Quei tennisti che hanno annusato la gloria ma poi non hanno saputo mantenerla. Perché arrivare in cima è difficile, ma per restarci entrano in ballo moltissimi fattori.
Omar Camporese ha dato grandi illusioni al tennis italiano
 
Di Riccardo Bisti – 17 luglio 2012

 
La storia del tennis è fatta di leggende, campioni, buoni giocatori, bidoni…il nostro è uno sport eterogeneo, con storie profondamente diverse che tendono a intrecciarsi. Per questo è limitativo catalogare i protagonisti in categorie. Però è molto divertente, basti pensare all’eterno dibattito sul GOAT. Quasi tutti concordano sul fatto che sia impossibile stabilirlo, ma allo stesso nessuno resiste alla tentazione di dire la propria. Il desiderio di classificare ogni cosa è insito nella natura dell’uomo. La tendenza è piuttosto accentuata in Bleacher Report, sito americano che di tanto in tanto offre le classifiche più disparate. In questi giorni di “stanca” tennistica, sollazzarsi con qualche elenco può essere divertente. Per questo assecondiamo il sito yankee e parliamo dei giocatori che, dopo aver toccato il cielo con un dito, non hanno saputo mantenersi a certi livelli. Non si tratta di bidoni, anzi. Spesso si parla di campioni con la C maiuscola che però avrebbero potuto fare di più. Non ci sono riusciti, per varie ragioni. Proviamo ad elencarli, senza alcuna pretesa di esaustività, permettendoci un paio di aggiunte “Made in Italy”.
 
JUAN CARLOS FERRERO

Lo spagnolo era il più forte di tutti sulla terra prima che arrivasse Nadal. Nel 2003 ha vissuto la stagione più bella, trionfando al Roland Garros e raggiungendo la finale allo Us Open. Risultati che lo portarono al numero 1, ma dopo la semifinale colta in Australia a inizio 2004 è progressivamente sparito dai piani alti. Infortuni e logorio lo hanno cacciato fuori dai top 10 e non gli hanno mai fatto più giocare una semifinale Slam. E’ ancora in attività, si è tolto qualche soddisfazione, ma gli exploit di inizio carriera sono un lontano ricordo.
 
MICHAEL CHANG
Mah, non siamo tanto d’accordo. Divenne il più giovane di sempre a vincere il Roland Garros (e come lo fece!), ma poi è rimasto a lungo su ottimi livelli. Ha giocato tre finali Slam, è stato numero 2 ma ha avuto la sfortuna di capitare nella stessa epoca di Sampras, Agassi, Becker, Edberg, Ivanisevic. Spesso li batteva, ma mai nelle occasioni importanti. Numero 2 ATP, si è ritirato nel 2003 quando era fuori dai top 100 e non vinceva un titolo da 3 anni. Più che “caduto”, lo definiremmo “sfortunato”.
 
JIM COURIER
“Diventare numero 1 del mondo è come provarci con una ragazza: la caccia è la parte più divertente”. Si spiega così il calo di rendimento e motivazioni di Big Jim, il più giovane nell’Era Open a raggiungere la finale in tutti gli Slam. Numero 1 nell’epoca di transizione tra Lendl e Sampras, dopo il 1996 ha smesso di essere competitivo. Vinse quattro Slam, ma la sua carriera si è afflosciata come un pallone bucato. Il suo tennis, forse, era troppo dispendioso.
 
AMELIE MAURESMO
La sua carriera non è semplice da decifrare. Ottima giocatrice fino al 2006, quell’anno si è scoperta campionessa. Ha vinto in Australia e a Wimbledon, volando al numero 1. Una volta raggiunta la vetta, non è più stata capace di superare i quarti in uno Slam. Stranissimo per una giocatrice con il suo talento. Insicura, delicata, ha perso fiducia e si è ritirata nel 2009. Il fisico le avrebbe consentito di andare avanti, ma la testa era già altrove.
 
LLEYTON HEWITT
Altro sospiro di perplessità. Insieme a Roddick , è il miglior giocatore degli anni 2000 alle spalle di Federer e Nadal. Ha vinto due Slam e ha chiuso due stagioni al numero 1 prima che arrivasse ciclone Federer. Forse avrebbe potuto restare più a lungo tra i primi 10, ma i problemi fisici (soprattutto all’anca) lo hanno tenuto troppo a lungo in infermeria. Negli ultimi 4 anni si è operato cinque volte. La ragione del suo calo è soprattutto questa, perché cuore e mentalità sono sempre stati da primo della classe.
 
JUSTINE HENIN
Facile analizzare una carriera divisa in due parti. Nel 2003 è diventata la prima belga a vincere uno Slam, poi è progressivamente cresciuta fino a giocare un 2007 stellare, in cui è stata una vera dominatrice. Poi – non si sa bene perché – si è ritirata quando era ancora numero 1 del mondo. E’ tornata un anno e mezzo dopo, forse per scimmiottare Kim Clijsters, ma il suo rientro non è stato esaltante. A parte la finale in Australia, ha fallito tutti gli obiettivi (Wimbledon su tutti). Ci ha fatto divertire col suo talento cristallino, ma con il senno di poi poteva anche risparmiarsela.
 
MARAT SAFIN
Un articolo di USA Today ha scritto che il suo successo precoce è stato allo stesso tempo "la cosa migliore e peggiore che potesse accadergli”. Ha vinto lo Us Open sculacciando un grande Sampras, è diventato numero 1…ma poi? Tante sconfitte accompagnate da qualche lampo. Su tutti il leggendario Australian Open 2005, quello della semifinale-mito contro Federer. Ma solo i suoi fan più accaniti potevano sperare che potesse competere per i piani alti del ranking. A Marat piaceva vivere, divertirsi, e chissenefrega se il palmares ne ha risentito (parecchio).
 
MARTINA HINGIS

Difficile inserire in questo club una giocatrice che ha più di 100 settimane in vetta al ranking. Tuttavia ha senso. Dominatrice del tennis prima che arrivassero le Williams, il suo sistema nervoso è andato in cortocircuito nella finale del Roland Garros contro Steffi Graf. Dopo allora non è più stata la stessa, incapace di vincere uno Slam e franata in dolori fisici ed interiori. Si è ritirata a 23 anni, poi è tornata tre anni dopo. Il talento le ha permesso di tornare tra le prime 10, ma a livelli altissimi faceva il solletico. La cocaina che le hanno trovato nel corpo è stato l’assist perfetto per accelerare il ritiro. Definitivo.
 
JENNIFER CAPRIATI
No, abbiate pazienza, ma semmai è il contrario. Baby fenomeno, copertine a 13 anni di età, era un cucciolo di campionessa. Poi si è messa a rubacchiare nei supermercati e a fumare marijuana. Stop, rientro difficile…ma poi è tornata più forte di prima. Ha vinto il suo primo Slam dopo 11 anni di carriera ed è stata anche numero 1 del mondo. Poi, senza mai ufficializzare il ritiro, è scomparsa dalle scene nel 2004. Spalla e polso l’hanno messa KO, ma non parleremmo di “caduta”. Anzi, merita i complimenti per come ha saputo rialzarsi. Pochi giorni fa è entrata nella Hall of Fame.
 
TRACY AUSTIN
E’ stata la più giovane di sempre a vincere l’Open degli Stati Uniti. Aveva 16 anni e si permise di battere Chris Evert in due set. E’ diventata numero 1, ha vinto 30 titoli WTA ma è rapidamente scomparsa dai piani alti. Doveva essere l’alternativa al duopolio Evert-Navratilova, oggi ci si ricorda di lei quasi più per un’autobiografia sbeffeggiata da David Foster Wallace. Ha provato a rientrare più volte, ma erano tentativi patetici. Si è arresa definitivamente nel 1994.
 
OMAR CAMPORESE
Negli ultimi 30 anni, è stato l’unico giocatore italiano capace di dare la sensazione di giocarsela alla pari con i migliori. Leggendarie le vittorie su Lendl (Rotterdam) e Ivanisevic (Milano), ma anche le sconfitte con Boris Becker. Arrivato al numero 18, si è fatto male al gomito e non si è più ripreso. Gli exploit in Davis nel 1997 sono stati l’unico acuto di una seconda carriera in cui non è nemmeno entrato tra i top 100. L’ex ragazzo di Borgo Panigale è forse il rimpianto più vivo del nostro tennis. Il suo dritto faceva i buchi per terra.
 
FRANCESCA BENTIVOGLIO
A 16 anni, questa ragazza ha emozionato il Foro Italico. Da numero 329 WTA giunse nei quarti partendo dalle qualificazioni. L’Italia era certa di aver trovato una nuova campionessa, a maggior ragione dopo il successo allo Us Open Junior. Ancora minorenne, tuttavia, si fece spaventare dal mondo del tennis e decise di ritirarsi per concentrarsi sugli studi. Più che una caduta, il suo è stato un lampo che ci ha abbagliato senza però esplodere in una tempesta.