da Londra, Giorgio Spalluto
Novak Djokovic è il 25° numero 1 nella storia del ranking. Un risultato straordinario, ottenuto al termine di una cavalcata imperiosa, culminata con la finale del torneo a cui sono legati i suoi primi ricordi tennistici. Un sogno che diventa realtà, impossibile da descrivere anche per un personaggio estroverso come Nole.
Come ci si sente dopo aver raggiunto la finale?
E’ un’emozione impossibile da descrivere. A fine partita non riuscivo a esprimere le mie emozioni. Ero davvero felice. In quei momenti ti passa tutta la carriera davanti, tutta l’infanzia, tutti i sacrifici fatti, è un sogno che è diventato realtà. E’ sicuramente uno dei momenti più importanti della mia vita da sportivo. Aver raggiunto allo stesso tempo il numero 1 mondiale e la finale del tuo torneo preferito è qualcosa di davvero speciale.
Quanto è stato difficile diventare numero 1 nella stessa era di campioni come Nadal e Federer?
E’ una bella domanda perché ho dovuto vedermela con due giocatori estremamente continui con i loro successi. Il loro dominio non mi ha dato tante chance di diventare numero 1. Devi solo perdere una partita in 7 mesi per riuscire a diventarlo…
Avevi mai baciato una superficie come questa in precedenza?
Sì, ma adesso ha un sapore speciale.
Quanto eri preoccupato per aver perso il terzo set?
Jo è uno che sa ricavare molte energie dal sostegno del pubblico. Quando riesce a sfruttare l’onda emotiva è temibilissimo. Ero un po’ deluso per aver perso il set, ma sono restato tranquillo e ho provato a rimanere concentrato in campo il più possibile.
Si è sempre detto che uno dei tuoi obiettivi da ragazzo era quello di diventare numero 1. Raccontaci qualcosa di te, delle tue sessioni di allenamento e di quali erano i tuoi sogni.
Penso che ognuno da bambino ha i suoi sogni. Sono quelli che ti spingono ad andare avanti nella vita. Ovviamente senza la mia famiglia non sarei andato lontano. Ho iniziato a giocare in montagna, in un villaggio piccolissimo, poi ho proseguito a Belgrado, quando il tennis da noi non era così popolare. Abbiamo dovuto superare i problemi connessi alla guerra. Non è stato facile credere in quei sogni, ma proprio grazie alle persone che mi sono state vicino oggi sono riuscito a raggiungere il numero 1.
Hai mai pensato che Roger e Rafa fossero troppo forti? Che forse non ce l’avresti fatta?
Ci sono stati alcuni momenti negli ultimi due, tre anni in cui non riuscire a vincere certi match nelle ultime fasi degli slam, stava diventando frustrante. Però non ho mai smesso di credere in me stesso. Ho lavorato tanto su di me e sul mio gioco, perché competere contro loro due è davvero stimolante.
Da quanto hai detto poco fa, sembra però che sia la vittoria di Wimbledon quello che desideri più di ogni altra cosa. Ci spieghi perche?
Questo per me è il torneo più importante, il primo che ho visto in tv. Il mio primo ricordo tennistico è proprio legato a questo torneo. Avrò avuto quattro o cinque anni e già lo seguivo in tv. Wimbledon ha sempre rivestito un’importanza fondamentale.
Adesso la finale contro Nadal. Quali sono le tue sensazioni?
Con Nadal ci siamo sfidati tante volte negli ultimi tempi. Abbiamo giocato tante finali importanti ultimamente e credo di poterlo battere, anche se si tratta di una superficie differente. Qui lui ha una striscia di 20 vittorie consecutive. Sa come sollevare questo trofeo, io ancora no. Non ho niente da perdere, cercherò di essere aggressivo in modo da non lasciargli il comando del gioco.
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