver vissuto non una, ma due settimane di gloria. Il bello è che sono arrivate a sette anni di distanza. Per questo, la storiella di Yahiya Doumbia merita di essere raccontata. Senegalese nato in Mali, ancora oggi è considerato uno dei più forti tennisti africani di sempre. Una classifica realizzata da "We Are Tennis" lo colloca in nona posizione, primo dell’Africa Nera. Gli hanno messo davanti cinque sudafricani (rigorosamente bianchi), il marocchino Younes El Aynaoui, lo zimbabwiano Byron Black (che a dispetto del cognome era bianchissimo) e l’egiziano Ismail El Shafei. Detto che chi ha fatto la classifica si è dimenticato nomi importati come Arazi (!), Alami, Jaziri e lo stesso Wayne Black…non c’è dubbio che Doumbia abbia avuto una carriera particolare. Esile, magrolino, dotato di una buona tecnica, ha vissuto una carriera nelle retrovie. Basti pensare che non è mai andato oltre la 74esima posizione e ha vinto la miseria di 24 partite nel circuito ATP in quasi quindici anni. Tuttavia, dieci di queste sono arrivate nelle magiche settimane di Lione (1988) e Bordeaux (1995). Un UFO piombato dal nulla e poi tornato nella sua navicella, nell’anonimato. Nel 1988 si è presentato a Lione, in un torneo scomparso qualche anno fa, da numero 453 ATP. “Non mi conosceva nessuno, però avevo la forza mentale per farcela. Non ho mai avuto paura delle avversità. Mi interessavano soltanto le situazioni tattiche sul campo da tennis. Dopo aver passato le qualificazioni, pensai che tutto fosse possibile. Ho cercato di restare nella mia bolla e non fu facile mantenere la concentrazione, perchè le attenzioni su di me salivano giorno dopo giorno”.
SVEGLIA CON MCENROE
Con le sue racchette Zebra (un marchio americano che oggi non esiste più), Doumbia abbattè gli avversari come birilli (tra loro c’erano anche fior di professionisti come Chesnokov e Bates). In finale trovò un altro qualificato, l’americano Todd Nelson. “Fu una battaglia, però ho un rimpianto. Mi sarebbe piaciuto affrontare Yannick Noah, che peraltro era campione in carica. Ho sempre condiviso la sua filosofia di gioco”. Ma forse è meglio così, perchè difficilmente lo avrebbe battuto. C’è un aneddoto che rende l’idea di quanto sia stata fugace l’apparizione di Doumbia nel grande tennis: l’anno dopo fu chiamato a fare da sparring partner a John McEnroe. “E non fu facile perchè dovevo alzarmi presto: John scendeva in campo alle 7 del mattino”. A 25 anni di distanza, ricorda ancora questo aneddoto come il contatto più ravvicinato con una leggenda del tennis. Boris Becker lo ha avuto in pugno, ma solo virtualmente: dopo aver mollato i telai Zebra, ha giocato per un paio d’anni con la Puma resa famosa da Bum Bum. La vittoria a Lione fu il successo di un tennista con classifica più bassa nella storia dell’ATP. Il record è rimasto in vita per 10 anni, quando fu battuto da Lleyton Hewitt, vincitore ad Adelaide da numero 550 del mondo. Ma c’è un record che Doumbia detiene ancora: è l’unico giocatore ad aver vinto due tornei ATP partendo dalle qualificazioni. Sette anni dopo, ormai in fase calante, si presentò a Bordeaux da numero 282 ATP.
MALEDETTO CHESNOKOV
Battè tre giocatori compresi tra i top-100 (Prinosil, Roux e Hlasek in finale), tutti piuttosto facilmente. Ancora una volta, la stella del Senegal tornò a brillare in terra di Francia. Su Youtube si trova una breve traccia, lunga appena 14 secondi, del matchpoint finale. Yahiya ha chiuso con un serve and volley e l’immagine stacca dopo averci mostrato due gambette magre, protette dagli scaldamuscoli. La carriera di Doumbia è terminata nel 2000, anche se l’ultimo match ufficiale risale al 1999. “In realtà, era finita ancora prima. Una volta mi stavo allenando presso l’impianto del Roland Garros con Andrei Chesnokov, e vinsi rapidamente in due set. Ma a lui non stava bene perdere e mi chiese di fare un set supplementare. Nell’inseguire una palla corta, mi feci male. E non sono più riuscito a trovare una buona forma fisica”. Da allora, è rimasto nel mondo del tennis, anche se quello di provincia. E’ rimasto in Francia, ha preso il diploma di maestro e ha provato a lanciare nel professionismo una giovane promessa francese, di cui non fa il nome. “Le cose andavano bene, ma abbiamo dovuto smettere per mancanza di sponsor e finanziamenti. Dopodichè ho avuto la possibilità di spostarmi a Mulhouse, presso il Tennis Club Illberg…e ci sono ancora oggi! Mi piacerebbe aiutare lo sviluppo del tennis in Senegal, ma oggi non è ancora possibile”. Un piccolo sito internet informa della sua attività attuale, in cui cerca di coinvolgere il figlio “Anche se ci sto attento, perchè la vita familiare potrebbe essere condizionata”. Ogni tanto si reca al Roland Garros, ma è uno spettatore assiduo del torneo ATP di Basilea. Capita che qualcuno lo riconosca. “Lo scorso anno, quando si è giocata una tappa del KIA Tennis Trophy nel mio club, c’era un signore che era presente a Lione nel 1988”. Probabilmente, gli ha dovuto spiegare che non è stata la sua unica vittoria. Chissà quante volte ha dovuto farlo…
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