dal nostro inviato a Roma Gabriele Riva – foto Adelchi Fioriti
Federer si presenta in grigio, col cappellino scuro. Nadal in arancione. Sono le conferenze stampa che precedono il torneo, per cercare di trovare spunti interessanti in una giornata che vede il punto di forza nel derby Seppi-Fognini, sul nuovo Centrale. Non certamente abbastanza per la stampa internazionale. Roger parla per 10 minuti, è tranquillo, scandisce il suo inglese pulito. “E’ vero che a Roma non ho mai vinto ma è sempre stato un torneo positivo per me”. Vecchi ricordi, bei vecchi ricordi: “Quella finale del 2006 con Rafa, in cui ho avuto anche due match point, è stata fantastica. Meravigliosa. Ho tenuto per cinque ore sulla terra contro Nadal, a un gran livello. E’ lì che ho capito che avrei anche potuto vincere il Roland Garros”. Non successe quell’anno e nemmeno quello dopo, ma nel 2009 sì, complice lo scivolone di Nadal. “Ho lavorato molto e bene per preparare questa stagione sulla terra, le sensazioni sono positive”, butta lì Roger. “E poi dal successo dello scorso anno è cambiato molto, intanto le domande che mi fate sono diverse, non mi chiedete più se penso di poter vincere Parigi”. Ripetersi si può, almeno nel Federer-pensiero, “Mi dico, se ho vinto una volta, posso rivincere un’altra”. Ma il Nadal di Monte-Carlo spaventa tutti e a Roma aspettiamo conferme dal maiorchino. Tra i rumori di una sala conferenze “aperta”, Roger ammette: “Nadal è il numero 1 sulla terra rossa, i cinque anni scorsi e i risultati che ha ottenuto lo stanno a dimostrare”. E a chi gli chiede se l’assegnazione delle teste di serie dovrebbe tener conto della superficie risponde: “Non sarebbe corretto, il circuito è fatto da molte settimane, si gioca ovunque e su tutte le superfici. La classifica funziona, e funziona bene”. Se ne va in fretta, Roger, dopo una battuta sulla nuova Roma vista da papà, ringraziando e non risparmiando sui sorrisi.
Nadal è più accorto, sulla difensiva, meno sereno. Pronto a rispondere botta su botte alle domande dei cronisti che, forse esageratamente, tende a percepire provocatorie. “Federer dice che sono il favorito? So che dovete pur scrivere qualcosa ma io non so come rispondere”. Ridono tutti, lui mica tanto. Rafa si tende ancora di più, senza mai sconfinare nell’essere sgarbato, per carità, quando gli chiedono se si sente tornato ai suoi livelli. “Quali livelli?”; e dalla platea, in un bel inglese arrotondato, quelli di due anni fa. “Tra l’anno scorso è due anni fa è cambiato solo il risultato al Roland Garros, per il resto ho vinto Monte-Carlo, Roma e ho raggiunto la finale a Madrid. Forse non sapete quanto sia difficile a questi livelli”. Comuqnue sia il 2010 lo lascia soddisfatto, conferma le belle sensazioni di inizio anno, lo stato di forma ottimo di Monte-Carlo e non rinnega la scelta di saltare Barcellona. “Per il mio tennis avrebbe anche fatto bene, visto come stavo giocando, ma per il mio fisico no”. Si allena da venerdì, a Maiorca, poi qui a Roma, in mattinata ha scambiato catenate con Juan Monaco sui campi laterali del Foro. A lui piace fare quello, non si pone altri problemi, tanto meno su chi affronterà in semifinale. “Parlare di questo ancor prima di giocare un match mi sembra prematuro, prima di pensare a Federer dovrei cominciare a pensare a uno tra Cuevas e Kohlschreiber (che sfidandosi si contenderrano il discusso piacere di giocare contro Rafa, ndr). E comunque non credo che le teste di serie vadano assegnate diversamente da come è stato fatto. Ci sono delle regole, vanno rispettate. Anche perché secondo me funzionano bene”.
Il tabellone con gli sponsor degli Internazionali viene levato, al suo posto ci va quello bianco e rosa sgargiante della Fed Cup, all’ultima conferenza stampa della sua due giorni. Adesso basta con le bocche, da domani sarà solo il campo a parlare. Per fortuna…
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