In una bella intervista realizzata da L’Equipe, il francese ripassa alcuni momenti della sua carriera, tra rimpianti e aneddoti. Tra i colleghi ricorda con affetto Safin, se la prende con Coria e ricorda quel match a Wimbledon contro Berdych…In giornate con poco tennis giocato, non è semplice trovare argomenti per riempire pagine di carta o siti web. Uno dei metodi più efficaci sono le interviste agli ex giocatori: in questi giorni ne abbiamo lette tantissime. La più interessante, probabilmente, è quella a Fabrice Santoro realizzata da L’Equipe. Le Magicien ha parlato di alcuni ex colleghi, fasi della sua carriera e si è esposto contro Guillermo Coria, a suo dire un giocatore “sporco e bugiardo”. Ma non ha risparmiato opinioni e commenti nemmeno sugli altri…ecco le affermazioni più interessanti dell’ex top-20 francese.
“Il più forte che abbia mai incontrato è Roger Federer. Riusciva a rendere facili anche le cose difficili. Non è normale essere come lui: nello spogliatoio è capace di ridere come un ragazzino di 15 anni. E’ inspiegabile. Vive la professione al 100%: alcuni amano il gioco, altri i viaggi, la competizione, gli allenamenti, le interviste, gli autografi…lui vive per tutto questo. Sembra quasi che gli abbiano preso le misure e abbiano creato questo sport apposta per lui”
“Ho chiesto a mio padre di allenarmi quando avevo 25 anni perché era andato in pensione, prima non avrebbe mai accettato. Ha sempre rifiutato di prendere soldi da me. Ne aveva bisogno, ma non avrebbe mai lasciato il lavoro per vivere grazie allo stipendio del figlio. Sin dall’inizio ha capito che il mio punto di forza era l’essere diverso dagli altri. Molti buoni allenatori mi dicevano che dovevo tirare forte, mentre lui sosteneva che da professionista avrei dovuto continuare a fare quello che facevo da ragazzino. Il giorno in cui gli ho dato ascolto, la mia carriera è decollata”
“Il mio più grande rimpianto è non aver giocato contro Safin nella finale di Davis del 2002. Contro di lui ho vinto 7 partite su 9. Giocai solo il doppio, ci ho sperato tanto, ma non è nel mio carattere impormi. Forse è un difetto. Non dico che avrei vinto di sicuro, ma ho sognato di giocare quella partita”.
“La più grande delusione è stata la sconfitta con Berdych a Wimbledon 2006. Ho giocato una delle mie migliori partite sull’erba, arrivando a due matchpoint. Lui ha chiamato il fisioterapista dicendo che stava male, e ha interrotto il match per un quarto d’ora. Quando gli ho chiesto che problema avesse al ginocchio, ha detto che non aveva niente. Voleva solo spezzare il ritmo. E’ stata l’unica volta in tutta la mia carriera che non ho stretto la mano a un mio avversario. Gli ho tolto il saluto per 3-4 anni, poi siamo diventati amici”.
“Il giocatore più sporco che abbia mai affrontato è Guillermo Coria. Ci fosse stato occhio di falco, avrebbe vinto molte meno partite. Non aveva problemi a indicare un segno fasullo sulla terra battuta. Provava a confondere. Quando ha perso la finale del Roland Garros 2004 è stata fatta giustizia. Mi sarei incazzato se uno come lui avesse vinto uno Slam. Un tipo strano”.
“Il più festaiolo di tutti era Marat Safin. Al torneo di Mosca sapeva che non avrebbe giocato prima delle 20, così andava a letto alle 5 del mattino e si svegliava alle 14-15. Usciva ogni sera. E’ davvero un ragazzo simpatico”.
“Mi sarebbe piaciuto allenare Gael Monfils. Non ha limiti, a parte quelli che si impone da solo. Giusto o sbagliato che sia, ho la sensazione che avrei potuto aiutarlo. A quasi 30 anni ha trovato il team giusto e spero che vada avanti così a fine carriera. Per questo adesso ne parlo tranquillamente”.
“Il giocatore più simile a me? Anche se non mi assomiglia troppo, direi Gilles Simon per il modo in cui pensa e imposta una partita. Prova sempre a tirare il colpo giusto, tira fuori il meglio di sé”
“Mi piacerebbe riveder giocare Marcelo Rios. Si comportava male ma adoravo guardarlo. Di recente ho rivisto il match a Miami che lo ha fatto diventare numero 1. Era un genio puro. La prima volta che ha giocato a Parigi aveva 18 anni e perse 7-6 7-6 6-4 da Sampras, che era numero 1. Gli ho fatto i complimenti e lui mi rispose: ‘Credo che il numero 1 potrebbe giocare molto meglio di così. Non mi ha impressionato. Un giorno diventerò numero 1’. Lo ha detto e lo ha fatto davvero”.
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